...Vissi d'arte, vissi d'amore...
Le note cupe che accompagnano a
morte Cavaradossi e
la scena dell'addio alla
vita, causa di non pochi contrasti con
i librettisti Illica e Giacosa, poiché Puccini,
uomo
di teatro imbevuto di sensualità, proprio non era interessato ad un congedo
dalla vita di stampo filosofico ma voleva pochi versi intensi,
che esprimessero non la
disperazione del
condannato a morte che sta per essere fucilato, ma dell'amante che non
potrà mai più abbracciare il corpo fragrante della sua donna
(contrasti che si erano protratti
fino a quando
Puccini non aveva inviato
egli stesso dei versi-guida, compresi quello del
muoio disperato, sottolineando che ne aveva già composto la
melodia) sempre fanno fremere di terrore e d'indignazione.
Siamo a Roma, nel giugno del
1800, mentre si attende l'arrivo di Napoleone: scena dell'azione è la Chiesa di
Sant'Andrea della Valle. Qui corre a rifugiarsi l'ex console della Repubblica
Romana Cesare Angelotti, appena evaso da Castel Sant'Angelo. Mentre l'uomo è alla
ricerca della chiave della cappella, dove la marchesa Attavanti, sua sorella,
gli
ha nascosto vesti femminili per aiutarlo nella fuga, arriva il sagrestano, e
Angelotti si nasconde. Dopo che il sagrestano è andato via, l'uomo si decide ad
uscire mentre riconosce nel pittore che affresca una delle cappelle il vecchio
amico Mario Cavaradossi ma, quasi
subito, deve tornare a nascondersi perché arriva Floria Tosca, la bella cantante innamorata del pittore che,
ravvisate nel dipinto le sembianze della sorella dell'ex console, si
ingelosisce e si abbandona ad una sfuriata ma poi, rassicurata dalle parole del
pittore, pur se a malincuore, si allontana, non prima di avergli chieso di mutare
qualche connotato fisico dell'immagine: ...Ma falle gli occhi neri!.
Di Tosca è invaghito Scarpia, il
capo delle guardie in Roma, il quale
elabora un piano per catturare
l'evaso; facendo leva sulla gelosia della
donna, le fa credere che Mario la tradisca e,
mentre
il coro della chiesa intona il Te Deum, tesse un piano machiavellico per sedurre
la cantante, confondere il pittore e catturare l'evaso.
Con l'accusa di aver preso
parte ad un complotto, Mario viene
dunque arrestato e condannato
a morte, ma, prima dell'esecuzione, sottoposto a torture.
Tosca, disperata alle grida di
dolore dell'uomo, rivela il nascondiglio dell'evaso Angelotti e
promette a Scarpia di abbandonare l'amato, purché gli salvi la vita dandogli un salvacondotto. Non appena ha in
mano il documento, Tosca uccide Scarpia con
una coltellata e corre dall'amato per fuggire con lui. Mario, invece, viene fucilato
e Tosca si getta nel Tevere dai merli di Castel
Sant'Angelo.
Non una creatura timida e
riservata come Mimì, la piccola fioraia della Bohème, ma una splendida eroina,
forte e volitiva, fu questa volta il
soggetto scelto da Puccini ma, come si diffuse la voce che il maestro
intendeva musicare un simile soggetto, i suoi avversari presero a
mormorare che si dedicava alla
musica facile.
Puccini credette molto nella Tosca, e per la sua
composizione si ritirò in una villa isolatissima di Chiatri: la fede nella sua opera ebbe ragione poiché la
Tosca ebbe, fin dalla prima rappresentazione del 14 gennaio del 1900 al teatro Costanzi di Roma, un clamoroso successo, addirittura il pubblicò effettuò
ventuno chiamate e richiese la replica di cinque pezzi, successo che perdura ai
giorni nostri, poiché è l'opera più rappresentata al mondo in assoluto. Il melodramma in tre atti, tratto da un dramma scritto da Victorien Sardou
per Sarah Bernardht, che ha come sfondo storico i contrasti fra i filofrancesi
Angelotti e Cavaradossi e il reazionario capo della Polizia, il filoaustriaco Scarpia, nella Roma papalina, è
costruito essenzialmente sulla gelosia di Tosca, personalità femminile dalle
caratteristiche psicologiche più che mai consone alla sensibilità artistica pucciniana, che tanto era piaciuta anche a Giuseppe Verdi.
Tosca è pervasa da un
sentimento corrosivo, il "mostro dagli occhi verdi", come lo chiamò
Shakespeare, la gelosìa distruttiva che la trascinerà alla rovina, prima
costringendola a subire le insidie di Scarpia e poi ad assistere alla morte
dell'amato, ma, come già per altre sue eroine, Puccini le riserva un crudele
destino di espiazione: sarà lei stessa a darsi la morte lanciandosi dagli spalti
di Castel Sant'Angelo.
A proposito di quest'opera si
è spesso parlato di verismo, anche crudo ed eccessivo specialmente nel II atto,
per le scene di tortura, il tentativo di stupro, l'assassinio di Scarpia, la
drammaticità dei dialoghi tra Scarpia e Cavaradossi e Scarpia e Tosca, ed in
effetti più che la trama sociale e
politica, avvinse l'estro pucciniano proprio
l'analisi dei sentimenti.
