Una "sacra rappresentazione", con due personaggi che parlano fra loro, indicati dai relativi nomiCampana eretico: Guglielmina e Manfreda al balcone
Paolo Pianigiani
Basta sfogliare un libro che parla di eresie e queste due figure misteriose (di Manfreda e di Guglielmina), fra le poche ad avere un nome, fra i personaggi che compaiono nelle opere di Dino Campana, acquistano subito densità storica e si diffonde nell’aria odore acre di roghi e di Sante Inquisizioni.
(1.09.2004)
Tutto o quasi è stato detto sul poeta di Marradi, ma che nelle sue poesie abbia parlato di eresia non l’aveva ancora detto nessuno. Almeno che io sappia. Due poesie del Quaderno (contenente testi autografi di Dino Campana, ritrovato in un baule dal fratello del poeta, Manlio, e pubblicato da Enrico Falqui nel 1942), contraddistinte dai numeri XIII e XXVI, (e non può essere un caso che il numero 13, numero eretico per eccellenza, si ripete due volte), parlano di due personaggi femminili, Guglielmina di Boemia e Manfreda da Pirovano. Dino Campana (clic sull'immagine per ingrandire)
Basta sfogliare un libro che
parla di eresie e queste due figure misteriose, fra le poche ad
avere un nome, fra i personaggi che compaiono nelle opere di Dino
Campana, acquistano subito densità storica e si diffonde nell’aria
odore acre di roghi e di Sante Inquisizioni.
La Papessa dei Tarocchi dei Visconti
La carta della Papessa,
appartenente ai celebri tarocchi Visconti, realizzati nella prima
metà del ’400, su probabile commessa del duca Filippo Maria
Visconti, per le nozze della figlia Bianca Maria con Francesco
Sforza, secondo alcuni sono un ricordo e un omaggio della famiglia
Visconti alla sfortunata suor Manfreda Visconti da Pirovano.
Guglielmina e Manfreda al balcone
1. Eccoci sole davanti al mistero notturno. La luna
La poesia è percorsa
da una profonda tristezza, che prende origine addirittura dal primo
mattino del mondo, quando Venere è sorta dal mare con il sorriso già
pervaso di dolore, presaga del destino degli uomini e delle donne.
La luna, triste come Venere, illumina il balcone e la notte, velata
di lacrime e di bruma. Unica speranza che rimane, motivo di dolcezza
infinita per le due protagoniste, il battito esausto (stanco) dei
loro cuori, che continuerà per la notte dei tempi a ricordare agli
uomini il loro sacrificio estremo.
13. Pure è dolcezza infinita sentire la stanchezza I due esausti cuori, quello bruciato vivo di Manfreda e quello oltraggiato "post mortem", di Guglielmina, ardono ancora e lo faranno per la notte dei tempi, come sacrificio (estremo, sul rogo) all’anima del mondo, insaziabile. L’anima del mondo non può essere che la religione, che nei suoi momenti oscuri di accanimento contro i suoi nemici, veri o presunti, è stata, assolutamente, insaziabile.
Dino Campana e Sibilla Aleramo insieme al Barco (Fiorenzuola) nel 1916 Le figlie dell’impiccato MANFREDA 1. Due forme ho già viste aggirarsi 15. 1. - La monaca trista si voltolò in terra 20. 2. - O regina salvatemi, o regina io mi dono, GUGL[IELMINA] 23. Sei come notturna acqua canora 44. 3. - Le vostre parole sono come luce di stella
dolce e lontana 49. Alzati e guarda la luna Varianti: V. 23: var.: "Come l’acqua purissima e canora"
Processo per Inquisizione Note: Si tratta di una "sacra rappresentazione", con due personaggi che parlano fra loro, indicati dai relativi nomi. Qualcosa di simile, ma con personaggi romani ed egizi, al testo, sempre appartenente al Quaderno, designato dal numero 17 e dal titolo: Convito romano egizio. Manfreda racconta di aver visto le due figlie dell’impiccato, così designate dal titolo, aggirarsi sotto la forca. Si comportano in maniera diversa, come i due ladroni ai lati di Gesù Cristo: una geme e piange, l’altra bramisce e impreca. La visione drammatica provoca in Manfreda un grido, che si perde nel nulla. 1. Quindi descrive la scena di una monaca "trista", indemoniata, che continua la visione drammatica precedente. 2. Manfreda chiede aiuto a una regina, donandosi a lei e implorando di essere coperta dal manto regale. Il manto protettivo è attributo tipico della Madonna, rappresentato in molte opere di pittura, basti per tutte quella della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca. Guglielmina risponde, rivolgendosi alla sua "erede", con parole intrise di misticismo poetico. Parla della sua missione, che è quella di salvare ancora il mondo, grazie a lei Cristo è tornato sulla terra e parla attraverso la sua bocca. Per volontà del padre è venuta a promulgare il "terzo regno", quello dello Spirito Santo profetizzato da Gioacchino da Fiore. Sono a mio parere da preferire le varianti citate dal Falqui: V. 26: var.: "per spegner la tua sete". V. 27: var.: "Io ti do una novella:" Che danno un senso logico allo sviluppo della scena, dove Guglielmina risponde a Manfreda. Naturalmente l’attributo "regina del celo" e altra definizione tipica della Madonna. 3. Manfreda
Risponde alle parole della
visione, dicendo che fin da bambina una luce di stella, di cui non
comprendeva il significato, l’ha illuminata, e le parole che ha
udito sono come quella luce. Dice di non essere forse degna,
riferendosi evidentemente all’investitura (sostituzione di
Guglielmina sulla terra). Una linea di punti, tipica in Campana
quando il poeta crea un passaggio fra due scene, interviene a
interrompere le parole di Manfreda.
|