Eloisa

 (1100-1164)

(estratto da Virgo virago")

 

 

Sulle rive della Senna, alla periferia di Parigi, c’è oggi un rudere, tutto ciò che resta del monastero dell’Argenteuil, prestigiosa abbazia dove, agli inizi del XII secolo, fu istruita (ma poi vi ritornò tre anni dopo l’infelice esito della sua vicenda ) una giovane parigina, che visse un amore tragico per un uomo famoso, orgoglioso, superbo, bello, il chierico Abelardo,1  al quale, pur se divisa (solo la morte li riunì), separati dal destino e spinti alla rinuncia, avendo entrambi abbracciato la vita monastica, fu fedele per tutta la vita: Eloisa.
Ora riposano insieme al cimitero di Père-Lachaise; le fronde ombrose vegliano tranquille sui loro simulacri di marmo, ma travagliate, dolorose assai furono le loro vicende personali, soprattutto la loro storia d’amore, dalle implicazioni filosofiche, teologiche e morali, con  toni foschi e drammatici come una tragedia
shakespeariana, ruotante intorno a tre personaggi, lui, lei, lo zio di lei, in luoghi di reclusione ma non privi di fermenti, i conventi; Abelardo è fin troppo noto per il drammatico accadimento, preme qui maggiormente parlare di Eloisa, che per amor suo, e solo per amore, giurò sottomissione ad Abelardo e prese il velo, ma necessariamente il discorso condurrà anche al suo sposo.
Quando  Eloisa, nata nel 1100, forse a Parigi, conobbe Abelardo, aveva 16 o 17 anni (lui ne aveva  trentacinque)  e ne rimase innamorata fino a quando morì, quasi sessantacinquenne.

Quei piaceri ai quali entrambi ci dedicammo totalmente quando eravamo amanti, furono tanto dolci per me che non posso dispiacermene, né essi possono svanire dalla mia memoria, nemmeno un poco. […]Queste visioni non mi risparmiano nemmeno quando dormo. Persino durante la solennità della messa, quando la preghiera deve essere più pura, le immagini oscene di quelle voluttà si impossessano  della mia infelicissima anima al punto che penso più ai piaceri sensuali che alla preghiera.

Lettera IV 130-131

Uomo di successo, filosofo, teologo, dotato di grande vivacità intellettuale, dalle idee innovatrici e decisamente anticonformiste, professore amato dagli allievi (prima e dopo la tragedia) per la vastità di cultura e  l’eloquenza, pure audace, ambizioso, estremamente affascinante, e consapevole di esserlo, Abelardo aveva tutte le attrattive per sedurre una donna.

[…] Chi tra i re o i filosofi poté uguagliare la tua fama? Quale regione, o città, o paese non ardeva dal desiderio di vederti? Chi, ti chiedo, quando camminavi tra la gente, non correva subito a guardarti? E quando invece te ne andavi, chi non cercava di seguirti con lo sguardo, tendendo il collo e girando gli occhi? Quale sposa, quale vergine, non ti desiderava con ardore se eri assente e, se invece eri presente, non arrossiva? Quale regina o nobile donna non invidiava le mie gioie e il mio letto?

Lettera II 108


Ma anche Eloisa si faceva notare, e non soltanto a Parigi, dove viveva, applicandosi agli studi con sapienza, disinteressandosi delle mondanità e delle frivolezze, ed in più, proprio come Abelardo, aveva fascino, ed anche la sua fama rapidamente si diffuse nel mondo della cultura,
Abelardo scrisse che in Eloisa si trovava tutto quello che più seduce gli uomini;2 evidentemente alludeva all’aspetto fisico, sul quale è possibile soltanto ipotizzare che fosse piacevole, mancando fonti precise.
E’ noto che sia i resti di Abelardo che quelli di Eloisa, prima di trovare definitivo riposo al famoso cimitero di Père- Lachaise, furono riesumati diverse volte, ma alcuni testimoni asserirono di aver constatato che, a giudicare dallo scheletro, Eloisa  doveva essere stata di grande statura e di belle proporzioni…la fronte bene incurvata e armonizzata con le altre parti del viso, con una mascella  adornata di bianchissimi denti.3
Questi macabri resoconti fanno subito pensare, mancando ritratti femminili dell’epoca, poiché l’arte del ritratto si affermò solo fra il XIV e il XV secolo,  alle immagini di bellezza muliebre offerti dalla letteratura del tempo, che sovrabbonda di descrizioni di donne splendide ed armoniose, dai serici capelli biondi, la carnagione lattea, gli occhi brillanti, pertanto non è azzardato ipotizzare che Eloisa fosse oggettivamente bella, ma era anche colta, capace di tener testa agli uomini nei ragionamenti e nella dialettica; lo stesso Abelardo aggiunse:

Se per aspetto non era tra le ultime, per la profonda conoscenza delle lettere era la prima; ella godeva di grande prestigio perché è molto raro trovare in una donna una simile conoscenza delle discipline letterarie. Per questo il suo nome veniva ripetuto in tutta la Francia.

