Un Natale senza ricordi
di Gordiano Lupi
Da tempo lo
sento nell’aria che è di nuovo Natale. Amore e
ipocrisia s’incontrano in queste rigide mattine d’inverno. Regali e falsi
sorrisi sono il filo conduttore di un’abitudine. Proprio ciò che non
sopporto. Mi sveglio al
suono delle campane, che chiamano a raccolta un popolo di frati in saio
marrone e suore vestite di nero.
La mia camera si affaccia sul mare. Un mare calmo, scolpito dalla
tramontana e riscaldato dal pallido sole di dicembre.
Finalmente sono fuori dal riformatorio, anche se non posso dirmi
completamente libero. Il giudice mi ha affidato a questo maledetto
istituto di preti, dove tutto pare ricordarmi il passato. Mi hanno dato
cinque anni e sono ancora qui a scontarli. Tutto perché un tipo vestito di
nero si era messo in testa di farmi pentire di chissà quali peccati.
Voleva farmi conoscere il suo Dio e pretendeva che almeno per Natale
entrassi nella sua chiesa. Non mi sono mai pentito di niente in vita mia.
Neppure di aver accoltellato quel maledetto prete. Tanto più che non è
neanche morto. Ha sofferto solo un po’, sanguinando e lamentandosi come
una femminuccia.
Ma non è tempo di ricordi, anche perché mi fa male pensare al passato. Mi
cambio e scendo a piano terra, dove consumo un pessimo caffè e comincio ad
affrontare questa brutta giornata. I ragazzi sono al
campo a giocare, in attesa di essere chiamati per la messa. Io non mi
confondo con il resto del gruppo, perché non ho mai avuto molto a che
spartire con i ragazzi della mia età. Meno che mai qui, visto che mi trovo
in compagnia di orfani, trovatelli e zingari abbandonati. Mi costerebbe poco
cominciare a fare un po’ di pulizia tra tutta questa spazzatura umana. Nessuno verrebbe
certo a reclamare. Ma non posso. Ho
deciso di star buono, perché voglio uscire da questa galera. Una volta
fuori ho tante cose da fare.
Per oggi l’unica cosa che conta è evitare i ricordi e non è facile in
questo posto… Tra breve avrà inizio la messa del mattino. Sarebbe
obbligatoria, ma io riesco ad evitarla da quasi un anno e la scamperò
anche oggi. Soprattutto oggi. Esco dal refettorio ed un sole tiepido
accoglie miei pensieri.
Una mano mi ferma, trattenendomi per la cintura.
“Dove credi di andare?”
Uno di quei maledetti preti. Non sa cosa rischia.
Per sua fortuna ho deciso di star buono.
Mi ripete: “Dove stai andando? Vai a prepararti per la messa di Natale”.
Ancora questa storia del Natale. Sembra che non si debba pensare ad altro.
Ti assicuro che non andrò a nessuna fottutissima messa di Natale, caro il
mio prete. Una violenta pedata al basso ventre accompagna il pensiero. Il
mio interlocutore cade a terra privo di respiro. Scappo via veloce, mentre
un gruppo di frati mi insegue. Non mi farò prendere, perché nessuno oggi
mi porterà in mezzo a quell’odore d’incenso.
Corro rapido per la discesa che porta al mare.
Il mare d’inverno. Bello e tragico al tempo stesso. Il mare che porta i
miei passi lungo i rifugi di sempre. Adesso sono al sicuro, tra cabine
logorate dal tempo e macigni scolpiti dal vento di libeccio.
I frati hanno smesso di seguirmi, anche perché i loro calzari non riescono
ad avventurarsi per i sentieri scoscesi che portano alla spiaggia.
Sono nuovamente solo e guardo il mare.
Spuma biancastra lievemente mossa da un gelido vento di tramontana. Voli
di gabbiani che stridono nel silenzioso inverno. Starò qui tutto il
giorno, al riparo dai miei stessi pensieri che si affacciano prepotenti
alla memoria.
