Il mio
ritratto
Io
uso il verso come la morfina
In quel che il volto mio arcigno e scuro
Mi si scolora al tempo lieto e uguale
Mi credo pazzo, vado trasandato
Fo male e bene senza alcun costrutto,
Guadagno se lavoro e spendo tutto
Solo allo scopo di dimenticare.
Velati gli occhi, pel represso pianto
Forse leggesti tutta la passione
Che nel mio poetar si trascolora
Se pure giovine ancora o mio Miraglia
(1)
Dolce nel core e forte nella mente
Infra una molla che di me sa niente
E non mi abbatto, ma tenace ancora
Pur di colór di croce fatto, insisto
Fra la solfa infernal che mi pervade
Vagando invan così, povero Cristo.
(1)
personaggio immaginario
Lontananza (*)
Io sogno sempre, sogno sempre il sole
vision di cieli limpidi e turchini,
la mia campagna, primavere in fiore
profumi d’alghe e brezze marine;
io vedo sempre due pupille chiare
un volto di Madonna, un capo biondo:
due occhi ardenti, desiosi, arcani
che lì, lontano, cercan l’orizzonte.
Mi vedo in libertà vagar pel mondo
Come nei tempi lieti del passato,
fisso beato nubi vagabondo,
muto, perplesso, ed obliando il fato.
Ma è solo un sogno, il sogno di un momento
E mi ritrovo solo a meditare
Senza più pace e con rassegnazione
Vivendo un altro giorno di tormento.
(*) Questa poesia (sotto nome di autore Arnaldo De Leo,
figlio di Raffaele) fu premiata con
menzione
d’onore (e targa d’argento) alla 1^ edizione del concorso
nazionale:‘L’emigrazione e il Cilento – Viaggio senza ritorno’ – Poesia –
Narrativa – Saggistica –
Novi Velia 21/12/1997.
Chimere
Lasciatemi sognar le mie chimere
non mutate dagli anni né dai fati.
ritorneranno ancor tutte le sere
come falene ai fuochi miei domati;
e mi diranno, col volar silente
di tutti i sogni belli che sognai,
le mete audaci che per la mia mente
pensando sempre non raggiunsi mai.
Verrà bionda sovran la poesia
col crine sparso a ribaciare il vate,
ripasseranno per la mente mia
ad una ad una le arie mie passate.
Verran le scienze e la filosofia
Le arti belle che mi fur vietate:
la musica, pittura e poi Maria,
la più gentile fra le donne amate.
Brindisi
Vino sincero che mi dai la gioia,
vino sincero che mi dai l’oblìo,
giacchè la vita è sol tristezza e noia,
rendi felice ancora il viver mio.
Ridammi ancora la virtù del canto,
dimmi del mondo sol la poesia
tieni da me lontano ogn’ora il pianto,
l’umore tetro e la malinconia!
Alla mia
gioventù
Bel tempo lieto, o dolce età del sogno
andata a mutilarsi poi nel nulla,
io ti ripenso sempre quando agogno
ancora un bacio, un viso di fanciulla.
Mia gioventù, o gioventù canora,
pura felicità che irradi il viso,
anni passati vi rivivo ancora,
scevri di noia e ricchi di sorriso.
O bella età che il tempo mi à rapita
Tu fosti ricca di promesse e inganni
Che bella strada apristi alla mia vita.
Che bella messe mi restò degli anni
Sol di ricordi belli, una fiorita.
Poi illusioni, povertà, malanni!
Reminiscenza
Pure il suo amor fu sogno,
un’ombra ormai svanita,
ma donerei la vita
per risognare ancor
le pene e l’ansia tutta.
Rivivere vorrei
Soffrendo per colei
Che mi possiede ognor!
Ma nel grigior del tempo
svaniscono gli ardori
come appassiti fiori
che non odoran più! ….
La vita
Vita! …cos’è la vita? …
Un tempo posto in mezzo
Tra l’alba ed il tramonto,
un sogno che svanisce,
una comparsa al mondo.
Ogni speranza è vana
Come pur vano è tutto;
e se talor pervieni
ad una meta cara,
vedi destin fatale,
di già si appressa il limite
segnato da una bara! …..
A Napoli
O terra benedetta che bacia l’onda
d’italo mar che Tirren s’appella,
che cielo e clima rendono feconda,
tu sei la più cara e la più bella.
E quante volte all’ombra di Vesevo
menai l’amorosa mia fanciulla,
e quante cose belle rivedevo
in te, magna città della mia culla.
Dall’Alpe me rivive la speranza
di rivedere ancora tanto mare,
godere dei giardini la fragranza,
esser felice, vivere ed amare.
Ma se vorrà colpirmi il ferro fero
di Marte, infame troncator di vita,
d’esser nato in te andrò altero
Napoli santa, bella ed infinita!
Campane a
sera
Già
cade malinconica la sera,
le
ultime foglie morte vanno al vento,
una campana invita alla preghiera
con
suono grave, tedioso, lento.
Mi
scuote e mi spaventa questa voce,
che par
che dica: un altro giorno ha fine;
vedo
confusa l’ombra di una croce
che si
delinea sulle mie colline!
Com’era
dolce un dì l’Ave Maria,
l’altro
richiamo della mia chiesetta,
quando non c’era la malinconia,
quando
la vita non passava in fretta.
