Ovidio, che fin dalla giovinezza definì se stesso tenerorum lusor
amorum,
cantore di teneri amori, diceva scherzosamente che Cupido lo aveva costretto a
diventare poeta d'amore, perciò la vocazione alla poesia erotica ed una
coerente condotta di vita che lo aveva portato a sposarsi tre volte e a
frequentare il libertario mondo raffinato ed elegante dell'Urbe che tanto amava,
che fu poi costretto ad abbandonare a 50 anni e nella quale più non tornò.
Infatti, nell' 8 d.C. un ordine dell'imperatore Augusto intimò al poeta di
lasciare Roma, di recarsi in esilio nella lontanissima Tomi, sul Mar Nero, e,
nel contempo, la sua raccolta poetica Ars Amatoria, L'arte di amare, fu bandita
dalle biblioteche pubbliche perché accusata di essere una guida agli amori
illeciti e, quindi, uno strumento di corruzione dei costumi.
Oscuri restano i motivi del provvedimento, dovuto, forse, ad un carmen e a un non
meglio identificato error dei quali Ovidio accenna soltanto nel II libro dei
Tristia.
Il carme è sicuramente l'Ars amatoria, in cui maliziosamente venivano
illustrate le tecniche per conquistare e conservare l'amore, qui considerato
gioco futile e galante, però, considerando che il libro era in circolazione già
da sette anni, è da suppore che fu l'error la causa principale dei
provvedimenti contro di lui.
Probabilmente Ovidio era al corrente di qualche adulterio in cui era rimasta
coinvolta la nipote di Augusto o, più in generale, l'imperatore volle punirlo
come maestro di corruzione individuando in lui una delle cause della decadenza
dei costumi, nelle cui trame erano rimaste invischiate sia la figlia Giulia che
la nipote, e contro cui, da deus praesens, si batteva fortemente, animato dal
desiderio di riportare risanamento morale e dignità nella società romana del
tempo, amante del lusso e del divertimento, di cui Ovidio era proprio il
poeta-cantore.
Ammettendo l'eccessiva licenziosità del suo scritto, e riconoscendo legittima
la collera dell'imperatore, Ovidio cercò di calmarlo nella speranza di
mitigarne il provvedimento, ma a nulla valsero i tentativi di difendere la sua
opera, di discolparsi ed anche di cercare di sminuire la sua colpa, sostenendo
che il libro aveva come protagoniste e destinatarie le donne di facili costumi,
alle quali era consentito rivolgersi in modo più spregiudicato, certamente non
alle matrone romane.
Che il libro sia stato solo un lusus, uno scherzo, senza reale volontà di
contrastare l'opera di risanamento morale dell'imperatore, è difficile da
chiarire, però è indubbio che già nel titolo si presentava scherzoso, l'Ars
amatoria era, infatti, una parodia dell'Ars oratoria, e che nel finale Ovidio
scrisse espressamente lusus habet finem, il gioco è finito.
La vera colpa dell'Ars amatoria probabilmente risiede nel fatto d'essere apparso
in concomitanza con la legislazione augustea in materia matrimoniale, la lex
Iulia de adulteriis coercendis e la lex Papia Poppaea, e d'aver contrastato il
tentativo di rinnovamento dei valori tradizionali nazionali.
Este procul, vittae tenues, insigne pudoris,
quaeque tegis medios instita longa pedes.
Nos Venerem tutam concessaque furta canemus,
inque meo nullum carmine crimen erit. (Ars 1, 31-5) .
Restate lontano, o bende leggere, insegna di pudicizia
e tu, lunga tunica, che copri a mezzo i piedi.
Io canterò la Venere sicura e i sotterfugi ammessi
e nel mio canto non ci sarà alcun motivo di rimprovero.
Ispirata alla ricchissima tradizione erotica greca e latina, alla poesia
epigrammatica e all'elegìa romana, seppur in chiave parodistica e leggera, l'Ars
amatoria, che già nel titolo si qualifica come manuale per la disciplina
dell'amore, si apre subito con l'avvertenza del poeta che l'opera non è rivolta
alle matrone dell'Urbe, cioè alle donne sposate, ma alle etere, libere e
spregiudicate.
E' un trattato in tre libri in cui, con intenti palesemente satirici, si espone
l'arte della conquista amorosa; nel I è spiegato ai giovani come conquistare
una donna, dove incontrarla, come attirarne l'attenzione e in quali modi
riuscire a catturarne la benevolenza e a conquistare il suo cuore:
Principio,quod amare velis, reperire labora,
qui nova nunc primum miles in arma venis.
Proximus huic labor est placitam exorare puellam;
tertius, ut longo tempore duret amor.
Prima
fatica, o tu che vieni all'armi,
soldato nuovo per la prima volta,
è cercare colei che vuoi amare;
quindi piegarla con le tue preghiere;
per ultimo far sì che il vostro amore
possa durare a lungo.
