Francesca Santucci

L'arte di amare

di Ovidio

 

 

Ovidio, che fin dalla giovinezza definì se stesso tenerorum lusor amorum, cantore di teneri amori, diceva scherzosamente che Cupido lo aveva costretto a diventare poeta d'amore, perciò la vocazione alla poesia erotica ed una coerente condotta di vita che lo aveva portato a sposarsi tre volte e a frequentare il libertario mondo raffinato ed elegante dell'Urbe che tanto amava, che fu poi costretto ad abbandonare a 50 anni e nella quale più non tornò.
Infatti, nell' 8 d.C. un ordine dell'imperatore Augusto intimò al poeta di lasciare Roma, di recarsi in esilio nella lontanissima Tomi, sul Mar Nero, e, nel contempo, la sua raccolta poetica Ars Amatoria, L'arte di amare, fu bandita dalle biblioteche pubbliche perché accusata di essere una guida agli amori illeciti e, quindi, uno strumento di corruzione dei costumi.
Oscuri restano i motivi del provvedimento, dovuto, forse, ad un carmen e a un non meglio identificato error dei quali Ovidio accenna soltanto nel II libro dei Tristia.
Il carme è sicuramente l'Ars amatoria, in cui maliziosamente venivano illustrate le tecniche per conquistare e conservare l'amore, qui considerato gioco futile e galante, però, considerando che il libro era in circolazione già da sette anni, è da suppore che fu l'error la causa principale dei provvedimenti contro di lui.
Probabilmente Ovidio era al corrente di qualche adulterio in cui era rimasta coinvolta la nipote di Augusto o, più in generale, l'imperatore volle punirlo come maestro di corruzione individuando in lui una delle cause della decadenza dei costumi, nelle cui trame erano rimaste invischiate sia la figlia Giulia che la nipote, e contro cui, da deus praesens, si batteva fortemente, animato dal desiderio di riportare risanamento morale e dignità nella società romana del tempo, amante del lusso e del divertimento, di cui Ovidio era proprio il poeta-cantore.
Ammettendo l'eccessiva licenziosità del suo scritto, e riconoscendo legittima la collera dell'imperatore, Ovidio cercò di calmarlo nella speranza di mitigarne il provvedimento, ma a nulla valsero i tentativi di difendere la sua opera, di discolparsi ed anche di cercare di sminuire la sua colpa, sostenendo che il libro aveva come protagoniste e destinatarie le donne di facili costumi, alle quali era consentito rivolgersi in modo più spregiudicato, certamente non alle matrone romane.
Che il libro sia stato solo un lusus, uno scherzo, senza reale volontà di contrastare l'opera di risanamento morale dell'imperatore, è difficile da chiarire, però è indubbio che già nel titolo si presentava scherzoso, l'Ars amatoria era, infatti, una parodia dell'Ars oratoria, e che nel finale Ovidio scrisse espressamente lusus habet finem, il gioco è finito.
La vera colpa dell'Ars amatoria probabilmente risiede nel fatto d'essere apparso in concomitanza con la legislazione augustea in materia matrimoniale, la lex Iulia de adulteriis coercendis e la lex Papia Poppaea, e d'aver contrastato il tentativo di rinnovamento dei valori tradizionali nazionali.
Este procul, vittae tenues, insigne pudoris,
quaeque tegis medios instita longa pedes.
Nos Venerem tutam concessaque furta canemus,
inque meo nullum carmine crimen erit.
(Ars 1, 31-5) .


Restate lontano, o bende leggere, insegna di pudicizia
e tu, lunga tunica, che copri a mezzo i piedi.
Io canterò la Venere sicura e i sotterfugi ammessi
e nel mio canto non ci sarà alcun motivo di rimprovero
.
Ispirata alla ricchissima tradizione erotica greca e latina, alla poesia epigrammatica e all'elegìa romana, seppur in chiave parodistica e leggera, l'Ars amatoria, che già nel titolo si qualifica come manuale per la disciplina dell'amore, si apre subito con l'avvertenza del poeta che l'opera non è rivolta alle matrone dell'Urbe, cioè alle donne sposate, ma alle etere, libere e spregiudicate.
E' un trattato in tre libri in cui, con intenti palesemente satirici, si espone l'arte della conquista amorosa; nel I è spiegato ai giovani come conquistare una donna, dove incontrarla, come attirarne l'attenzione e in quali modi riuscire a catturarne la benevolenza e a conquistare il suo cuore:
Principio,quod amare velis, reperire labora,
qui nova nunc primum miles in arma venis.
Proximus huic labor est placitam exorare puellam;
tertius, ut longo tempore duret amor.


Prima fatica, o tu che vieni all'armi,
soldato nuovo per la prima volta,
è cercare colei che vuoi amare;
quindi piegarla con le tue preghiere;
per ultimo far sì che il vostro amore
possa durare a lungo.

