Francesca Santucci

TOSCA

di Giacomo Puccini

 

...Vissi d'arte, vissi d'amore...

 

Le note cupe che accompagnano a morte Cavaradossi  e   la scena dell'addio  alla vita, causa di non pochi contrasti  con i librettisti Illica e Giacosa, poiché  Puccini, uomo di teatro imbevuto di sensualità, proprio non era interessato ad un congedo dalla vita di stampo filosofico ma voleva pochi versi intensi,  che esprimessero non  la disperazione  del  condannato a morte che sta per essere fucilato, ma dell'amante che non potrà mai più abbracciare il corpo fragrante della sua donna (contrasti che si  erano protratti fino  a quando  Puccini non  aveva inviato  egli stesso dei versi-guida, compresi quello del  muoio disperato, sottolineando che ne aveva già composto la melodia) sempre fanno fremere di terrore  e d'indignazione.
Siamo a Roma, nel giugno del 1800, mentre si attende l'arrivo di Napoleone: scena dell'azione è la Chiesa di Sant'Andrea della Valle. Qui corre a rifugiarsi l'ex console della Repubblica Romana Cesare Angelotti, appena evaso da Castel Sant'Angelo. Mentre l'uomo è alla ricerca della chiave della cappella, dove la marchesa Attavanti, sua sorella, gli ha nascosto vesti femminili per aiutarlo nella fuga, arriva il sagrestano, e Angelotti si nasconde. Dopo che il sagrestano è andato via, l'uomo si decide ad uscire mentre riconosce nel pittore che affresca una delle cappelle il vecchio amico  Mario Cavaradossi ma, quasi subito, deve tornare a nascondersi perché arriva  Floria Tosca, la bella cantante innamorata del pittore che, ravvisate nel dipinto le sembianze della sorella dell'ex console, si ingelosisce e si abbandona ad una sfuriata ma poi, rassicurata dalle parole del pittore, pur se a malincuore, si allontana, non prima di avergli chieso di mutare qualche connotato fisico dell'immagine: ...Ma falle gli occhi neri!.
Di Tosca è invaghito Scarpia, il capo delle guardie in  Roma, il quale elabora un piano  per catturare l'evaso; facendo leva sulla gelosia  della donna, le fa credere che Mario la tradisca  e, mentre il coro della chiesa intona il Te Deum, tesse un piano machiavellico per sedurre la cantante, confondere il pittore e catturare l'evaso.
Con l'accusa di aver preso parte ad un complotto, Mario  viene dunque arrestato e  condannato  a morte, ma, prima dell'esecuzione, sottoposto a torture.
Tosca, disperata alle grida di dolore dell'uomo, rivela il nascondiglio dell'evaso Angelotti e promette a Scarpia di abbandonare l'amato, purché  gli salvi la vita dandogli un salvacondotto. Non appena ha in mano il documento, Tosca uccide Scarpia  con una coltellata e corre dall'amato per fuggire con lui. Mario, invece, viene fucilato  e Tosca si getta nel Tevere dai merli di Castel  Sant'Angelo.
Non una creatura timida e riservata come Mimì, la piccola fioraia della Bohème, ma una splendida eroina, forte e volitiva,  fu questa volta il  soggetto scelto da Puccini ma, come si diffuse la voce  che il maestro  intendeva musicare un simile soggetto, i suoi avversari presero a mormorare che  si dedicava alla musica facile.
Puccini credette molto nella Tosca,  e  per la sua  composizione  si ritirò in una villa isolatissima  di Chiatri: la fede nella sua opera ebbe ragione poiché la Tosca ebbe, fin dalla prima rappresentazione del 14 gennaio del 1900 al teatro Costanzi di Roma, un clamoroso successo, addirittura il pubblicò effettuò ventuno chiamate e richiese la replica di cinque pezzi, successo che perdura ai giorni nostri, poiché è l'opera più rappresentata al mondo in assoluto.
Il melodramma in tre atti, tratto da un dramma scritto da Victorien Sardou per Sarah Bernardht, che ha come sfondo storico i contrasti fra i filofrancesi Angelotti e Cavaradossi e il reazionario capo della  Polizia, il filoaustriaco Scarpia, nella Roma papalina, è costruito essenzialmente sulla gelosia di Tosca, personalità femminile dalle caratteristiche psicologiche più che mai consone alla sensibilità artistica pucciniana, che tanto era piaciuta anche a Giuseppe Verdi.
Tosca è pervasa da un sentimento corrosivo,  il "mostro dagli occhi verdi", come lo chiamò Shakespeare, la gelosìa distruttiva che la trascinerà alla rovina, prima costringendola a subire le insidie di Scarpia e poi ad assistere alla morte dell'amato, ma, come già per altre sue eroine, Puccini le riserva un crudele destino di espiazione: sarà lei stessa a darsi la morte lanciandosi dagli spalti di Castel Sant'Angelo.
A proposito di quest'opera si è spesso parlato di verismo, anche crudo ed eccessivo specialmente nel II atto, per le scene di tortura, il tentativo di stupro, l'assassinio di Scarpia, la drammaticità dei dialoghi tra Scarpia e Cavaradossi e Scarpia e Tosca, ed in effetti più che  la trama sociale e politica, avvinse l'estro pucciniano proprio   l'analisi dei sentimenti.
