Una delle cose più
difficili nella nostra vita, è quella di trovare la persona giusta con
cui condividere e trascorrere l’intera esistenza. Oggi vanno tanto di
moda i singles, ma davvero costoro possono dire di essere
perfettamente felici e di avere realizzato tutti i loro desideri?
Vivono tranquilli, beati, sereni, pensano solo a se stessi. Ma il non
dovere occuparsi di nessuno è esattamente ciò cui ognuno è chiamato? Ci si potrebbe
occupare di volontariato, il che è nobilissimo ed assai gratificante. Si potrebbe fruire
della compagnia di un cagnolino o di un micino, ma poi a conti fatti,
per noi stessi quale vera e intrinseca felicità ne ricaveremmo? Questi erano i
pensieri d’Arianna mentre si recava a Roma per l’ennesima volta. Era
appunto una ragazza single e ormai aveva superato da tempo la maggiore
età. Quel tragitto in treno, l’aveva fatto negli ultimi anni
un’infinità di volte. Le piaceva, era un’occasione di svago, un modo
di movimentare il trascorrere monotono dei suoi giorni. Andava a stare presso
una cara amica e aveva la possibilità così di recarsi all’università
per terminare la sua tesi di laurea. Arianna era una
ragazza in miniatura, bellissima, ma appunto di una bellezza
tascabile. Possedeva un viso da
bambola, con due occhi vellutati ed una bocca piccolina e incantevole.
Poteva permettersi d’incorniciare quel volto con dei capelli
cortissimi, che erano di colore nero lucido. Si trovava in treno e
in quel momento, i suoi pensieri erano interamente occupati da
dissertazioni filosofiche sulla condizione di ragazza libera da
impegni sentimentali. Erano pensieri gravi,
impegnativi, tortuosi, pieni d’enigmi ed interrogativi. Solitamente mostrava
molta verve e uno spiccato spirito umoristico, era pronta a ridere e a
scherzare, tranne quando attraversava uno dei suoi momenti bui di
malinconia e abbattimento. E quello era uno dei suddetti momenti. Da circa dieci ore
era in treno e ancora non si era alzata. Era rimasta seduta a leggere
e a riflettere sul romanzo di una donna votata alla solitudine. La protagonista della
storia si era trovata in un vortice d’avventure tragiche e sempre la
sfortuna l’aveva accompagnata, per cui o le era morto il fidanzato, o
il marito s’era ammalato di tumore, o l’amante era morto in un
incidente d’auto. Insomma era sempre rimasta sola. Arianna leggeva e si
sentiva il morale sotto i calcagni. Lei era una persona
un po’ lunatica tutto sommato, e questo era il vero motivo per cui
ancora non era riuscita a trovare l’uomo giusto, un compagno ideale. Aveva avuto più di un
fidanzato e innumerevoli pretendenti, ma alla fine si era sempre
stancata di tutti. Questo era troppo
arrendevole e noioso, quello era assillante e iperprotettivo, quell’altro
non aveva un comportamento abbastanza corretto, quell’altro ancora non
aveva una valida cultura. Tutti avevano qualche difetto che li
condannava, dopo qualche tempo, all’insuccesso nel suo cuore. Improvvisamente si
alzò ed uscì dallo scompartimento, poiché il famoso bisogno di
ricambio idrico si faceva pressante e s’avviò al bagno. La toilette in cui
entrò aveva la serratura rotta. Ne cercò un’altra, ma erano tutte
occupate. Decise che si sarebbe servita di quella senza chiusura,
tanto era riservata alle sole donne. Aveva appena
abbassato lo slip e si stava chinando sul water, quando un violento
scossone del treno fece improvvisamente aprire la porta. In quel
momento un giovane altissimo si trovava erroneamente dinanzi a quella
toilette. Arianna rimase
bloccata a guardarlo a bocca aperta. Piegata in avanti, sembrava una
statua di stile futurista. Il ragazzo invece,
con lo sguardo da beota esterrefatto, continuava a ripetere: “Oh scusi, oh scusi!”