E Ovidio, intervallando le spiegazioni con un excursus storico- mitologico, come il ratto delle Sabine, la storia di Pasifae e quella di Achille, dice che la donna da amare si può incontrare nelle piazze, ai banchetti, al circo, nei teatri, ed è sempre preferibile non avvicinarla subito direttamente, ma circuirne prima l'ancella, poi scegliere le circostanze opportune, ricorrere alle preghiere e, talvolta, anche all'uso del vino. E agli uomini il poeta impartisce consigli sull'aspetto, che deve essere di austera e virile semplicità:
Non ti piaccia inanellarti il crine e levigare con la pomice le gambe, si abbronzino le membra, la toga sia senza macchie, netti i denti, barba e chioma siano tagliate".
Nel II libro insegna come conservare l'amore delle donna, e cioè con la discrezione, con l'amabilità e con i doni, servendosi anche qui, per la spiegazione, dell'aiuto dei miti, come quello di Dedalo e Icaro, di Calypso e Ulisse, di Venere e Marte:
Sed te, cuicumque est retinendae cura puellae,
attonitum forma fac putet esse sua.
Sive erit in Tyriis,Tyrios laudabis amictus;
Sive erit in Cois,Coa decere puta
Aurata est; ipso tibi sit pretiosior auro.


Ma se tu vuoi che a lungo ella sia tua,
fai che ti creda attonito,estasiato
dinanzi alle sue grazie:s'ella indossa
porpora di Tiro,loda la sua porpora,
se ha una veste di Coo,dille che il Coo
la fa più bella.E' ricoperta d'oro?
Giura ch'ella è preziosa più dell'oro.

Nel III libro, composto su incitamento del mondo galante femminile romano che lo aveva reclamato, quando già gli altri due avevano suscitato clamore, è rivolto proprio alle donne, a quelle però libere da scrupoli di castità, indirizzando loro gli ammaestramenti rivolti in precedenza ai giovani, consigliandole su come conquistare gli uomini, con suggerimenti sui cosmetici, sui modi di correggere i difetti, sui vestiti e persino sulle pettinature.
Munditiis capimur: Non sint sine lege capilli;
admotae formam dantque negantque manus.
Nec genus ornatus unum est;quod quamque decebit,
elegat et speculum consulat ante suum.


Ciò che ci affascina è semplice eleganza.
Tenga la donna in ordine i capelli:
sono le mani a dare la bellezza,
sono le mani a toglierla.In più modi
si possono adornare, tra le fogge
scelga quella più adatta,e per consiglio
si rivolga allo specchio.

Nelle intenzioni del poeta l'Ars amatoria doveva essere un manuale di precettistica amorosa, una sorta di galateo d'amore, in forma e stile di parodia, alla maniera del poema didascalico di Esiodo, Lucrezio e Virgilio, applicato, però, a diversa materia, in realtà si rivelò essere un affresco dettagliato della vita galante di Roma e delle classi ricche che proprio in quegli anni Augusto cercava di moralizzare, in cui veniva esaltato l'amore libero, fuori degli schemi tradizionali, il piacere e la vita galante, con la rappresentazione un po' piccante degli dei e persino con la parodia della vita militare, proprio nello stesso tempo in cui l'imperatore cercava di ricreare la sana famiglia romana, contro l'adulterio.
Ovidio, dunque, professandosi lascivi…praeceptoris amoris, prendeva in esame non l'amore che conduceva al matrimonio, ma quello libero e illegittimo,anche se più tardi, per discolparsi, dall'esilio scrisse: Ho rispettato quel che lo stato verginale e maritale comporta, e se la matrona vorrà mio malgrado servirsi delle arti non dettate per lei, io non ho colpa: perché una donna vaga di malfare potrà da ogni carme, anche di Ennio, anche di Lucrezio, ricavare le lusinghe del peccato.
Grande fama ha avuto nei secoli l'Ars amatoria di Ovidio, considerato maestro della parola, dell'immagine e della musicalità, poiché la materia trattata, l'argomento amoroso , è un soggetto d'eterno fascino, ma, curiosamente, è nel Medioevo, secolo giudicato severo e morigerato nei costumi, che maggiore ne è stato l'apprezzamento.
Il XII secolo fu definito aetas ovidiana e il XIII vide accrescere ancor di più la sua fortuna:la Francia del Nord, centro della cultura e della letteratura europea, dell'Ars amatoria fece addirittura un manuale sia per i laici sia per i chierici, e l'opera continuò ad avere grande fortuna nelle composizioni poetiche in lingua d'oil, per merito anche di
Chrétien deTroyes, il poeta più celebre del secolo XIII, che ne compose una versione purtroppo andata perduta. Ancora oggi perdurano intatti il fascino e la bellezza dei versi di Ovidio che è stato davvero il cantore dell'amore.

Francesca Santucci

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