Francesca Santucci


Lancelot ou le  chevalier à la charrette 

di Chrétien de Troyes

 

Scritto da Chrétien de Troyes, scrittore di corte, nel XII secolo, Lancelot ou le chevalier à la charrette si lega alla tradizione bretone del ciclo dei Cavalieri della Tavola Rotonda, e narra dell’amore colpevole tra Lancillotto e la regina Ginevra, sposa di re Artù.
In questo poema l’autore prende in esame il rapporto amore/avventura, il tipo di sottomissione che una donna può richiedere all’amante, il cavaliere, e se questi possa essere contemporaneamente uomo valoroso, eroe che non arretra di fronte ai suoi doveri di cavaliere, ed anche perfetto amante, obbediente e sottomesso ai desideri della donna.
Il nome francese Lancelot deriva dalla parola ancel, di radice latina “ancilla”, serva; ancelot è il diminutivo trasformatosi in l’ancelot, poi divenuto Lancelot; già dall’etimologia si comprende dunque il vassallaggio dell’uomo nei confronti della donna.
In Lancillotto ritroviamo infatti l’esaltazione del servir cortese, l’innamorato che, senza esitare, si sottomette interamente ai capricci dell’amata ( che, per questo, nulla gli deve in cambio ), disposto per lei persino a salire, pur essendo cavaliere, sulla carretta dei malfattori, giacché, per la morale del tempo, l’amore nobilita,  e l’uomo, per nobilitarsi, deve soggiacere alla volontà femminile.
L’amore preso in esame nel libro è quello cortese, che nel Medioevo esulava sempre dal matrimonio, giacché questo legame in Francia a quel tempo (ma ancora fino a tutto l’Ottocento), veniva sempre contratto per motivi di convenienza e di patrimonio, mai per questioni di cuore, perciò  veniva ricercato fuori del matrimonio, ed emblematico è il caso di Lancillotto e Ginevra.
Chrétien de Troyes scelse la materia di Bretagna per esprimere la sua visione del mondo cavalleresco e dei rapporti tra uomo e donna, ma seppe fondere armoniosamente tutta la narrativa precedente, creando un genere moderno ed originale, in cui amalgamare il gusto del meraviglioso col realismo e con la capacità d’introspezione psicologica.
Nella cultura del ciclo bretone prevale il gusto dell’avventura, l’affermazione personale, l’amore come suprema ispirazione, intimo impulso, elevazione spirituale, arricchimento interiore, fonte di ogni diletto, ma anche come forza ispiratrice, stimolo ad azioni eroiche e coraggiose per ingraziarsi il favore della donna amata.
La guerra e l’amore sono per il cavaliere similmente importanti; leale sia verso il sovrano sia verso la donna (non a caso il motto della Cavalleria era La mia anima a Dio, la mia vita al re, il mio cuore all’amata, l’onore a me!), ad entrambi offre i suoi servigi, guidato dal senso dell’onore, che lo spinge a soccorrere i deboli e gli indifesi, e dalla passione amorosa, che lo rende sottomesso e fedele alla donna ma che pure lo spinge alle avventure, l’avanture sostenuta dall’eroe per arrivare alla donna amata.
E Lancillotto affronterà infinite prove, avventure incredibili, pericoli ed ostacoli, pur di giungere all’appagamento finale: …e se essa aveva grande amore per lui ,lui ne aveva cento mila volte di più per lei, perché Amore sbagliò il colpo tirando agli altri cuori, a paragone di quel che fece al suo; e nel suo cuore Amore riprese tutto il suo vigore, e fu così completo che in tutti gli altri cuori, a confronto fu meschino. Ora Lancillotto ha ciò che desidera,poiché la regina ben volentieri desidera la sua compagnia e il suo conforto, e la tiene fra le sue braccia, ed essa tiene lui tra le sue...

Francesca Santucci

passioni d'amore