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O violae…vos semper amabo, sospirava nel Quattrocento il
poeta Poliziano colpito dalla bellezza di questo fiore, la violetta, o
viola mammola o odorosa, che tutti amano rivedere, agli inizi della
primavera, e talvolta anche prima delle ultime nevi, spuntare lungo le
siepi, le scarpate, fra l’erba ancora gialla.
La violetta appartiene alla famiglia delle Violacee, originarie delle zone
montagnose del Caucaso, del Peloponneso e dei Balcani, comprendente due
soli generi, la viola mammola e la tricolore; questo fiore, già
conosciuto dai Greci e dai Romani , che se ne servivano per adornare le
mense nella convinzione che allontanasse l’ubriachezza, cresce dovunque,
nei campi, nei luoghi erbosi, dal mare alla montagna, in tutta la penisola
e le isole, in forme numerose e variabili. I suoi petali, che sembrano di
velluto, e si dispiegano in una variegata intensità di colore e sfumature
che spazia dal viola, al giallo, al bianco, all’azzurro un po’
sbiadito, si raccolgono intorno ad una corolla molto piccola che sorpassa
appena i sepali, oppure grande, versicolore o monocroma, regalando colore
ed allegrìa in cambio solo di un piccolo angolo di prato o di un vasetto.
Dai fiori profumatissimi della violetta si estrae l’essenza, spesso
associata a quella di iris, che è la base per moltissimi profumi
floreali, dal classico profumo italiano Violetta di Parma al recentissimo
Ultraviolet francese.
L’uso di questo fiore non è, però, limitato solo al profumo o alle
saponette, notevoli sono anche le sue proprietà medicinali: i fiori della
violetta, ad esempio, sono bechici ed espettoranti, la loro infusione, dal
sapore gradevole, si usa con vantaggio nelle affezioni respiratorie, come
i raffreddori, le bronchiti, acute e croniche, ma sono anche leggermente
diuretici e sudoriferi, perciò vengono raccomandati nelle febbri
eruttive.
Lo sciroppo di Violetta, di un bel colore verde, è un buon espettorante
indicato per i bambini affetti dalla pertosse, ma serve pure nelle
malattie acute dell’apparato respiratorio, ed è inoltre utile come
collutorio contro le afte e le angine.
Le foglie della violetta sono addolcenti e, benché abbiano un effetto
simile a quello dei fiori, sono più adatte per le infiammazioni interne
(vie digestive) o esterne (oftalmie ed eruzioni cutanee).
La violetta, e la viola in generale, cresce bene in qualsiasi terreno,
purché ben drenato, all’aperto, in giardini, cestini, vasi, vasetti, e
si può coltivare anche sul balcone, in posizioni luminose, ma poco
ombreggiate e comunque sempre fresche perché l’eccessivo calore
potrebbe bloccare la fioritura prevista in primavera-estate, tuttavia
tollera il pieno sole anche se, così coltivata, si sviluppa troppo in
altezza sciupando l’effetto macchia colorata che tanto piace.
Per ottenere una bella fioritura bisogna comunque sempre eliminare i fiori
appassiti, in modo che il cespo si allarghi. Le piantine a fioritura
invernale regalano fiori abbondanti per tutto l’inverno, continuando,
talvolta, addirittura per tutta l’estate.
Piccola ma appariscente la Violetta, in particolare, ha avuto tra i suoi
ammiratori addirittura una divinità dell’Olimpo: narra, infatti, il
mito che Giove, preso d’amore per la bella ninfa Io, costretto a
tramutarla in giovenca per proteggerla dalla folle gelosia della moglie,
la dea Giunone, poiché la poverina deperiva a vista d’occhio ( perché
l’erba e il fieno proprio non le piacevano), ed anche per ricordarle la
sua eterna ammirazione, fece crescere sui prati dove pascolava un tappeto
di viole, della varietà mammola, che da lei prese appunto il nome, Ion.
Da quel giorno la violetta sboccia timida nell’ombra dei boschi,
leggiadra e profumata, quasi nascosta tra grandi foglie a forma di cuore.
Nel corso dei secoli, oltre al Poliziano, altri poeti non furono
insensibili al fascino della viola, e gli inglesi del Medioevo ebbero una
particolare predilezione soprattutto per la viola tricolor: interpretando
il numero e la disposizione dei raggi che partono dal cuore della pansy
(nome derivato dal francese pansé, denominazione usata anche in Italia,
da cui il nome viola pensé o del pensiero) riuscivano a prevedere il loro
destino.
…Però osservai dove il dardo di Cupido finì;
cadde su un picciol fior d’occidente, allora
candido come il latte ed ora rosso d’amorosa piaga
Viola del Pensier lo chiaman le fanciulle.
Trovami quel fior.Un dì te ne mostrai la pianta.
Il succo suo, stillato su ciglia dormenti,
farà uomo o donna delirar d’amore
per qualsiasi creatura il loro occhio contempli.
Nella commedia di William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza
estate, è una viola, tricolor,però, colpita un giorno dalla
freccia di Cupido (infatti, è propiziatrice d’amore) a mettere in moto
l’intrigante meccanismo della complicata vicenda.
E Giacomo Leopardi nel componimento Il sabato del villaggio
scrisse:
La donzelletta vien dalla campagna,
in sul calar del sole,
col suo fascio dell’erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e di viole, onde, siccome suole,
ornare ella si appresta,
dimani, al dì di festa, il petto e il crine…
Il poeta Guido Gozzano così citò invece la viola mammola nel suo
componimento intitolato Un rimorso:
Sperando che fosse deserto
varcammo l’androne, ma sotto
le arcate sostavano coppie
d’amanti…Fuggimmo all’aperto:
le cadde il bel manicotto
adorno di mammole doppie.
O noto profumo disfatto
di mammole e di petit-gris…
“Ma Guido, che cosa t’ho fatto
di male per farmi così?…
Galeotto fu, poi, il mazzolino di viole mammole che Giuseppina Beauharnais
indossava quando incontrò per la prima volta Napoleone.
Di viole l’imperatrice riempì i suoi giardini (ma le varietà
coltivate, tra cui la famosa “Violetta di Parma” usata in profumeria,
non riescono a mantenere la freschezza di quelle che, minute ma
lussureggianti, crescono spontanee), violette volle ricamate sul suo abito
da sposa e la violetta divenne il suo profumo. Napoleone, dal canto suo,
parlava di viole alle amanti e, in partenza per l’esilio all’isola
d’Elba, promise di tornare “al tempo delle viole”: e così
l’innocente fiorellino divenne il simbolo dei bonapartisti.
Nel linguaggio dei fiori, però, il suo significato è quello di Modestia,
Onestà e Pudore.
(6.1.2001)

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