Medusa, l’unica mortale delle tre Gorgoni
(creature descritte dagli antichi come
mostri con serpi sibilanti sul capo, mani di
bronzo, ali d’oro e sguardi terrificanti
così potenti da trasformare in pietra
chiunque le guardasse); bellissima, dotata
d’una stupenda chioma, fu sedotta da
Poseidone in un tempio di Pallade, allora la
dea, per punirla, mutò i suoi capelli in un
groviglio di serpenti, e diede ai suoi occhi
un orrido sguardo capace di pietrificare
chiunque la mirasse. Fu, poi, uccisa, da
Perseo, per mezzo di uno specchio fatato,
donatogli dalla dea, che lo rendeva
invisibile. Dal sangue sgorgato dal suo capo
mozzato nacquero il cavallo alato Pegaso ed
il gigante Crisaore e, secondo una leggenda,
la testa recisa di Medusa pietrificò il suo
stesso sangue, originando il corallo. La
testa, venne, poi, donata a Pallade per la
propria egida.
(Ovidio, Metamorfosi, IV).
Come non ricordare la drammatica
rappresentazione di Caravaggio che, sempre
interessato ad esprimere l’attimo, raffigurò
la testa di Medusa ripresa frontalmente,
come fosse una maschera classica, cÓlta
subito prima della morte, prima che orrore e
dolore si dileguino, esaltando il pathos
dell’espressione con il moto ondulatorio
delle serpi di contro alla fissità degli
occhi che guardano in un punto esatto? Fu
colpito a tal punto da tale rappresentazione
caravaggesca il poeta napoletano Gian
Battista Marino che, così, liricamente la
immortalò in un suo madrigale:
La testa di Medusa in una rotella di
Michelagnolo da Caravaggio nella Galeria del
Gran Duca di Toscana
Or quai nemici fian che freddi marmi
Non divengan repente
In mirando, Signor, nel vostro scudo
Quel fier Gorgone e crudo,
Cui fanno orribilmente
Volumi viperini
Squallida pompa e spaventosa ai crini?
Ma che? poco fra l'armi
A voi fia d'uopo il formidabil mostro:
Ché la vera Medusa è il valor vostro.
Ed è proprio la creatura mitologica a dare
il nome alla nuova pubblicazione di Letizia
Lanza, nota antichista e studiosa del
femminile, con all’attivo già numerose
pubblicazioni inerenti tali argomenti,
Medusa. Tentazioni e derive (Studio
editoriale Gordini, 2007), un dotto saggio,
corredato
anche di un ricco apparato di note di
commento, articolato in due filoni, “Morte
d’amore” e “Percorsi preliminari” in cui,
sempre in armonia con i suoi antichi
interessi, in approfondimento dei riflessi
del passato sul contemporaneo, in lucida
analisi, effettua un’accurata disamina di
taluni fondamentali aspetti, tra luci ed
ombre, fra ansie di vivere e pietrificazioni
del difficile vivere, dell’universo di
cinque figure femminile (“Donne di materia,
donne di morte. E d’amore”), quattro
“eroine” dei nostri tempi ed un personaggio
mitologico, nell’ordine: Sylvia Plath,
Medusa, Camille Claudel, Marosia Castaldi,
Maria Zambrano.
Notevole, come gli altri, del resto, ma
particolarmente (perché particolarmente caro
è al cuore di chi scrive), il lungo saggio
iniziale, “Arcane insidie”, dedicato alla
poetessa americana Sylvia Plath, tragico
personaggio, pietrificante/pietrificata
dalla vita, lacerata dal dissidio fra il
voler essere per sé e l’adeguamento alla
percezione altrui di sé, continuamente
altalenante fra l’irrisolto conflitto con le
figure primarie della madre (“lei/l’Altra/la
Mamma-Mummia: una Trinità di perversione e
di orrore. Ossia, a dire, di feroce,
infernale femminilità. Che cosa di più
consono allora, per esorcizzare tanto
malvage (dannose) presenze, che assimilare
la miasmatica figura materna all’ibridume
gorgonico?”, L. Lanza, Medusa) e del
padre, poi del marito, in attrazione morbosa
verso la morte, in intima disperata
confessione nei suoi scritti, tanto che, nel
1966, nella prefazione al volume Ariel,
così Robert Lowell ebbe a scrivere:
“Tutto in queste poesie è personale, una
confessione profondamente sentita, ma in lei
il modo di sentire è una controllata
allucinazione, l’autobiografia di una
febbre“.
Ma l’approfondimento dei chiaroscuri
continua nel saggio dedicato proprio alle
varie presenze/interpretazioni/mutazioni di
“Medusa” (…tra le (rac)capricciose figure
femminili che infestano l’immaginario degli
antichi Greci (e Romani), di particolare
spicco… L. Lanza, Medusa), in un
denso excursus storico-artistico-letterario,
in ricerca di “Gorgoniche visioni” (così
recita il titolo del secondo argomento); e
poi nell’infelice vicenda, narrata in “Voci
dal delirio”, della scultrice Camille
Claudel, la nota compagna di Rodin, sua
innamorata-amante-collaboratrice, che
trascorse gli ultimi trent’anni della vita
in internamento, senza mai più disegnare o
modellare. E ancora Letizia Lanza, in
“Abitare la morte”, si appassiona ad una
nota scrittrice ed artista dei nostri tempi,
Marosia Castaldi, che, nel romanzo Dava
fine alla tremenda notte (“Un libro
immaginoso e spiazzante, quello di Marosia
Castaldi. E sopra tutto, si è detto,
continuamente arricchito di auliche memorie
classiche”. L. Lanza, Medusa),
affollato di straordinarie figure femminili,
immagina che il pittore fiammingo Hans
Memling, novello Odisseo, tutto abbandoni,
casa, famiglia, agi, per intraprendere un
lungo peregrinare che lo condurrà verso
l’estremo buio. Infine abbiamo il capitolo
“La vita altra”, dedicato alla pensatrice
spagnola Maria Zambrano, autrice del testo
filosofico-poetico-teatrale del 1967 "La
tomba di Antigone", rilettura e riscrittura
del personaggio sofocleo, Antigone,
sprofondata nel buio e nel silenzio d’una
caverna.
Luci ed ombre, bui e silenzi, solitudini e
pietrificazioni: è questo il senso del libro
di Letizia Lanza, indagare sulla materialità
e sulla vacuità, sulle ombre e sulle luci,
sul femminile e sulla percezione altrui del
femminile, “dai mostri delle antiche civiltà
alle grandi protagoniste di oggi”. Questa
nuova scrittura, come tutte le scritture di
Letizia Lanza, voce intonata, in un coro di
voci, talvolta disarmonico, pure di donna,
che tanto sbandierano l’interesse per il
femminile, ancora spigolando tra le pieghe
d’un passato che si riflette nel presente,
s’impone in spessore e profondità per la
lucidità dell’analisi, l’attento studio
critico e la ricchezza interpretativa,
offrendo ripetuti spunti di fruttuose
riflessioni sui riverberi dell’antico nel
moderno.
Francesca Santucci, febbraio 2008
Estratti:
SYLVIA
PLATH
MEDUSA
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