“Venezia è là dove io non sono!” Così
scriveva lo scrittore Thomas Mann, interpretando quell'intraducibile
senso di smarrimento che coglie il visitatore di fronte alla sfolgorante
bellezza di questa città malinconica, che negli animi dei più sensibili
sempre imprime uno spleen fatale, rasentando l’annichilimento, la
depressione, la voglia di perdersi, fortemente alimentati anche dalle
suggestioni di scrittori e registi, come Mann e Visconti, che l’hanno
eletta a simbolo di amore e morte.
Ma Venezia, mito forte e indistruttibile, città misteriosa, magica, ai
confini della realtà, sconfinante nel sogno, più leggendaria che reale,
romantica per eccellenza per il suo essere lagunare, circondata com’è da
quell’acqua così elemento primordiale, origine sempre più certa della
vita sulla Terra, fortunatamente non è solo il luogo ove abbandonarsi a
fantasticherie pericolosamente depressive (fortemente contestato fu,
qualche anno fa, uno studio che poneva in relazione il tasso di suicidi
con la città di Venezia, nella città in generale, non dei veneziani) ma
anche vitale e carnale, non a caso veneziano fu il poeta che più di ogni
altro esaltò i piaceri della carne: Giorgio Baffo.
Indubbio è che sia una città diversa da tutte le altre; acqua, aria,
pietre, danno vita ad un intreccio armonioso di colori e forme che le
imprimono un’atmosfera particolare e la rendono unica al mondo, davvero
“Regina del mare”, così unica da far sognare nel tempo semplici amatori
e suggestionare ed ispirare fortemente gli scrittori, da Petrarca a
Shakespeare, che vi ambientò alcune delle sue vicende più belle, fino a
Goethe, Byron, Thomas Mann, debitrice della sua fortuna artistica
soprattutto ai massimi artefici del Settecento, primo fra tutti
Francesco Guardi, cara soprattutto alla sensibilità romantica, viva
ancora nella sensibilità moderna, sempre godendo nei secoli di una
fortuna incomparabile.
Luogo artistico per eccellenza, raffinato capriccio pittorico, è stata
anche la più dipinta al mondo (più della stessa Roma, che pure gode di
un’importante tradizione in tal senso) con svariate e suggestive
tecniche, olii, acquerelli, potendo vantare cospicue descrizioni
pittoriche, nel passato (l’artista inglese Joseph Turner, che tanto amò
rappresentare i suoi giochi mutevoli, fra trasparenze e luci, fu a
Venezia solo due volte ma, come scrisse Kennet Clarck, “riempì i suoi
albi da disegno con acquerelli accurati e molto belli. Tutti i dipinti
furono realizzati al ritorno, e finché la pietra bianca e rosa, le ombre
piene di luce e di fantastico gioco di cielo e d’acqua erano freschi
nella sua memoria poteva fare tutto con piena convinzione”), e nella
modernità (è il caso di Paul Klee, affascinato dalle trine
architettoniche; di De Chirico che, negli anni tardi, in questa città
trovò una compagna di meditazione ideale per il suo recupero della
grandezza antica; di Filippo de Pisis che, dopo un lungo girovagare,
elesse la città lagunare a propria residenza, amandone le decadenze
rococò, le luci aeree e cangianti, cercando instancabilmente di farle
confluire, eternandole, in stesure liquide), ricca anche di suggestioni
teatrali, pure fonte inesauribile per talenti visionari d’insigni
musicisti come Wagner.
Come non concordare con lo storico francese Philippe de Commynes che,
nel 1494, ebbe a scrivere: “E’ la città più trionfante che io abbia mai
visto…”?
Al visitatore che vi giunge attraverso il doppio ponte gettato sulla
laguna offre subito la sensazione di una magica visione, e se poi si
percorre in gondola il Canal Grande, di certo la più bella “strada” del
mondo, scivolando in silenzioso percorso tra gli artistici palazzi
marmorei simili a candidi merletti, con i profili in lontananza delle
cupole e dei campanili svettanti verso il cielo che sembrano sorgere
direttamente dall’acqua, pare proprio di vivere in un sogno irreale.
A piedi, poi, in lento cammino, si scoprono le calli strette e tortuose,
le piazzette deserte denominate campielli, gli antichi ponti di
pietra, i sottoporteghi, i verdi giardini chiusi da muraglie, e gli
unici suoni che si odono sono lo sciabordio delle piccole onde verdi e i
richiami lunghi e malinconici dei gondolieri che da più di mille anni
risuonano nei canali, confusi agli armoniosi sciacquii delle barche.
Fu il fiume Brenta, secoli e secoli fa, a tracciare il primo piano
regolatore della città, insinuandosi tra le isolette sparse fra laguna e
mare, ed i primi uomini che s’insediarono abbatterono le foreste,
conficcarono lunghi pali nel terreno, le palafitte, sulle quali sorsero
le prime case, e poi, attraverso ponti e ponticelli, quasi come per
magia, le isole e le isolette furono unite le une alle altre: era nata
Venezia!
E’ difficile indicare un percorso alternativo per visitare questa
splendida città dove arte, storia e bellezza s’intrecciano tra loro, si
può, però, dare un’indicazione su ciò che è assolutamente imperdibile:
ad esempio la Basilica di San Marco, cuore dell'’omonima piazza, che
deve la sua bellezza alla sovrapposizione di vari stili, con elementi
decorativi orientali, gotici, moreschi, rinascimentali, con la facciata
esterna vivacizzata da marmi, mosaici e sculture, all’interno ancora
mosaici che illustrano la Creazione del Mondo, con la Cappella dei
Mascoli, il cui nome è dovuto dalla Confraternita di devoti solo maschi,
con l’altare in gotico fiorito veneziano, bassorilievi in bronzo del
Sansovino, la splendida Pala d’oro capolavoro dell’oreficeria bizantino
veneta e il famoso Tesoro, altrettanto ricco di oreficerie venete e
bizantine, risalente al periodo compreso tra il XII e il XVI secolo;
nella Cripta riposano i resti mortali del Santo Evangelista, dove si
trova anche l’altare dietro il quale, nel 1811, ne fu rinvenuto il
corpo.