Puccini scrisse:
Tosca è un'opera che richiede una donna ultradrammatica  e un buonissimo baritono .
A Cavaradossi l'autore affidò un'aria che riscuote sempre un grande successo, una delle pagine più belle dell'opera, E lucean le stelle, ma è indubbio che i personaggi portanti sono Tosca e Scarpia, per i quali sono indispensabili grande talento sia vocale che scenico.
Tosca richiede un ruolo di grande impegno, occorrono doti di soprano lirico, lirico-spinto, un forte temperamento, un accento drammatico e un grande talento di attrice, e molte cantanti sono state  affascinate dal personaggio interpretandolo con preziosismi belcantistici ma, in seguito, anche  con  un'impostazione più verista, più recitata.
Maria Callas intraprese un grande lavoro interpretativo con la Tosca, che raggiunse il vertice sotto la direzione di Victor de Sabata, affiancata da Giuseppe Di Stefano e Tito Gobbi, consegnando alla storia un'interpretazione  mai più eguagliata, e fu  proprio con Tosca che diede l'addio alle scene a soli 42 anni, dopo 25 anni di carriera.
Tra Maria Callas  e Tosca  ci sono molti  punti di contatto, la passione (che in Tosca diverrà ossessiva gelosia), la religiosità, la determinazione, il coraggio, però in Maria Callas prevalse poi sempre un certo atteggiamento di rinuncia che la spinse a preferire  nell'arte  il ruolo  verdiano di Violetta o  quello belliniano di Norma e  nella vita a ritirarsi precocemente dalle scene.
L'interprete più celebre di Cavaradossi fu Enrico Caruso che cantò il personaggio per quasi vent'anni dispiegando la sua bellissima voce  con  accenti drammatici ma senza mai esagerare in preziosismi virtuosistici, però in qualità di timbro, fascino e fraseggio  Cavaradossi ideale fu Giuseppe Di Stefano.
Scarpia è sicuramente il personaggio più nuovo nel panorama pucciniano, per la cui interpretazione occorrono doti  sia di grande cantante  che di grande  attore: basti pensare solo al secondo atto in cui è sempre in scena per quarantacinque minuti.
Ruolo difficile, dalle mille sfumature, con possibilità di dispiegare la voce in un canto disteso, ma anche versatile nel recitativo, dove l'interprete deve però evitare eccessi e facili cadute di gusto, riuscendo a rendere la malvagità di quest'uomo potente, terribile e spietato, che dispiega interamente la sua arroganza: Io di sospiri e di lattiginose albe lunari poco m'appago, La cosa bramata preseguo,me ne sazio  e via la getto, Aprite le porte che n'oda i lamenti.
Poco prima di morire così scrisse  Tito Gobbi, grande interprete di Scarpia, riguardo alle due battute che precedono il suo ingresso in scena al I atto di quest'uomo davanti al quale tremava tutta Roma:
Sono i minacciosi accordi che annunciano l'entrata in scena di Scarpia nel primo atto di Tosca. L'ho eseguita circa novecento volte,ispirato sempre dal magico potere che Puccini m'infonde. Egli offre all'interprete Scarpia uno dei momenti più grandi dell'opera, e se l'artista non riesce a trasmettere al pubblico un immediato senso di terrore e repulsione,tanto vale che abbandoni il ruolo. Elegante,terribile,senza scrupoli,Scarpia deve saper  sprigionare subito dal suo primo apparire la forza del male che,dall'orchestra,attraverso la sala,raggiunge le ultime file della galleria.Non è soltanto "tutta Roma" a tremare davanti a lui:ogni singolo spettatore dovrebbe provare questo sentimento di paura.
Scarpia è la personificazione del male, e dunque, oltre ad avvincere  con una bella voce, e un bel canto, deve anche essere elegante e arrogante per il  potere che esercita, deciso, sicuro e affascinante, perché risulta sempre più difficile resistere alla lusinga e alla seduzione che si presenta sotto una bella veste, perciò il rifiuto di Tosca appare ancora più eroico, e di questo ben consapevole era Puccini che amava le donne e ne comprendeva la psicologia.
Tosca è l'opera più fortunata in assoluto, una delle più eseguite  nella storia del teatro lirico, che ha sempre incontrato  il gusto e la passione popolare e pur se tutta l'opera dispiega arie indimenticabili, la melodia  che più di ogni altra resterà eternamente a segnarla sarà proprio E lucean le stelle: un canto d'angoscia e di disperazione, di evocazioni dolci e languide, di un uomo  che, prossimo alla morte, dichiara il suo amore alla  sua donna e  alla vita  e che muore innocente   sullo sfondo  dell'alba di Roma:

Svanì per sempre il sogno mio d'amore...

L'ora è fuggita

e muoio disperato!...

E non ho amato mai tanto la vita!

 

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