Ma i ricordi tornano, come ospiti indesiderati e sibila ancora un colpo di
pistola, lontano come un vento dimenticato.
Mi fa male pensarci e mi torna la voglia di uccidere, anche se ho giurato
di non farlo. Almeno per ora.
Proprio dietro questa spiaggia fatta di scogliere c’è la tomba di mio
padre. Maledetto Natale. Maledetti ricordi.
Non mi porteranno in chiesa a Natale. Se devo dire una preghiera
silenziosa posso farlo solo su quella tomba.
Mi siedo su uno scoglio ed offro il mio volto al vento gelido che viene
dal mare. I riccioli neri che mi cadono sugli occhi nascondono una
lacrima. Ma adesso posso anche piangere, perché qui nessuno può vedermi.
Il pensiero della tomba di mio padre si fa insistente.
Mi alzo e come spinto da un desiderio a lungo represso mi dirigo verso la
rete di recinzione, che separa il convento dal cimitero. Sono sempre stato
bravo a superare gli ostacoli e la vita me ne ha fatti trovare molti sul
mio cammino.
Questo non è dei peggiori.
In breve tempo sono di là dal muro, dove mi accoglie una fila di cipressi
ed un prato trapuntato di croci.
Tutt’attorno c’è odore acre di salmastro, frammisto a vento di mare. In
lontananza solo un panorama di ciminiere, palazzi cadenti e povere case di
pescatori.
Intorno a me solo vento e ricordi.
Mi muovo circospetto. Non vorrei che qualcuno di quei maledetti preti mi
avesse seguito sin qui.
D’un tratto scorgo la sua foto sbiadita sulla pietra di marmo.
Rivedo anche un bambino di cinque anni davanti alle scalinate di una
chiesa e mio padre che fugge. Ricordo la vigilia di un fottutissimo
Natale, con il solito copione di gente impegnata a fare doni e a comprare
di tutto. Noi avevamo fame, non mangiavamo da giorni. Mio padre era
disperato e in chiesa c’erano le offerte a portata di mano. Dio avrebbe
compreso, mi disse, perché noi avevamo bisogno di quel denaro.
Lo vide quel maledetto prete e cominciò a gridare.
Uno sparo, poi un sibilo nel vuoto ed un poliziotto vicino a mio padre,
che aveva il volto per terra. Io piangevo, ma lui non voleva saperne di
alzarsi.
Maledetto prete e maledetto Natale.
Tolgo un fiore da un vaso e lo appoggio sulla terra bagnata, proprio sotto
la foto sbiadita.
Mi adagio vicino alla tomba e mi addormento accanto a lui, come quando ero
bambino.
Questo Natale lo passeremo insieme, vecchio mio.
Mi desta un rumore di passi.
Ho dormito, nonostante il freddo e l’umidità, non so neppure io per quanto
tempo.
“Vieni con noi”, mi dicono.
Sono loro, i preti. E mi hanno trovato.
“Non verrò più da nessuna parte”, rispondo.
Colpisco con un pugno al volto il primo frate che mi si presenta davanti.
Cade. Estraggo il mio coltello.
Da quanto tempo non ne facevo uso…
Adesso è il momento di ricominciare.
Leggo lo spavento nei volti di quei maledetti preti.
Sono in cinque ed uno è a terra dolorante.
Adesso posso terminare la mia vendetta.
Allungo la mano per colpire. Vedo del sangue uscire da una ferita, poi
sento un sibilo. Un fischio nel vento, che pare viaggiare nel tempo, da
una strada di tanti anni fa. Vicino al cancello del cimitero scorgo la
sagoma di un poliziotto. Svanisce lentamente nella luce di questo freddo
mattino. La testa mi scoppia e un dolore caldo si diffonde nel petto. Il
mio corpo si adagia sull’erba bagnata, accanto alla foto di mio padre, in
bianco e nero, come i miei pensieri. Finalmente un Natale senza ricordi e
noi due nuovamente insieme, come tanti anni fa.
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