Poi si può visitare Il Palazzo Ducale, costruito tra il XIV e il XV
secolo, in stile gotico-fiorito, con la lunga sfilata di portici e
loggiati e le pareti in marmi bianchi intarsiati di rosa: non a caso è
uno dei monumenti più belli del mondo.
Se si vogliono ammirare le opere del Tiepolo, di Tiziano e del
Tintoretto bisogna andare in campo San Rocco, precisamente nella scuola,
che è un edificio del ‘500, vicina alla chiesa di San Rocco. Poco più
avanti, in campo dei Frari, sorge una delle più belle chiese veneziane,
in forme gotiche del XIV secolo: Santa Maria Gloriosa dei Frari, che
custodisce opere di Tiziano, Donatello e Longhena e il monumento
funerario del Canova.
Nella secentesca Ca’ Rezzonico, invece, è ospitato un museo che non
bisogna proprio mancare di visitare: il Museo del Settecento veneziano.
Tipico esempio di casa gotico-veneziana quattrocentesca è la famosa Ca’
d’Oro, una fantastica costruzione eretta per volontà di Marino
Contarini, sempre in stile gotico-veneziano fiorito, al cui interno non
si può che stupire di fronte ai lussuosi tappeti persiani, agli arazzi
fiamminghi, ai mobili rari gotici e rinascimentale e agli innumerevoli
dipinti del Carpaccio, del Mantegna, di Van Eyck e di Van Dick, che ne
adornano le pareti. Su richiesta del donatore non sono apposte
indicazioni sugli oggetti affinché, agli occhi del visitatore, appaia
proprio com’era un tempo: una classica dimora patrizia.
In Campo San Giovanni e Paolo si può, poi, ammirare il monumento
equestre a Bartolomeo Colleoni, opera del Verrocchio, formato da quattro
pezzi, statua, elmo, speroni e cavallo. Il capitano, che aveva offerto i
suoi servigi per anni alla Serenissima, in cambio di una cospicua
donazione chiese una sua statua in Piazza San Marco; la scultura non
poté, però, essere collocata in piazza e fu dunque posta qui.
Non si può lasciare Venezia senza passare, naturalmente, sotto il ponte
di Rialto, restaurato varie volte, poco elegante nell’architettura ma di
poderosa mole, definitivamente completato nel 1591 dal Da Ponte, quando
era doge Pasquale Cicogna il cui stemma è, appunto, impresso ai quattro
lati del ponte, e senza sospirare sotto il Ponte dei Sospiri, costruito
dallo stesso Da Ponte nel 1589, monumento che affascina ancora oggi
anche per le leggende di storie d’amori e fughe, certezza è, però, che
il nome gli derivò dai sospiri dei condannati a morte che passavano di
qui per essere tradotti direttamente dal tribunale alle prigioni.
Del ben presente tuttavia godemo,
affrettemose a gustar ogni affetto,
e i più squisiti vini su bevemo;
[...]
sia ‘l nostro ultimo fin solo ‘l diletto.
(da Post mortem nulla voluptas, Giorgio
Baffo, 1694-1768)
E Venezia è anche la città del
Carnevale, la più famosa tra le feste veneziane, momento di euforia
collettiva in cui davvero, veneziani e non, sembrano accogliere l’invito
a godere la vita messo in versi dal poeta.
Di origine antichissima, pare che già nel Duecento, il giovedì
antecedente l’inizio della Quaresima, si tenessero riti di liberazione
ai quali partecipava anche il Doge; ancora oggi, per i dieci giorni che
precedono la Quaresima, la città si affolla di migliaia di persone
variamente mascherate che la trasformano in un pittoresco palcoscenico.
Questa è la festa più famosa di Venezia che, però, ne ha anche altre,
come la regata storica lungo il Canal Grande, alla quale prendono parte
figuranti in vesti cinquecentesche per ricordare l’arrivo nella città
della regina di Cipro, Caterina Cornaro; la festa della Madonna della
Salute, legata ad un voto fatto dalla cittadinanza per
sconfiggere la pestilenza che si scatenò fra il 1630 e il 1631; ed infine la più romantica, quella della
Sensa, l'Ascensione, durante la quale si celebra lo Sposalizio del
mare, per ricordare la riconquista delle coste dalmate.
Istituita nell’anno Mille, un tempo il Doge, da una superba imbarcazione
chiamata Bucintoro, una grande nave da parata, riccamente ornata e
addobbata, il cui uso è documentato sin dall’836 (l’ultimo Bucintoro,
quello raffigurato nei quadri del Guardi, del Canaletto e del Bella, fu
fatto costruire dalla Repubblica Veneziana nel 1728 e raggiungeva la
lunghezza di 34 metri) lanciava in mare un anello nuziale. Il rito
continua a ripetersi immancabilmente da secoli, ed ancora oggi le
autorità cittadine lanciano da una barca addobbata a festa, seguita da
altre imbarcazioni egualmente addobbate, un anello ed una corona
d’alloro, per sancire ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, lo
stretto legame tra la città e la laguna, avvinte per l’eternità in un
patto atavico di storia e bellezza.
Francesca Santucci