( VII sec.A.C )
(Francesca Santucci, Donna non sol ma torna musa all'arte, Il Foglio, I edizione marzo 2003- II edizione novembre 2003)
La divina Saffo, l’hagné, considerata la più grande poetessa di tutti i tempi, nacque ad
Ereso, nell’isola di Lesbo, da una nobile famiglia, ma la sua vita si svolse a
Mitilene dalla quale, ai tempi della caduta dei Cleanattidi, a causa delle lotte
politiche, fu esiliata per qualche tempo, e di ciò resta testimonianza nel
"marmo pario", un’iscrizione che attesta la sua presenza in Sicilia tra il 607 e
il 590 a. C., perché, a parte un frammento superstite in cui ne accenna
genericamente, …te Cipro e Pafo, oppure Palermo, non ne fa menzione. Rimpatriò poi durante il regno di Pittaco, per il quale non nutriva simpatìa,
considerandolo promotore delle restrizioni che mortificavano l’amore per il
lusso della classe aristocratica, come prova un’ode nella quale si rivolge alla
figlia (bella, dall’aspetto simile ai fiori dorati) inducendola a rinunciare
alla mitra variegata che la fanciulla desidera per le sue chiome perché Pittaco
si scandalizzerebbe, chiamando a testimone il poeta Alceo, con quale vi fu un
vincolo di solidarietà e simpatia, e che di lei in modo lusinghiero scrisse:
Saffo, veneranda, dal soave sorriso, dal crine di viola. O mia Gongila, ti prego metti la tunica bianchissima e vieni a me davanti: intorno a te vola desiderio d’amore. Così adorna, fai tremare chi guarda; e io ne godo, perché la tua bellezza rimprovera Afrodite.
"Vorrei essere morta, sai,davvero" era così disfatta nel congedo e parlava parlava:"Oh, Saffo, è terribile quello che proviamo! Non son io che lo voglio se ti lascio", e io le rispondevo: addio, su, vai, e ricordati di me, perché lo sai come ti seguivamo: e se no-allora io lo voglio che ti ricordi, perché tu dimentichi- com’era bello ,ciò che provavo, quante corone di viole ti posavi sul capo,insieme a me, di rose, croco, salvia, di cerfoglio, e quante s’intrecciavano ghirlande per il tuo collo delicato fatte dei fiori della primavera…
Mi appare simile agli Dei quel signore che siede innanzi a te e ti ascolta,tu parli da vicino con dolcezza, e ridi, col tuo fascino, e così il cuore nel mio petto ha sussultato, ti ho gettato uno sguardo e tutt’a un tratto non ho più voce, no, la mia lingua è come spezzata, all’improvviso un fuoco lieve è corso sotto la pelle, i miei occhi non vedono, le orecchie mi risuonano, scorre un sudore e un tremito mi prende tutta , e sono più pallida dell’erba, è come se mancasse tanto poco ad esser morta; pure debbo farmi molta forza. Il mondo poetico di Saffo può apparire chiuso ed impenetrabile
ma non è difficile comprendere la genesi dei versi sensibilissimi e delicati; il
suo animo femminile non poteva certo cantare secondo i motivi usuali della
lirica del suo tempo,le lotte politiche non l’attraevano, non sono donna di pertinaci
rancori, ma l’anima ho mite, armi e apparecchi militari non le interessavano,
chi
una schiera di cavalli,chi di fanti,chi uno stuolo di navi dice essere la cosa
più bella su la nera terra, io invece ciò che si ama, e tanto meno era portata per
l’esaltazione del simposio o delle espressioni dei piaceri effimeri collegati,
ad esempio, alle gioie del vino.
Portata per l’introspezione Saffo, coltivò soprattutto la
vena intimistica, ed è appunto con lei che nella poesia nasce l’interiorità,
favorita proprio dalla condizione femminile nel mondo greco, condizione che per
lei non era di chiusura giacché, nata in una famiglia aristocratica, aveva
rapporti di società, viaggiava, scambiava versi con Alceo, era anche moglie e
madre dalla vita normale, senza che ciò interferisse con la sua attività nel tiaso e col suo essere poetessa.