Era di
pace il suono apportatore,
era di
sprone al santo mio avvenire,
e
suscitava buoni entro il mio cuore
i
sentimenti verso l’imbrunire.
Or sono
passati gli anni e sfiduciato,
sotto
l’impero della mia tristezza,
vado vagando solo, abbandonato,
senza speranza, verso la vecchiezza.
Già cade malinconica la sera,
e mentre che la mesta bronzea voce
invita ancora all’ultima preghiera,
vedo distinta l’ombra della croce!
A mia madre
(*)
Tu, che
in cielo eterna sei
con Dio
e con i Santi, o madre mia,
deh,
volgi lo sguardo e guarda i rei,
le
sciagure dei mortali e l’alma mia.
Ti
giunge tutta la preghiera ardente
che
ogni sera fervida t’invio,
e
l’appello che con cuore e mente
faccio
all’amor tuo, alla pietà di Dio?
Non
vedi com’è pallido il mio viso
e
questo cuore che sussulta e geme?
O madre
che già godi il paradiso
almen
m’infondi la perduta speme!
E’
parte di te stessa che t’invoca,
soffristi tanto a rendermi la vita,
or che
son lasso e la mia voce è fioca
in mio
soccorso il Signore invita!
II
Quando
silente viene giù la sera
e tutto
avvolge con l’opaco manto
sento
venir dal cuore una preghiera
e gli
occhi mi si velano di pianto.
Ed è in
quest’ora di malinconia,
che più
rattrista il cuore d’un poeta,
volo
pensando alla casetta mia,
e vi
ritorno con amor di asceta.
O
quanto te desidero quiete
delle
mie vecchie mura abbandonate,
ed
ombre dei ricordi mie discrete
che
all’ora del tramonto ritornate!
E’
l’ora che in te tutto si tace:
dormono
i figli nella fredda stanza,
piange
la mamma non trovando pace
che ci
separa la crudel distanza!
(*) composta al fronte 1917
Per una
mammola
Violetta delicata, fiore
pudico,
tu m’ài recato col silvestre
aroma,
con il ricordo del mio tempo
aprico
come un richiamo all’anima
non doma.
E m’ài portato lieve come
brezza
il caro accento della donna
mia,
che mi ha sfiorato come una
carezza
facendomi soffrir di
nostalgia.
Già sei tornata nel tuo regno
verde
foriera della nuova
primavera,
all’ombra della selva in cui
si perde
l’eco di canti e trilli in su
la sera.
………………….
Oh mammola gentile,
disseccata,
tu resterai qual pegno del
suo amore,
sul cuore mio ti terrò
serbata
per lenimento del mio gran
dolore!
Preghiera
Al ciel
si innalza, serenamente e puro,
in
dolce ascesi l’animo pacato,
e trovo asilo in te, porto sicuro,
io povero deluso e tormentato.
Oh, quanto mi conforta questa fede
che ancor mi fece un tempo ritornare,
partecipe alle grazie di chi crede
e trova il tuo conforto nel pregare!
E nei momenti tristi dell’orgasmo
che mi sconvolge e tanto mi addolora,
sol se t’invoco ha termine lo spasmo
di questo petto che la pace implora.
Madonna del Cavone, mia salvezza,
che sei la fonte del più puro amore,
disperdi ognor, regina di dolcezza,
la pena amara che si aduna in cuore! ….
Così la mia vita
Alla finestra mia c’era un fiore,
la pianticella vizza, il gambo storto,
viveva sol di sole e di tepore,
ma pur quel fiore m’à lasciato: è morto.
Tenevo meco solo un cagnolino
che avevo accolto un giorno, abbandonato,
forse seguendo il triste suo destino,
trovando l’uscio aperto se n’è andato.
Conobbi una fanciulla, e già l’amavo,
quanti progetti! E li serbavo in cuore,
ma quando mi decisi e le parlavo
mi disse che sposava un gran signore.
A una chiesetta antica mi recavo
di tanto in tanto ad implorar un Santo
ma il vecchio taumaturgo che pregavo
me lo distrusse la candela accanto.
Or m’è rimasto un posto al camposanto
Dove riposa in pace mamma mia,
il povero mio cuore e qualche canto
che ancor mi fa sentir la poesia.
(sul motivo di ‘Son tornate a fiorire le rose’)
Gioie nuove
I
Son tornate al mio
cuore le gioie
dei prim’anni di mia
gioventù’,
son fuggite per
sempre le noie
del ricordo d’un
tempo che fu;
Questi baci non sono mendaci
come quelli del triste tuo amor,
questi cari suoi amplessi tenaci
non
daranno domani il dolor.
Ah! Come l’alma gentile
Sogna le sere beate;
come viole d’aprile
le
chiome dorate
àn
profumo per me! …..
II
Questa
speme creduta finita
pel
dolore nel giovine cuor
è
ancora all’amore fiorita
forse
più sacrosanta d’allor.
Queste gioie mi
fanno felice
più di quando
fremevo per te,
questa donna
all’inganno non lice,
l’alma sua ha votata
per me.
Ah! La sua voce
gentile
quanto mi rende beato;
come augelli
d’aprile
il suo labbro fatato
si schiude per me!
……
No ……
come in giorni passati
singhiozzi frenati non tornano più! ….
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