Poi, con un lampo di genio, richiuse la porta. Dentro il gabinetto,
la poverina aveva il viso in fiamme e si sentiva in imbarazzo.
Rifletté d’altro canto che non conosceva quel tale e che era stato un
incidente banale. Si tranquillizzò, espletò le sue necessità e
ricomponendosi, abbandonò il luogo incriminato. Nel corridoio dello
scompartimento rincontrò il giovane, ma non riuscì a guardarlo negli
occhi. Si accorse solo che era una specie di pertica, aitante, bruno e
con pochi capelli. Arrivata a Roma, si
fece subito portare da un taxi a casa della sua amica Giulia. Era attesa e fu
accolta come al solito con grand’affettuosità. “Arianna! Che bello,
sei qui! Vieni, la tua stanza ti aspetta sempre.” Lei, di quella casa,
aveva pure le chiavi poiché l’aveva condivisa con Giulia per due anni
di seguito, pagandone anche l’affitto. Erano presenti altri
amici: Alfredo l’intellettuale, Tiziana l’artista, Benedetta la
medium, Enrico il filosofo. Tutti quanti le furono addosso baciandola
e dandole il benvenuto. Cenarono insieme e
poi gli amici andarono via permettendo ad Arianna d’andare a dormire,
poiché dopo il viaggio era un po’ stanca. L’indomani mattina,
quando si destò, si accorse che l’amica era già uscita. Forse s’era recata di
buon ora all’università. Si accinse a fare
colazione e inaspettatamente udì degli strani rumori, come dei fruscii
intermittenti. Arianna era sicura di essere sola in casa e allora,
cos’erano mai quei rumori? Tese meglio l’orecchio e dopo un po’ riudì
il fruscio. Cominciò a pensare che somigliavano a dei rumori
soprannaturali. Vuoi vedere che gli amici, a forza di fare sedute
spiritiche, avevano fatto installare in casa uno spiritello? Sorrise di tale
pensiero, ma subito dopo, ecco di nuovo il fruscio. Per qualche minuto,
vi era una pausa, come se lo spirito stesse riflettendo e
interrompesse d’aggirarsi per la casa. Poi rinvigorito, riprendeva le
sue peregrinazioni e ricominciava a frusciare. Un brivido percorse
la schiena della povera Arianna! Doveva cercare!
Doveva capire di cosa si trattasse. Nella stanza di soggiorno i rumori
erano più forti. Però non vedeva nulla, non c’era niente. Lei non aveva mai
creduto minimamente ai fantasmi, ma quel rumore era stranissimo e
prodotto da un essere invisibile! Sentì aprire la
porta. Era Giulia tornata con i cornetti per la colazione. “Giulia! Giulia!
Sapessi! Si sentono dei fruscii qui in casa. Tu li hai sentiti mai?” “Fruscii? Quando dici
fruscii, intendi dire fruscii?” “Sì, insomma
rumorini, come qualcosa che fruscia.” “Parli di rumori che
sembrano fruscii?” “Sei diventata un
pappagallo scusa? Quante volte lo devo ripetere! Fruscii, proprio
fruscii.” “So di cosa si
tratta.” “Ah! E me lo dici
così! Dopo mezz’ora.” “Mi hanno regalato un
furetto.” “Un furetto? E dov’è?
Io non l’ho visto.” “Non si fa vedere mai
da nessuno, neppure da me. Sta sempre nascosto ed esce solo per
mangiare quello che gli lascio in cucina in un cantuccio.” “Ah ah ah, ed io che
già pensavo ad uno spiritello!” “Ah ah ah. Mi spiace
non averti avvisata della sua presenza. Comunque senti Ari, io sto
andando all’università. Ci vediamo stasera.” “Okay, io resterò qua
tutto il giorno per rileggere ciò che ho scritto della tesi di laurea,
e che voglio far vedere domani alla mia relatrice.” Arianna restò sola e
si dispose, dopo avere trangugiato tè e cornetto, a studiare e a
rivedere la tesi. Ma suonarono ben
presto alla porta. Era Tiziana che riportava le sigarette che aveva
preso erroneamente a Giulia. S’intrattenne poco, poi salutò e andò
via. Riprese la sua
postazione per studiare e poco dopo bussarono nuovamente. Con tanta pazienza,
la nostra Arianna andò ancora ad aprire. Si trattava d’Enrico.