E Ovidio, intervallando le spiegazioni con un excursus storico- mitologico, come il
ratto delle Sabine, la storia di Pasifae e quella di Achille, dice che la donna
da amare si può incontrare nelle piazze, ai banchetti, al circo, nei teatri, ed
è sempre preferibile non avvicinarla subito direttamente, ma circuirne prima
l'ancella, poi scegliere le circostanze opportune, ricorrere alle preghiere e,
talvolta, anche all'uso del vino. E agli uomini il poeta impartisce consigli
sull'aspetto, che deve essere di austera e virile semplicità:
Non ti
piaccia inanellarti il crine e levigare con la pomice le gambe, si abbronzino le
membra, la toga sia senza macchie, netti i denti, barba e chioma siano
tagliate".
Nel II libro insegna come conservare l'amore delle donna, e cioè con la
discrezione, con l'amabilità e con i doni, servendosi anche qui, per la
spiegazione, dell'aiuto dei miti, come quello di Dedalo e Icaro, di Calypso e
Ulisse, di Venere e Marte:
Sed te, cuicumque est retinendae cura puellae,
attonitum forma fac putet esse sua.
Sive erit in Tyriis,Tyrios laudabis amictus;
Sive erit in Cois,Coa decere puta
Aurata est; ipso tibi sit pretiosior auro.
Ma se tu vuoi che a lungo ella sia tua,
fai che ti creda attonito,estasiato
dinanzi alle sue grazie:s'ella indossa
porpora di Tiro,loda la sua porpora,
se ha una veste di Coo,dille che il Coo
la fa più bella.E' ricoperta d'oro?
Giura ch'ella è preziosa più dell'oro.
Nel III libro, composto su incitamento del mondo galante femminile romano che lo
aveva reclamato, quando già gli altri due avevano suscitato clamore, è rivolto
proprio alle donne, a quelle però libere da scrupoli di castità, indirizzando
loro gli ammaestramenti rivolti in precedenza ai giovani, consigliandole su come
conquistare gli uomini, con suggerimenti sui cosmetici, sui modi di correggere i
difetti, sui vestiti e persino sulle pettinature.
Munditiis capimur: Non sint sine lege capilli;
admotae formam dantque negantque manus.
Nec genus ornatus unum est;quod quamque decebit,
elegat et speculum consulat ante suum.
Ciò che ci affascina è semplice eleganza.
Tenga la donna in ordine i capelli:
sono le mani a dare la bellezza,
sono le mani a toglierla.In più modi
si possono adornare, tra le fogge
scelga quella più adatta,e per consiglio
si rivolga allo specchio.
Nelle intenzioni del poeta l'Ars amatoria doveva essere un manuale di
precettistica amorosa, una sorta di galateo d'amore, in forma e stile di
parodia, alla maniera del poema didascalico di Esiodo, Lucrezio e Virgilio,
applicato, però, a diversa materia, in realtà si rivelò essere un affresco
dettagliato della vita galante di Roma e delle classi ricche che proprio in
quegli anni Augusto cercava di moralizzare, in cui veniva esaltato l'amore
libero, fuori degli schemi tradizionali, il piacere e la vita galante, con la
rappresentazione un po' piccante degli dei e persino con la parodia della vita
militare, proprio nello stesso tempo in cui l'imperatore cercava di ricreare la
sana famiglia romana, contro l'adulterio.
Ovidio, dunque, professandosi lascivi…praeceptoris amoris, prendeva in esame
non l'amore che conduceva al matrimonio, ma quello libero e illegittimo,anche se
più tardi, per discolparsi, dall'esilio scrisse: Ho rispettato quel che lo
stato verginale e maritale comporta, e se la matrona vorrà mio malgrado servirsi
delle arti non dettate per lei, io non ho colpa: perché una donna vaga di
malfare potrà da ogni carme, anche di Ennio, anche di Lucrezio, ricavare le
lusinghe del peccato.
Grande fama ha avuto nei secoli l'Ars amatoria di Ovidio, considerato maestro
della parola, dell'immagine e della musicalità, poiché la materia trattata,
l'argomento amoroso , è un soggetto d'eterno fascino, ma, curiosamente, è nel
Medioevo, secolo giudicato severo e morigerato nei costumi, che maggiore ne è
stato l'apprezzamento.
Il XII secolo fu definito aetas ovidiana e il XIII vide accrescere ancor di più
la sua fortuna:la Francia del Nord, centro della cultura e della letteratura
europea, dell'Ars amatoria fece addirittura un manuale sia per i laici sia per i
chierici, e l'opera continuò ad avere grande fortuna nelle composizioni
poetiche in lingua d'oil, per merito anche di
Chrétien deTroyes, il poeta più
celebre del secolo XIII, che ne compose una versione purtroppo andata perduta.
Ancora oggi perdurano intatti il fascino e la bellezza dei versi di
Ovidio che è stato davvero il cantore dell'amore.
Francesca
Santucci
passioni
d'amore
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