Lettera di un condannato

a morte

 

La lettera trascritta è tratta dalla pubblicazione in due volumetti,"Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana", che raccoglie le lettere di partigiani e patrioti  arrestati dai fascisti e dai nazisti, e tutti  poi giustiziati, che si congedavano così dai loro cari.
Sono tutte  estremamente commoventi (e come potrebbero non esserlo?), di persone
(soprattutto  uomini ma anche tante donne) consapevoli di andare incontro a morte certa, eppure mai vi sono parole di odio, di rabbia, anzi, ciò che colpisce, oltre ai commiati dalle persone care, sono proprio le parole di speranza che non si stancano di  pronunciare  ed i pensieri di pace che continuano a proclamare.
Mi ha colpita particolarmente questa lettera perché l'autore è un ragazzo, ma già così uomo per la determinazione con cui afferma i valori in cui crede, uno studente di soli 24 anni che, dal chiuso della sua cella  ( che  già è tomba), dalla quale uscirà solo per essere fucilato, nell'inferno che ha vissuto, dall'inferno nel quale vive, ancora spera nella pace e  trova la forza di di augurare Buon Natale e di chiedere perdono alla sua mamma  per il dolore supremo che le causerà.

 

 

Giuseppe Pelosi (Peppino)

Di anni 24- studente in ingegneria- nato a Brescia il 24 ottobre 1919- Sottotenente di Fanteria- nell'autunno del 1943 organizza le prime formazioni delle Valli Trompia e Camonica (Brescia)- con un gruppo di partigiani da lui guidati scende a Gardone e con un colpo di mano si impadronisce delle armi dell'armeria Beretta- torna a Brescia dove lavora per una più salda organizzazione armata- Arrestato il 14 dicembre 1943 a Lovere (Bergamo), su delazione, ad opera di elementi delle Brigate Nere- più volte torturato- Processato nel gennaio 1944, dal Tribunale Militare tedesco di Verona, quale organizzatore e comandante di bande armate e per intelligenza con il nemico- Fucilato il 16 marzo 1944 al Forte Procolo di Verona.

Brescia, 23.12.1943

Mammina adorata,

dalla solitudine della mia cella, nella speranza che giunga in tempo, mamma, ti mando l'augurio migliore che cuore di figlio può formulare. E buono ti sia il Natale 1943.
E buono sia al papà amatissimo, alle sorelle, ai cognati ed ai nipotini. Sia un Natale di pace anche se imperversa la bufera, anche se non con voi lo potrò trascorrere. Nella mia cella io pure lo vivrò in stretta in intima comunione con tutti voi. Lo vivrò come ho vissuto gli ultimi Natali lontano ma sereno per la coscienza tranquilla, ma con la pace che Iddio Santo e giusto dona agli uomini di buona volontà.
Mammina adorata, certamente tu sai che sono qui in carcere e sai che non per furto né per altra cattiva azione mi ci trovo, ma solo perché la mia coscienza di ufficiale del Re, di italiano, non mi ha permesso di piegarmi al disonore di divenire spergiuro. Altre accuse mi si fanno che però non possono menomamente ferirmi perché basate sul nulla. Sono già dieci giorni che passo nell'attesa che mi si voglia interrogare. Quanti ne passeranno ancora? Non so.
Io mi auguro che presto mi facciano sapere la mia sorte, ma pure con la massima calma e fiducia attendo.
Intanto dolente di doverti recare tanto dolore, ti prego se puoi sostenermi sempre con una parola buona, giacché tu puoi scrivermi anche tutti i giorni. Inoltre se puoi far pervenire alla Direzione delle carceri una piccola somma, qui mi sarebbe dato di poter fare degli acquisti di minuto mantenimento: sigarette, latte, patate che migliorerebbero un poco la pagnotta e minestra di verdure che danno. Inoltre il martedì di ogni settimana mi puoi mandare dei viveri tu e il sabato gli oggetti di biancheria per cambiarmi. Per Natale, se sei ancora in tempo, mi puoi mandare un pacco non superiore a kg. 3 di viveri.
Mamma adorata, mammina perdonami, ogni dolore, ogni disturbo che ti reco e ricevi mille e mille bacioni dal tuo

Giuseppe

Salutami affettuosamente papà, sorelle, cognatine e nipoti. Un saluto a quanti si ricordano di me. Buon Natale.

 

(da Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana- a cura di P. Malvezzi e G. Pirelli, l'Unità, vol.II)