Era venuto per proporre a Giulia d’andare quella sera al cinema.“Non c’è mi spiace, è
andata all’università.” “Pazienza, sarà per
un’altra volta. Ciao Ari.” Si sedette. Forse
questa era la volta buona per cominciare a studiare. Macché! Suonarono di
nuovo alla porta. A questo punto, ebbe
l’impressione che da quanto era arrivata a Roma, non aveva fatto altro
che sentire quel dannato campanello suonare. Appena qualcuno
smetteva di bussare, attaccava a suonare qualcun altro. In tutta la
sua vita non si era mai imbattuta in una folla tanto socievole quanto
gli amici di Giulia! Quando avevano un minuto libero, era come se
levassero un grido unanime: “Andiamo da Giulia!” Questa volta era
Alfredo che riportava all’amica un libro ricevuto in prestito. “Non c’è Giulia? Va
bene, daglielo tu e ringraziala, ciao.” Ora Basta! Non ne
poteva più! Non avrebbe richiuso la porta, l’avrebbe lasciata
socchiusa, così i prossimi amici sarebbero entrati a loro piacimento
evitandole il continuo alzarsi. Stava ormai studiando
da due ore ed aveva dimenticato completamente che la porta era aperta.
Improvvisamente ebbe la misteriosa percezione di non essere sola. Poi
alle sue spalle risuonò un colpo di tosse e Arianna girandosi di
scatto, costatò che la sua intimità era stata violata da un altissimo
giovanotto. Restò allibita.
Sentendo quel colpo di tosse là dove non ci sarebbe dovuto essere
nessun colpo di tosse, per un istante aveva pensato che si trattasse
veramente di qualche spiritello. “Chi diavolo è lei?”
Il suono le era scaturito come una specie di grido gorgogliante. “Mi scusi signorina,
la porta era aperta e allora sono entrato.” “Bel maleducato!
Entrare senza suonare! M’ha fatto venire un accidente!” “Ha ragione, le
chiedo sinceramente scusa, non dovevo farlo, sono stato affrettato.” Lo aveva già visto
però. Accidenti! Era lui! Era il ragazzo che l’aveva sorpresa con gli
slip abbassati. Sentì ritornare
l’imbarazzo, ma fece finta di niente. Il giovane dal canto
suo, diede perfettamente a vedere d’averla riconosciuta. “Se non sbaglio ci
siamo già visti, credo” fece con noncuranza. “No, non credo. Io
non l’ho mai vista!” Ma che bel ragazzo!
Aveva gli occhi grandi e sfumati di verde. Altissimo, tanto che doveva
stare con la testa piegata all’indietro per guardarlo. “Mi scusi sa
signorina, ho invece l’impressione d’averla già vista come in sogno.
Lei è pronta a spiccare il volo, è piegata in avanti, non so perché, e
io vedo solo un visetto d’incanto. Ma forse è stato proprio tutto un
sogno.” Pure intelligente!
Aveva la risposta pronta, voleva sdrammatizzare l’accaduto e la loro
insolita conoscenza. “Non m’interessa,
dica piuttosto perché è qui e cosa vuole.” “Sono un
corrispondente di Giulia Benigni, ci siamo conosciuti via e-mail e trovandomi qui a
Roma, sono venuto a conoscerla personalmente. Non mi dica adesso che
Giulia è lei!” “No, non sono io.
Giulia in questo momento è all’università e tornerà verso le
diciannove. Le dirò che è venuto……?” “Mauro! Mauro
Infante. E per curiosità, potrei permettermi di chiederle il suo
nome?” “Mi chiamo Arianna e
puoi darmi del tu. Devo dire a Giulia che tornerai?” “Arianna. Che bel
nome. Però il viso è ancora più bello! Certo, tornerò! Non fosse altro
per rivedere la tua faccetta d’angioletto.” “Ma finiscila!