Lettera I 51

 

Eloisa era la nipote del canonico di Notre- Dame, Fulberto, presso il quale viveva, perché, probabilmente orfana, com’era consuetudine del tempo che fosse uno zio materno, o i nonni,  ad occuparsi dei nipoti in caso di difficoltà (ma, secondo alcuni, sarebbe stata, invece, figlia illegittima del canonico).
La sua fama di donna colta, il suo prestigio e la sua bellezza,  arrivarono ad Abelardo che, dotato delle stesse qualità, cultura, prestigio e bellezza fisica, certo che nessuna donna mai lo avrebbe rifiutato, infiammato di passione, proprio lui che fino a quel momento aveva vissuto in perfetta castità, pensò di legarla a sé con un piano: riuscì a farsi assumere come insegnante da Fulberto che, inconsapevolmente, favorì il suo ardente desiderio, affidandogli completamente, in totale fiducia, la nipote come allieva, accordandogli anche il permesso di batterla,a qualunque ora del giorno e della notte, per costringerla allo studio, essendo, appunto,  famosa la castità di Abelardo (io che fino ad allora avevo condotto una vita di continenza).4

Cosa posso dire ancora? Prima ci ritrovammo uniti nella stessa casa, poi nell’animo. Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore…

Lettera I-52

Inevitabilmente tra i due, di pari levatura, entrambi letterati, colti, belli, scoppiò la passione, ma da parte di Eloisa fu subito amore, da parte di Abelardo, forse, dapprima concupiscenza, desiderio sensuale, poi subentrò l’amore: nacque una relazione (durata un solo anno) che, incoscienti entrambi, non nascosero, ma anzi ostentarono, mostrandosi spavaldamente in pubblico, Abelardo componendo per lei anche canti d’amore ovunque, poi, intonati dai suoi allievi.

Due doti, soprattutto, ti permettevano di sedurre in breve tempo qualsiasi donna; la piacevolezza dei tuoi versi e l’armonia delle tue canzoni, abilità che, come sappiamo, gli altri filosofi non possedevano. Quasi per gioco, per riposarti dalla fatica degli studi filosofici, hai composto molte poesie, e canzoni d’amore, poesie che, grazie alla loro straordinaria dolcezza nella lirica e nel canto, furono spesso cantate e mantennero continuamente il mio nome sulle labbra di tutti. Persino la gente semplice non poteva dimenticare le tue melodie grazie alla loro dolcezza. Le donne sospiravano d’amore per la bellezza delle tue canzoni e, poiché la maggior parte di esse celebrava il nostro amore, in breve tempo io divenni famosa in molte regioni.

Lettera II 108

 

La  relazione non restò segreta a lungo, perché:

O Dio, chi può per un anno o due coltivare un amore senza manifestarlo?Amore non si può nascondere! (Béroul, II romanzo di Tristano)

Fulberto li scoprì e li separò, ma quando Eloisa si accorse di aspettare un figlio, con gioia lo comunicò ad Abelardo che, paventando la reazione dello zio,  fattala travestire da monaca, la condusse da sua sorella in Bretagna, dove  nacque Astrolabio.
Affidato il bambino alla sorella, fecero ritorno a Parigi, e Abelardo chiese perdono a Fulberto  e si dichiarò disposto a sposare Eloisa (purché il matrimonio fosse rimasto segreto), nonostante lei rifiutasse il matrimonio e cercasse di dissuaderlo con ragionamenti sottili, ritenendo per lui inconciliabili filosofia e matrimonio.

Non ho mai cercato nulla in te, Dio lo sa, se non te; desideravo semplicemente te, nulla di tuo. Non volevo il vincolo del matrimonio, né una dote. Mi sforzavo di soddisfare non la mia voluttà o la mia volontà, ma le tue, come sai. E se il nome di moglie sembra più santo e più importante, per me è sempre stato più dolce quello di amica o, se non ti scandalizzi, concubina e persino prostituta.

