L'attività di Pinina Podestà, artista
siciliana schiva e riservata, che
si muove, con grande inventiva ed abilità
tecnica, tra atmosfere surrealiste, ma sempre in personale ed originale
chiave interpretativa, abbraccia in
sperimentazione totale l'Arte pittorica in generale, anche i murales e l'arte presepiale,
ma soprattutto la pittura ad olio.
Nei
suoi quadri ritroviamo figure in
sospensione, paesaggi onirici, scorci reali o
immaginari, contenuti dell'inconscio che, in
fedeltà alla chiave interpretativa surrealista, che
riteneva anche la pittura strumento
d'indagine interiore, sono esplorati e poi portati a galla, reinterpretati
in
sembianze di oggetti figurativi deformati,
capovolti, decontestualizzati, filtrati attraverso giochi di fantasia e
suggestioni personali, giacché, come ricordava
George Sand: "L'arte non è lo studio della realtà
positiva, ma la ricerca della verità ideale".
Nei quadri qui proposti, Il
silenzio di Sophia, L'enigma,
Intima mea, La mano che scrive vale la mano
per arare ( Artur Rimbaud),(scelti, invece di altri, fra i suoi
tanti lavori esclusivamente in predilezione
di un discorso squisitamente al femminile), attingendo ai meandri più nascosti
dell'inconscio, agli anfratti più reconditi del
suo io, Pinina Podestà elabora,
rielabora, crea secondo la
propria sensibilità di Artista, ma
anche secondo la peculiare
sensibilità di donna, e restituisce immagini dalle
valenze, appunto, specificatamente femminili.
Basti pensare al corpo di
donna dal ventre ripieno del frutto, con le
estremità troncate, in perfetto equilibrio, però rovesciato, nel quadro
L'enigma,
che l'interpretazione psicoanalitica potrebbe a
briglia sciolta decifrare;oppure al gesto che invita al silenzio, silenzio
che un tempo fu costrizione, obbligo per la donna,
e che ora si pone come rivendicazione,
di cui Pinina si rende in/consapevolmente interprete, giacché in un mondo ove troppo si parla
(ed è messaggio antico, "Si tacuisses, philosophus
mansisses") sovente il silenzio diviene scelta di
saggezza e di virtù.
O ancora in Intima mea, con la fronte solcata da rughe, l'espressione corrucciata, dallo sfondo buio emerge un
volto di donna luminoso, d'un pallore quasi
spettrale, che mostra una
bocca che più bocca non è, ma, in mille
petali dischiusa, ha assunto una carnosa forma
di rosa (pure "oggetto" specifico femminile
suscettibile di diversa interpretazione).
Come sempre accade ad
ogni Vera opera dell'umano ingegno, nel momento in
cui gli occhi del fruitore contempla la
creazione essa si carica di significati
soggettivi ed oggettivi, particolari e universali,
in cui ciascuno ritrova proprie verità e verità
assolute.
Nei quadri di Pinina
possiamo leggere, pertanto, un immaginario
certamente personale, ma anche il generale sotterraneo universo
femminile, con i timori, le angosce, le perplessità,
le necessità
delle donne, che esprimono il loro disagio
attraverso l'assenza e le mutilazioni (la parola
taciuta nel quadro Il silenzio di di Sophia, i piedi troncati in
L'enigma, la bocca mancante in Intima
mea, il resto del corpo invisibile in
La mano che scrive vale la mano
per arare,Artur Rimbaud), arrivando a percepire capovolta la loro parte più importante
ed ambita, il corpo, fino a divenire solo volto
corrucciato e, dopo aver invitato al silenzio, a
ritrarsi sempre più in se stesse, quasi a
scomparire, offrendo infine di sè solo una parte
(ma quanto importante!):
la mano.
La mano femminile (palesemente è di donna nel
quadro La mano che scrive che vale
la mano per arare,
Artur Rimbaud), secolarmente abituata a
blandire, accarezzare, consolare, ad essere
dispensatrice d'amore e conforto, ad essere parte
per gli altri e non parte per sé, nella
rappresentazione di Pinina Podestà riconquista se
stessa in un unico importante gesto.
L'atto
dello scrivere diviene,
allora, la rappresentazione simbolica
della sua personale autorealizzazione come
pittrice attraverso
il segno lasciato sulla tela, ma, per estensione,
rappresenta anche la traccia
lasciata sulla realtà da tutte le donne che
s'impongono, così, protagoniste.
Francesca Santucci
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