D’accordo tornerai, lo dirò a Giulia.” Mauro se n’andò e lei
prese un atteggiamento tale da far pensare più ad un punto
interrogativo che a un essere umano. Era reale o anche lui
faceva parte della serie dei fantasmi? Un ragazzo splendido!
Di una bellezza normale ma accattivante, molto macho, di quelli che
non si vedono più tanto in giro. Tra l’altro, con
poche lusinghiere parole, era subito stato in grado di corteggiarla e
farla sentire miss Italia. Aveva sfoderato un
sorriso da mozzafiato nell’andar via. Mah! Da dove era uscito? Doveva rimettersi a
studiare, ma tutti i suoi pensieri erano assorbiti da Mauro. Riuscì tuttavia ad
immergersi fra le varie dissertazioni della sua tesi di laurea sino
alle diciassette; poi si sentì esausta e andò a prepararsi un panino.
A questo punto, tornò
Giulia. “Lo sai? E’ venuto a
trovarti Mauro.” “Chi?” “Mauro, il tuo
corrispondente telematico.” “Io ho un
corrispondente che si chiama Mauro? Ah, sì forse.” “Come forse! Se è
venuto apposta per conoscerti di persona!” “Senti Ari, ne ho
diecimila corrispondenti, non posso ricordarmi di tutti.” “Questo è un tipo
interessantissimo, sagace, simpatico, come fai a non ricordarlo?” “Boh! Sì, il
nominativo fa parte dei miei contatti di posta elettronica, ma non
ricordo nulla di particolare di lui.” “Peccato perché è un
tipo fighissimo!” “A quanto capisco ti
ha colpito, cosa aveva di speciale scusa?” “Era alto circa due
metri, con capelli rasati, occhi bellissimi, robusto al punto giusto e
un sorriso fascinoso.” “Per la miseria!
Avrei voluto esserci!” Il famoso campanello
suonò. Quasi quasi, Arianna sentiva la nostalgia del suo squillo. Andò ad aprire ed
eccolo lì. Mauro sorrideva e
stava dicendo: “Non m’importa se Giulia ancora non c’è, io sono venuto
per te, per invitarti ad uscire.” “Ah bene! Vieni a
casa mia e neppure vuoi più vedermi.” Giulia, che era comparsa dietro
ad Arianna, si mostrava scherzosamente indignata. “Scommetto che tu sei
Giulia, ciao piacere, io sono Mauro, quello di Torino, architetto come
te.” “Oh sì! Ora ricordo:
l’architetto di Torino, quello che sta facendo la tesi di laurea.
Vieni accomodati.” “Senti Giulia, ho
avuto piacere di conoscerti, ma se permetti vorrei invitare Arianna ad
uscire, andremo a cena fuori.” Le due ragazze si
guardarono, poi: “Vai Arianna, cosa aspetti, preparati.” Lei fu per un attimo
incerta: l’aveva appena conosciuto. Forse sarebbe stato meglio
rifiutare l'invito. Poi si decise e andò. Uscirono, si
conobbero meglio, parlarono entrambi irrefrenabilmente scoprendo
d’avere tante cose in comune. Quella fu la prima di centinaia di volte
che si rividero. Mauro si rivelava di
un’intelligenza fuori del comune, simpaticissimo, scherzoso, allegro,
capace d’affascinarla con le sue continue trovate salaci. Inoltre,
cosa che non guastava proprio, era molto colto e sapeva tutto
d’informatica. Aveva le idee sempre
chiare, sapeva consigliarla e nello stesso tempo, essere deciso e con
il polso fermo. Che fosse l’uomo
giusto? Ai posteri l’ardua sentenza! Nel frattempo Arianna
aveva trovato un fidanzato cui sentiva di volere bene e che la
ricambiava nel modo più totale.
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