Lettera II 106

 

Ritornarono a Parigi e le nozze furono celebrate, ma gli incontri divennero furtivi e rari, finché Abelardo non ordinò ad Eloisa di prendere il velo (pare per proteggerla dai rimproveri, e dalle percosse, di Fulberto adirato per quel matrimonio segreto che non riscattava pubblicamente il suo onore e quello della nipote), inviandola nell’abbazia in cui aveva studiato da bambina: Argenteuil.
Allora Fulberto, credendo che Abelardo avesse voluto prenderlo in giro, mirando, in realtà, solo a  sbarazzarsi di Eloisa, legittimamente adirato contro chi gli aveva leso l’onore, decise di punirlo con estrema crudeltà: lo fece sorprendere durante il sonno da tre sicari (tra cui un servo di Abelardo) e, secondo un uso non raro del tempo, evirare.

[…] mi punirono infliggendomi una vendetta crudelissima e vergognosissima […]amputarono la parte del mio corpo con cui avevo commesso l’ingiuria che offese i parenti di Eloisa.

Lettera I 62-63


L’indomani tutta Parigi seppe dell’atroce accaduto;  i sicari vennero arrestati, due subirono la stessa punizione di Abelardo e furono anche accecati, e a Fulberto, nonostante si proclamasse estraneo all’accaduto, confiscarono i beni.
Da quel momento sia Abelardo che Eloisa si votarono alla religione, ritirandosi in convento: lui nel monastero di S. Dionigi, lei in quello di Argenteuil, poi al Paracleto.
Per il resto della vita non si videro mai più, ma continuarono a scriversi, scambiandosi  lettere di argomento filosofico, teologico, morale, ed anche  appassionate lettere d’amore.
Abelardo morì nel 1142, Eloisa nel 1164. Un giorno lui aveva espresso il desiderio di riposare, da morto, al Paracleto; Eloisa ottenne la spoglia mortale del suo sposo, ed ottenne anche  che fosse assolto da tutti i suoi peccati.
La leggenda narra che, quando Eloisa lo raggiunse nella tomba, deposta accanto a lui, su disposizioni che lei stessa aveva dato, Abelardo aprì le braccia e le chiuse strette sul corpo della sua sposa.

Così recita un passaggio dell’epitaffio sul loro monumento funebre:

Aveva (Abelardo) sposato Eloisa che fu la prima badessa. L’amore che aveva unito i loro spiriti e che si conservò durante la loro lontananza attraverso le lettere più teneri e più spirituali ha riunito i loro corpi in questa tomba.

 
Leggendaria è loro storia d’amore, che forse ad Abelardo diede più fama delle sue opere, ma è importante sottolineare la singolarità della figura di Eloisa, sicuramente la prima donna “intellettuale”.
Testimonianza della sua statura intellettuale
(Eloisa compose anche i  “Problemata”, opera di carattere edificante, attribuitole senz’ombra di dubbio, al contrario delle lettere ad Abelardo, della cui autenticità sì è spesso dubitato perché troppo profane), oltre che della misura del sentimento che provò per il marito- monaco fino alla morte, ci proviene dall'autobiografia di  Abelardo, “Historia calamitatum mearum”,La storia delle mie disgrazie”,  un’opera attraversata da varie tematiche, certamente documento di cultura, ma anche carteggio d’amore, in cui, pur occupando solo un quinto dell’opera, ma sufficiente, evidentemente, con la sua levatura, a dare tanto risalto alla vicenda d’amore, Eloisa, rievocando la miserabile storia della (nostra) conversione5, impone con fierezza tutto il suo sentimento, con argomentazioni estremamente dotte.
Nelle lettere, colte, ricche di citazioni, stilisticamente raffinate, compendio dell’universo culturale dell’epoca, Eloisa e Abelardo affermano, però, due diverse concezioni dell’amore.
Abelardo, pur non rinnegando il tempo in cui il sentimento per Eloisa fu sentimento e passione carnale, esalta soprattutto  l’amore fra gli  esseri umani; Eloisa, che gli ha fatto dono assoluto di sé per la vita, invaghita dell’uomo e dell’ altezza intellettuale dello studioso,  rievoca il tempo felice dell’amore e riafferma l’indissolubilità del legame che li ha uniti, attraverso parole appassionate, ma anche con ragionamenti sottili, lasciando sempre trasparire  il filo doloroso che ha guidato la vita di Abelardo, con il trauma doloroso subito, e la sua vita, costretta alla rinunzia e al silenzio, abbracciando una vita monastica non per vocazione.

Fu un tuo ordine, non la devozione religiosa, a vincolarmi ancora adolescente alle durezze della vita monastica.

