Quanno nascette Ninno a Bettalemme
era nott’e pareva miezojuorno
ma le stelle-lustre e belle
se vedettono accossì…

(Sant’Alfonso Maria de’ Liguori)

 

Francesca Santucci


Il Museo del presepio di Dalmine

Presepe siciliano donato al Museo da S.S Giovanni Paolo II

Io faccio il presepio perché quando avevo i figli piccoli lo facevo…Sapete era un’allegrezza…Ed anche adesso che sono grandi, io ogni anno debbo farlo…Mi sembra di avere sempre i figli miei piccoli…Sapete…anche per religione…È bello fare il presepio.
È così che si esprime sul presepe  Eduardo De Filippo attraverso il personaggio di Luca, nella sua famosa commedia “Natale in casa Cupiello”, legando   subito indissolubilmente il fascino del Natale e del presepe  al significato religioso, con la nascita del Bambino, e al mondo magico dell’infanzia, perché il Natale è davvero la festa più piena di poesia e la poesia risiede proprio nel mistero del divino che si fonde all’umano, nella nascita dell’Essere divino ed umano allo stesso tempo.
La rappresentazione della scena della Natività ha origini antichissime  e  si è sempre fondata sullo schema primitivo della grotta o  della capanna, con la Sacra famiglia, il bue e l’asinello, alla quale poi, nel tempo, si sono aggiunti tutti gli altri elementi.
Sia a livello artistico sia a livello artigianale la produzione del presepe è sempre stata molto fiorente in Italia, dando origini alla caratterizzazioni regionale che, ciascuna a suo modo, ha interpretato il mistero della Natività. Anche nelle famiglie, ancora oggi, resta intatto la tradizione del presepe  che, da solo o affiancato all’albero, proprio non può mancare nelle case.
A Dalmine, precisamente a Brembo,  in provincia di Bergamo,  esiste Il Museo del presepio, voluto fortemente da Giacomo Pezzoli. Questo signore  da ragazzo era apprendista intagliatore, ed in generale amava scolpire il legno, poi entrò in seminario e diventò prete; memore della passione giovanile per l’intaglio e il legno, ma anche desideroso di sensibilizzare i suoi parrocchiani al valore religioso, storico ed artistico del presepe,  nel 1966 fondò la sezione Amici del presepio e nel 1974 inaugurò il “Museo permanente del presepio”, realizzando personalmente presepi e ambientazioni in gesso o polistirolo.
Il Museo è collocato in un capannone di 1200 metri quadri, con un archivio, una biblioteca, una fototeca e una nastroteca che documentano la storia del presepe, e raccoglie opere  donate da privati  e da artisti viventi, provenienti da ogni regione d’Italia, ma anche dall’estero: infatti recentemente si è arricchito dell’ opera di una giapponese.
A  questo Museo hanno offerto la loro opera di restauro anche Antonio Greco e i suoi tre figli di Castellammare  di Stabia, napoletani che l’arte del presepe  possono ben dire d’averla nel sangue, considerata la grande tradizione di cui può andar fiero il popolo partenopeo.
Il Museo raccoglie vari presepi regionali, innanzitutto quello bergamasco, con lo sfondo del tipico paesaggio orobico, della sua pianura disseminata di rustiche cascine, con l’aia, il cortile, lo spiazzo. L’arte presepiale nel bergamasco è sempre stata molto diffusa, a partire dal ‘700, spesso con la collaborazione dei conventi di clausura, con  l’opera di una suora responsabile detta “reliquarista”.

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Presepe ambientato in una cascina bergamasca

 

Presepe ambientato in una cascina bergamasca (particolare)

 

Presepe  ambientato in una cascina bergamasca (particolare)

Fra i tanti troviamo il presepe dell’800 inserito in una stella a otto punte e,  in tempi più recenti, a partire dagli anni ’80, uno in biscuit con personaggi pensosi, un mini presepe in conchiglia, ed uno storico- archeologico con la riproduzione fedele delle scene di vita e dei costumi  del tempo di  Gesù.
Ben rappresentati nel Museo del presepio sono poi quello pugliese, con statue in pietra  in terracotta e in cartapesta, tecnica quest’ultima, tipica pugliese;  quello siciliano, con  la presenza di un presepe musicale, di un altro in cui  si cerca di coniugare l’ambientazione del nord e del sud, ora  la masseria siciliana, ora la cascina bergamasca, e molti altri in cui è evidente la tecnica tipicamente siciliana del cachert, che consiste nel fissare con molta colla le pieghe degli abiti in tela.
Presenti anche il presepe  ligure, con Natività dai tratti tipici dell’ambiente ligure, come i famosi “machachi d’Arbissoa”, figure rozze, ma affascinanti; quello calabrese, con la presenza  della coppia che balla la tarantella e persino del brigante; del sardo, con Gesù che nasce tra i nuraghi e i pastori della Barbagia; il piemontese  in  cartapesta,; quello del Trentino e del sud del Tirolo che risente degli influssi austriaci e tedeschi, e persino il presepio elettronico, con statuine in terracotta  e  cartapesta approntato anche con l’aiuto di ignoti amici del Museo.
Naturalmente non poteva mancare il presepe  napoletano che ha alle spalle una storica tradizione. Ben rappresentato è quello del ‘700, con una costruzione, di autore ignoto, di grandi dimensioni, con 79 personaggi e 32 animali, inseriti tra le piazzette, nelle botteghe, negli interni delle case, con  un’accurata rifinitura degli abiti e una precisa attenzione ai particolari, in rappresentazione  allegra e festosa , com’è da sempre peculiarità del popolo napoletano, che mescola insieme sacro e profano, ma che nulla toglie alla sacralità della rappresentazione.