Puccini scrisse:
Tosca è un'opera che
richiede una donna ultradrammatica
e un buonissimo baritono .
A Cavaradossi l'autore affidò
un'aria che riscuote sempre un grande successo, una delle pagine più belle
dell'opera, E lucean le stelle, ma è indubbio che i personaggi portanti sono
Tosca e Scarpia, per i quali sono indispensabili grande talento sia vocale che scenico.
Tosca richiede un ruolo di grande impegno, occorrono doti di soprano lirico, lirico-spinto, un
forte temperamento, un accento drammatico e un grande talento di attrice, e molte
cantanti sono state affascinate dal personaggio interpretandolo con preziosismi
belcantistici ma, in seguito, anche con
un'impostazione più verista, più recitata.
Maria Callas intraprese un grande lavoro interpretativo con la
Tosca, che raggiunse il
vertice sotto la direzione di Victor de Sabata, affiancata da Giuseppe Di
Stefano e Tito Gobbi, consegnando alla storia un'interpretazione
mai più eguagliata, e fu proprio
con Tosca che diede l'addio alle scene a soli 42 anni, dopo 25 anni di carriera.
Tra Maria Callas
e Tosca ci sono molti
punti di contatto, la passione (che in Tosca diverrà ossessiva gelosia),
la religiosità, la determinazione, il coraggio, però in Maria Callas
prevalse poi sempre un certo atteggiamento di rinuncia che la spinse a preferire nell'arte il
ruolo verdiano di Violetta o
quello belliniano di Norma e nella
vita a ritirarsi precocemente dalle scene.
L'interprete più celebre di
Cavaradossi fu Enrico Caruso che cantò il personaggio per quasi vent'anni
dispiegando la sua bellissima voce con
accenti drammatici ma senza mai esagerare in preziosismi virtuosistici,
però
in qualità di timbro, fascino e fraseggio Cavaradossi
ideale fu Giuseppe Di Stefano.
Scarpia è sicuramente il personaggio più nuovo nel panorama
pucciniano, per la cui interpretazione occorrono doti sia di grande cantante che
di grande attore: basti pensare solo
al secondo atto in cui è sempre in scena per quarantacinque minuti.
Ruolo difficile, dalle mille sfumature, con possibilità di dispiegare la voce in un canto disteso,
ma anche
versatile nel recitativo, dove l'interprete deve però evitare eccessi e facili
cadute di gusto, riuscendo a rendere la malvagità di quest'uomo potente,
terribile e spietato, che dispiega interamente la sua arroganza: Io
di sospiri e di lattiginose albe lunari poco m'appago, La cosa
bramata preseguo,me ne sazio e via
la getto, Aprite le porte che n'oda i lamenti.
Poco prima di morire così
scrisse Tito Gobbi, grande
interprete di Scarpia, riguardo alle due battute che precedono il suo ingresso in
scena al I atto di quest'uomo davanti al quale tremava tutta Roma:
Sono i minacciosi accordi
che annunciano l'entrata in scena di Scarpia nel primo atto di Tosca. L'ho
eseguita circa novecento volte,ispirato sempre dal magico potere che Puccini
m'infonde. Egli offre all'interprete Scarpia uno dei momenti più grandi
dell'opera, e se l'artista non riesce a trasmettere al pubblico un immediato
senso di terrore e repulsione,tanto vale che abbandoni il ruolo. Elegante,terribile,senza
scrupoli,Scarpia deve saper sprigionare
subito dal suo primo apparire la forza del male che,dall'orchestra,attraverso la
sala,raggiunge le ultime file della galleria.Non è soltanto "tutta
Roma" a tremare davanti a lui:ogni singolo spettatore dovrebbe provare
questo sentimento di paura.
Scarpia è la
personificazione del male, e dunque, oltre ad avvincere
con una bella voce, e un bel canto, deve anche essere elegante e arrogante
per il potere che esercita, deciso,
sicuro e affascinante, perché risulta sempre più difficile
resistere alla lusinga e alla seduzione che si presenta sotto una bella veste,
perciò il rifiuto di Tosca appare ancora più eroico, e di questo ben
consapevole era Puccini che amava le donne e ne comprendeva la psicologia.
Tosca è l'opera più fortunata
in assoluto, una delle più eseguite nella storia del teatro lirico, che ha sempre incontrato il
gusto e la passione popolare e pur se tutta l'opera dispiega arie
indimenticabili, la melodia che più
di ogni altra resterà eternamente a segnarla sarà proprio E lucean le stelle: un canto d'angoscia e di disperazione, di evocazioni dolci e
languide, di un uomo che, prossimo
alla morte, dichiara il suo amore alla sua
donna e alla vita
e che muore innocente sullo
sfondo dell'alba di Roma:
Svanì per
sempre il sogno mio d'amore...
L'ora è fuggita
e muoio disperato!...
E non ho amato mai tanto la
vita!
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