Lettera II 110

Alla sua storia d’amore Eloisa guarda in due modi diversi: inizialmente rievoca la gioia dei primi momenti, delle ore d’amore, quando insieme, esaltati dalla comunione intellettuale e dal clima di popolarità e successo in cui maestro e allieva erano immersi, spavaldamente sfidavano il mondo; in una fase successiva  mette in dubbio che Abelardo abbia provato per lei amore, crede, piuttosto  che da parte sua ci sia stata solo trasporto dei sensi; eppure Abelardo dichiara che per lei era “infiammato d’amore”:

Infiammato dall’amore per questa fanciulla, cercavo un’occasione per conoscerla…

Lettera I 51

Non può non colpire nella tragica vicenda anche il terzo personaggio, Fulberto, giustamente risentito, che cerca il matrimonio riparatore per l’onore offeso, mentre Abelardo vuole il matrimonio per tenere Eloisa legata a sé, ma lo vuole segreto, per continuare a dedicarsi all’insegnamento.
Giganteggia, però,  anche ai nostri giorni, Eloisa, amante appassionata, che si oppone al matrimonio in nome dell’amore, preferendo essere adultera o prostituta pur di non nuocere al prestigio di Abelardo. E’ l’unica a non  essere spinta dall’egoismo, a “ragionare” solo in nome dell’amore stesso, intendendolo come dono di sé, bene dell’amato.
Per amore di Abelardo Eloisa diverrà monaca, ma non smetterà mai di protestare contro la Sorte che così brutalmente la colpì, scaraventandola dalle gioie dell’amore al silenzio del convento.

Dio, se mi è permesso dirlo, come sei stato sempre crudele con me! Oh clemenza inclemente!O Sorte sfortunata che esaurì contro di me tutte le sue frecce, al punto che non ne ebbe più per infierire su altre vittime; svuotò contro di me l'intera faretra cosi che ora la sua ostilità non spaventa più nessuno. D'altra parte, se le restasse ancora qualche freccia, non saprebbe più dove ferirmi. La Sorte esitò soltanto di fronte alla ferita mortale che porrebbe fine alla mia sofferenza; essa non smette mai dì torturare, ma teme proprio quella morte che sembra voler infliggere.

Lettera IV 126-127

Infine Eloisa non parlò più d’amore ad Abelardo (ho imposto il freno del tuo ordine alle parole del mio illimitato dolore6), comprese che per continuare ad essergli vicina, per avere le sue parole per lei tanto preziose, doveva piacere a Dio, così sarebbe piaciuta ancora una volta al suo sposo, allora si chiuse nei suoi doveri di badessa, gli chiese di sostenerla con la sua scienza, offrendo una  lezione sul monachesimo femminile e regole per lei e per le sue sorelle, convinta della necessità di  creare regole specifiche in considerazione della diversità del sesso.
Attinse, così, conforto e ritornò anche alla sua antica vocazione: gli studi.

Dammi almeno un qualsiasi rimedio per il mio dolore […]Tutte noi, ancelle di Cristo e in Cristo tue figlie, ora rivolgiamo, supplici, alla tua bontà di  padre due richieste[…] che tu ci istruisca sugli inizi del monachesimo femminile[…]che tu crei per noi una regola, e che, dopo averla scritta, ce la invii. Vorremmo che questa regola fosse adatta alle donne…

Lettera VI 163

Fra le donne del Medioevo Eloisa può apparire il prototipo di colei che s’assoggetta al volere dell’uomo, non esitando ad ubbidirgli, accettando anche il convento, pur di compiacerlo, ma la sua scelta non dipende dalla convinzione della superiorità dell’uomo e, conseguentemente, dell’inferiorità della donna, ma soltanto dal riconoscimento della superiorità dell’amore, dinanzi al quale  necessariamente è spinta ad inchinarsi, anche sacrificando se stessa.

Francesca Santucci

 

Note

 

1) Il chierico era il letterato di allora.

2) Lettera I 51.

3) In Etienne Gilson, Eloisa e Abelardo.

4) Lettera I-52, in Abelardo, Lettere di Abelardo e Eloisa.

5) Lettera II 110.

6) Lettera VI 162.

 

Bibliografia essenziale

 

Régine Pernoud, Eloisa e Abelardo, Jaca Book, Milano, 1982.

Etienne Gilson, Eloisa e Abelardo, Einaudi, Torino, 1950.

Abelardo, Lettere di Abelardo e Eloisa, Bur1996, Milano.

F. Bestini, F. Cardini, C. Leopardi, M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri-Medioevo al femminile, Laterza, Roma- Bari, 1989.