Giuliano Donati Petteni

Preziosa e limpida fu, dopo i carducciani, la voce del raffinato poeta bergamasco Giuliano Donati Petteni, morto ancor  giovane, nel 1930, a causa dei gas venefici, respirati durante la Grande Guerra,  scagliati dagli Austriaci sulle truppe italiane nella battaglia del Piave nel giugno del 1918.
Particolarmente importante fu la sua ultima raccolta, Intimità, pubblicata nel 1926 da Zanichelli; nei suoi versi crepuscolari, musicalmente accattivanti, l'emozione personale divenne spunto di più alta riflessione, in  evidente aspirazione al trascendente.

 

 

Partenze

E tu parti per sempre?

E tu hai cuore di lasciarmi

per sempre?

Degli orizzonti lontani:

oh, nulla più.

E tu mi dici:

Non esser tanto triste,

non esser tanto triste

e non pensare, dolcezza,

ch'io ti lasci così,

ch'io non ti ricordi più.

Dammi le mani, guardami negli occhi:

non vedi il cuore che si spezza?

E tu credi

ch'io dimentichi ogni tua carezza?

Che tutto ciò che fu

non sia mai stato?

Che non lasci un solco

ne l'animo anche il passato?

Non posso piangere più.

Eppure sono tanto triste:

come questo giorno che persiste

a non piovere, tutto grigio.

E la via come grida, come

schiamazza sotto le finestre!

Facciamo silenzio, noi. Componiamo

quest'ora solenne nel silenzio

come in una bara.-

(Passa un funerale nella via

colla malinconia solita

di preghiere sommesse).

Tu mi accarezzi con troppa dolcezza,

ma non sarò consolato più.

Oh, non sei mai stata

non sei mai stata  tanto buona.

Perdona, amica, perdona.

Tu sei buona, tanto buona!

Oh! accarezziamoci così in un angolo

come quando i ricordi

ci facevano piangere di nostalgia,

come quando gli accordi

di qualche pianoforte in lontananza

ci conduceva pei giardini musicali

al suono di bianche marce funebri.

Giuliano Donati Petteni