Nato a Pescara nel 1863, e morto a Gardone nel 1938, Gabriele D'Annunzio, il rappresentante più autentico del Decadentismo europeo, ebbe una vita intensa, caratterizzata da amori folli, grandi gesta e  imprese celebri, fu letterato prolifico, uomo avventuroso, eroe della prima guerra mondiale, poeta e soldato.
Esordì giovanissimo con la raccolta  "Primo vere", cui seguirono altri libri di poesie, romanzi, novelle, testi teatrali,  le "Laudi", che lo consacrarono il vate nazionale, in una produzione vastissima di risonanza mondiale.
In poesia D'Annunzio alternò esuberanza verbale a ripiegamento intimistico, elaborando versi di sensuale musicalità; in  grande sperimentazione metrica,  comprese una  pluralità di registri e linguaggi.
Efficace descrizione di D'Annunzio poeta è offerta dallo stesso Autore in una pagina del romanzo "Il piacere", laddove, a proposito dell'inebriamento del protagonista, Andrea Sperelli, scrive:
 La sua anima si empì tutta d'una musica di rime e sillabe ritmiche. Egli gioiva; quella spontanea improvvisa agitazione poetica gli dava un'inesprimibile diletto. Egli ascoltava in sé medesimo quei suoni, compiacendosi delle ricche immagini, degli epiteti esatte, delle metafore lucide, delle armonie ricercate, delle squisite combinazioni di iati e di dieresi, di tutte le più sottili raffinatezze che variavano il suo stile e la sua metrica, di tutti i misteriosi artifizi dell'endecasillabo appresi dagli ammirabili poeti del XIV secolo...





 


Rosa

di Gabriele D'Annunzio

(1863-1938)

 

Pallida rosa, che da 'l verde céspite

ridi con disìo placido

a 'l bel vale d'amor de 'l sole occiduo

e gli mandi i tuoi balsami,

 

senti tu tra le foglie i dolci fremiti

ch'or la natura scuotono?

intendi la canzon che canta Zefiro

tra' rami di que' platani?

 

Ecco, il tuo stelo trema a 'l bacio languido

d'un amante libellula,

e le viole invidiando guardano

i tuoi divini gaudii:

 

da l'oriente la stella di Venere

ti vibra il raggio pronubo,

mentre le gaie rondini cinguettano

per te l'epitalamio.

 

Le petulanti passere rispondono

da le pampinee pergole

con trilli, con garriti di letizia

e piluccando i grappoli.

 

La cascatella i piccoli echi suscita

per li verdi silenzii,

simile a suon di chitarrino e flauto

in nuzial corteggio...

 

Deh, come lieta l'armonia de l'etere

in questa solitudine!

Come son belli questi tuoi connubii,

o cara terra vergine!

 

Io chiedo un'onda di celesti effluvii

a 'l sacro fior di Venere:

chiedo che un raggio de' suoi caldi vesperi

doni a' miei carmi Apolline.