Altro volemo che guje (guglie) e fontane; pane
volemo, pane, pane, pane!
Recita così un’amara pasquinata relativa alla "Fontana dei
Fiumi", che paragona lo sfoggio di magnificenza alla situazione
reale della plebe romana del tempo. Eppure le fontane di Roma
rappresentano una delle più insigni bellezze e delle maggiori
attrattive della capitale, che affascinano i turisti amanti
dell’arte, ma anche i semplici visitatori.
Fu alla fine del XVI secolo che cominciò a fiorire la costruzione
delle fontane a Roma. Di questo periodo è la “Fontana delle
Tartarughe”, progettata dal Della Porta e, probabilmente, eseguita
dal Landini tra il 1540 ed il 1602, ma secondo altri le sue forme
aggraziate, in leggiadro movimento, sarebbero da attribuire
addirittura a Raffaello Sanzio. Collocata in piazzetta Mattei, un
po’ chiusa fra severi palazzi, all’ingresso dell’antico
ghetto, il quartiere degli ebrei, rappresenta quattro giovinetti
che trattengono con un piede ed una mano quattro delfini, mentre
con l’altra mano reggono quattro piccole tartarughe in atto di
abbeverarsi alla conca superiore.
La "Fontanella del Facchino" pure appartiene al XVI secolo e
rappresenta un facchino in atto di reggere un barilotto da cui
zampilla l’acqua.
Tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII Roma si arricchì
di numerose e pregevoli fontane dovute all’architetto che aveva
proprio il nome ad hoc: Domenico Fontana. Su suo progetto fu
costruita la celebre "Mostra dell’Acqua Felice", o "Fontanone
dell’Acqua felice", decorata da statue, divisa in tre scomparti,
a soggetto biblico, voluto dai Papi della Controriforma in
contrapposto ai soliti soggetti pagani.
Sempre su progetto del Fontana fu costruita la "Fontana del Quirinale", o
"dei Dioscuri", composta su elementi preesistenti. Sulla
base delle statue che la sormontano, copia romana probabilmente
dell’età imperiale di statue greche, esiste un’iscrizione che
le attribuisce a Fidia e a Prassitele, i più celebri scultori
greci, tutti i critici moderni sono concordi, però, nel
disconoscere tale paternità, ma è certo che le statue dei Dioscuri, i due gemelli Castore e Polluce, figli di Leda,
trasformati in astri e collocati nel segno zodiacale dei Gemelli,
appartengono all’epoca romana.
Sempre del Fontana sono la celebre vasca detta "Mostra dell’Acqua
Paola", che si trova sul Gianicolo, la più imponente “mostra
d’acqua” di Roma,le "Quattro Fontane", una per ciascun angolo,
nel quadrivio omonimo, e la "Fontana dell’Obelisco", in piazza San
Giovanni.
Il primo ad escogitare l’idea di lanciare in alto, verso il
cielo, zampilli d’acqua, fu Carlo Maderna; suo è il progetto
delle due vasche di Piazza San Pietro
La "Fontana di piazza Navona", detta anche "Fontana dei Fiumi", è
invece opera di Gianlorenzo Bernini, che ereditò la passione per
le fontane da suo padre Pietro, a cui appartiene la famosa "Barcaccia" di Piazza di Spagna, una nave sul punto di affondare; già
a mezzo immersa nell’acqua, la “barcaccia” sembra dover
essere sommersa da un momento all’altro, e la scena ha un tono
davvero suggestivo.
Pensata dal Bernini per essere innalzata di fronte alla chiesa di
Sant’Agnese, opera del Borromini, suo acerrimo nemico, la "Fontana di piazza Navona" ha tre dei quattro fiumi raffigurati
(il
Nilo, simbolo dell’Africa, il Gange, simbolo dell’Asia, e il
Danubio, simbolo dell’Europa), che distolgono lo sguardo dalla
chiesa, come se non volessero vederne, si malignò, le
imperfezioni architettoniche. Solo il Rio della Plata, che
simbolizza l’America, guarda verso la chiesa, ma con un
atteggiamento di vero terrore, come nel timore che il campanile di
Sant’Agnese possa precipitargli addosso da un momento
all’altro, tanto il Bernini dubitava della stabilità
dell’opera del rivale.
Oltre a queste quattro statue, attorno al
grande bacino si osservano altri simboli dei quattro continenti
allora conosciuti: un leone, alcuni ciuffi di agave, un cavallo
galoppante ed un serpente, il tutto come sferzato da un vento
impetuoso. Il complesso è sormontato da un imponente obelisco,
sulla cui stabilità i seguaci del Borromini, per rifarsi delle
critiche al loro maestro, sollevarono dubbi.
Il Bernini, che era un tipo burlone, una notte si recò in piazza
Navona e legò alla punta dell’obelisco quattro sottili
funicelle fissate a quattro case all’estremità della piazza,
così non vi sarebbero stati dubbi sulla stabilità; ma il
Borromini non seppe accettare lo scherzo, e la cosa finì per
addolorarlo e tormentarlo a tal punto che tutta la vicenda ebbe un
tragico epilogo: impazzì e si tolse la vita.
E sempre a Gianlorenzo appartiene la "Fontana del Tritone" in piazza Barberini dove, appoggiata ai delfini che la sorreggono con la
coda, una grande conchiglia apre le sue valve a sostenere un
tritone, un mostro marino di tre nature: pesce nella parte
inferiore, cavallo nel petto e nelle zampe anteriori, e uomo nella
parte superiore del corpo, capace di sollevare o placare le
tempeste per mezzo di una grande conchiglia marina usata come
tromba, secondo gli ordini del dio Nettuno; tutto il suo fiato e
il suo impegno sono appena sufficienti, però, a far zampillare un
modesto getto d’acqua che subito ricade.
Ancora del Bernini, e
dei suoi allievi, è un ‘altra fontana di Piazza Navona, la
"Fontana del Moro", dalla figura di Etiope che stringe un delfino.
Il gusto scenografico del Bernini trova eco nella celebre fontana
settecentesca del Salvi , la "Fontana di Trevi", resa celebre in
tutto il mondo dal film La dolce vita, per la sequenza in cui la Ekberg vi fa il bagno notturno, e per l’esilarante scenetta nel
film Tototruffa ’62 in cui Totò, fingendosene il padrone, tenta
di venderla (...e accattate la fontana mia!) ad un
emigrante di ritorno dall’America (che vuole fare ‘o
business);ogni giorno inghiotte pazientemente le monete lanciate
dai turisti speranzosi che si avveri la leggenda che dice: "chi getta un soldino nella
Fontana di Trevi è sicuro di ritornare a Roma entro un anno”.
L’ultima, in ordine cronologico, delle celebri fontane romane è
quella delle "Najadi", in mitologia le ninfe dell’acqua, posta in
piazza dell’Esedra, le cui figure femminili furono aggiunte
successivamente. A questa fontana si lega un interessante
episodio: fu inaugurata da Papa Pio IX dieci giorni prima della
famosa breccia di Porta Pia, il 10 settembre del 1870.
Questa, naturalmente, vuole essere solo una breve panoramica delle
più famose fontane di Roma, che ogni turista in visita nella Città
Eterna non dovrebbe mancare di ammirare perché è anche così,
attraverso il mormorio musicale degli scrosci ed i giochi
scintillanti degli zampilli d’acqua cristallini, ricadenti o
svettanti verso il cielo, che Roma rinnova in perpetuo il suo
canto ed il suo fascino.