In un’epoca e in un ambiente in cui la donna godeva di una certa autonomia e
indipendenza, Saffo si
ripiegava in se stessa, si creava un suo mondo poetico,
in una cerchia diversa da quella dell’uomo, quasi in isolamento, cercando calore
per la sua anima soprattutto nel bello della natura: i fiori, gli usignoli, i
paesaggi notturni e le scene di primavera la deliziavano con uno stupore quasi
infantile, facendole apprezzare della bellezza soprattutto la leggiadria e la
grazia,
virtù squisitamente femminili. Qui da noi: un tempio venerando, un pomario di meli deliziosi, altari dove bruciano profumi d’incenso, un’acqua freddissima che suona in mezzo ai rami dei meli, e le ombre dei rosai in tutto il posto, e dalle foglie scosse trabocca sonno, poi un florido prato, coi cavalli, i fiori della primavera, aliti dolcissimi che spirano… dove Cipride coglie le corone e delicatamente mesce un nettare che si mescola nelle grandi feste, in coppe d’oro… E nella solitudine di una notte senza luna e senza stelle si riflette la solitudine del suo animo: E’ tramontata la luna, e le Pleiadi; e la notte è a metà, ed il tempo trapassa, ed io riposo in solitudine. Anche l’idea della morte nella poesia di Saffo suggerisce armoniose immagini di serenità e di bellezza, perché per Saffo il regno delle tenebre non può non avere giardini coperti di fiori e bagnati di rugiada: E mi prende un desiderio di morire, e di vedere le rive dell’Acheronte coperte di rugiada,fiorite di loto. E grande sensibilità vibra anche nelle liriche dedicate alle amiche del tiaso; la bellezza di un ‘amica assente, Attide, che spicca a Sardi fra le donne lidie, suggerisce una visione di cielo notturno in cui brilla l’astro lunare: Forse in Sardi spesso col pensiero qui ritorna nel tempo che fu nostro: quando eri per lei come una Dea rivelata, tanto era felice del tuo canto. Ora in Lidia è bella fra le donne come quando il sole è tramontato e la luna dalle dita di rose vince tutte le stelle e la sua luce modula sulle acque del mare e i campi presi d’erba: e la rugiada illumina la rosa, posa sul gracile timo e il trifoglio simile a fiore. Solitaria vagando ,esita A volte se pensa ad Attide: di desiderio l’anima trasale, il cuore è aspro. E d’improvviso: "Venite!"urla; e questa voce non ignota a noi per sillabe risuona scorrendo sopra il mare. Il tema predominante affrontato è sempre quello dell’amore, considerato da Saffo il più potente dei sentimenti umani, il cui ruolo è determinante nella vita e nell’educazione del tiaso, e colto in tutte le sue sfumature, sia quello travolgente della passione sia quello del turbamento adolescenziale della fanciulla che lo confida alla madre: Mammina mia, non posso più battere il telaio, stregata dall’amore per un ragazzo per opera della languida Afrodite. Il tiaso diretto da Saffo era consacrato alle Muse e ad Afrodite, non stupisce perciò che nei versi della poetessa compaia spesso la dea come presenza benevola. Famosa fin dall’antichità è la composizione dedicata appunto ad Afrodite, un inno d’invocazione, una preghiera tradizionale nella forma ma innovativa nel contenuto, poco religiosa, giacché poetessa e dea sono poste in diretto rapporto confidenziale, in dolce patto d’alleanza, fino ad annullare, con complicità tipicamente femminile, la distanza tra umano e divino: Afrodite immortale dal trono variopinto, figlia di Zeus, insidiosa, ti supplico, non distruggermi il cuore di disgusti, Signora, e d’ansie, ma vieni qui, come venisti ancora, udendo la mia voce da lontano, e uscivi dalla casa tutta d’oro del Padre tuo: prendevi il cocchio e leggiadri uccelli veloci ti portavano sulla terra nera fitte agitando le ali giù dal cielo in mezzo all’aria, ed erano già qui: e tu, o felice, sorridendo dal tuo volto immortale, mi chiedevi perché soffrissi ancora, chiamavo ancora, che cosa più di tutto questo cuore folle desiderava: "chi vuoi ora che convinca ad amarti? Saffo,dimmi, chi ti fa male? Se ora ti sfugge, presto ti cercherà, se non vuole i tuoi doni ne farà, se non ti ama presto ti amerà, anche se non vorrai". Vieni anche adesso, toglimi di pena. Ciò che il cuore desidera che avvenga, fa’ tu che avvenga. Sii proprio tu la mia alleata. Nei versi che seguono, frammenti intensi e suggestivi che pure esaltano il sentimento amoroso, l’amore s’impone invece come forza, in profonda analisi psicologica: Eros mi ha squassato la mente come il vento del monte si scaglia sulle querce. Nel canto di Saffo, come in tutta la letteratura greca, ritroviamo anche la
caratteristica dell’erotismo, spesso censurata dall’interpretazione
moderna, eppure l’eros, da Omero fino alla produzione ellenistica, fu elemento ben
presente in molteplici aspetti, eliminato dalla letteratura ufficiale solo con
l’avvento dell’ebraismo e soprattutto del Cristianesimo. Francesca Santucci
dal libro Donna non sol ma torna musa all'arte di Francesca Santucci
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