Mi chiamo Margherita e sono una signora “di
mezza età”, il che vuol dire che mi trovo anagraficamente in
quell’età di mezzo nella quale di solito si diventa nonni o lo si è
già da qualche anno. Anch’io, come tante appassionate di bambole,
amo collezionarle ed ammirarle un po’ ovunque. Questa antica
passione risale ai tempi della mia prima infanzia, quando i
giocattoli erano pochi e l’occasione per riceverli era solo per la
festa dell’Epifania, e molti bambini dell’epoca non li ricevevano
nemmeno in quella circostanza! Sì, era la Befana che all’epoca portava “doni
ai bimbi buoni” e quelli, per chi ha vissuto come me quegli anni e
se li ricorda, erano i tempi dei giocattoli di latta o di legno.
Chi come me, ha superato infatti il mezzo
secolo di vita, ricorderà anche le bambole che c’erano negli anni
’50: di celluloide, con i capelli modellati nello stampo stesso, o
in cartapesta, con gli occhioni spalancati, le sopracciglia arcuate,
bocca rossa a cuore e smalto vermiglio sulle unghie. Solitamente
queste bambole, che avevano parrucche molto elaborate, piene di
boccoli e riccioli incollati alla testa, indossavano vestiti
spagnoleggianti, ricchi di rouches e volants. C’era la
consuetudine a quei tempi, sicuramente lontanissimi dallo sfacciato
consumismo dei nostri giorni, di conservare con grandissima cura
queste bambole dai tratti a volte inquietanti, per cui, o venivano
gelosamente riposte quasi subito nella loro scatola e collocate in
alto sugli armadi, al riparo dalla polvere e da… manine infantili, o
venivano esposte, orgogliosamente esibite, col vestitone allargato a
cerchio, al centro del letto matrimoniale, secondo un’antica
tradizione. A me, a dir la verità, questo tipo di bambola non
piaceva molto, ma a quei tempi questo c’era… almeno per me.
Poi, agli inizi degli anni ’60 arrivarono, o –
meglio – arrivarono alla mia conoscenza, bambole per me nuove, di
morbido vinile, un materiale che nulla aveva a che vedere con la
dura celluloide o con la fredda cartapesta. Ricordo che imparai a
conoscere marche come Furga, Migliorati, Italocremona, Ratti, ecc. E
fu amore a prima vista! Le prime bambole che ammirai con vivo
stupore per il realismo con cui erano state realizzate furono i
gemellini Andrea e Poldina della Furga, su scultura del prof.
Fulgido Arpaia. Un amore profondo per quei due “bimbi” e per tutti
gli altri che seguirono. Ma… io ormai ero diventata “grande”. Avevo
circa dieci anni e, avendo fratellini più piccoli di me, dovetti,
mio malgrado, ingoiare come un boccone amarissimo la decisione presa
dai miei genitori, di non regalarmi più bambole, ma solo “regali
utili”. Che grandi lacrime versai di nascosto quella mattina
dell’Epifania, quando sotto il camino, al posto della sognata
Poldina della Furga vi trovai una scatola di compassi, il
goniometro e un twin set in lana tipo Sandy del film “Grease”! Per
me, secondo mio padre e mia madre, era finita l’età delle bambole. Quanto si sbagliavano! Il mio amore per le
bambole è oggi più profondo che mai. Le adoro letteralmente,
ordo marche cone Furga, Migliorati,
Italocremona, Ratti, ecc. E fu amore a prima vista!volantsle in
cartapesta, con gli occhi, soprattutto quelle con fattezze da
neonato o da bebé in genere. Ho coltivato per tanti anni questa
passione, sino ad arrivare oggi al mio recente grandissimo trasporto
per le bambole reborn e per tutto il magico mondo che le riguarda. Negli anni… possiamo a questo punto parlare
anche di decenni, ho collezionato un discreto numero di bambole;
possiedo qualche pezzo un po’ più pregiato, ma per il resto si
tratta solo di bambole legate a bei ricordi della mia vita passata;
ognuna di esse rappresenta, infatti, un momento della mia esistenza,
oppure il regalo di una persona a me cara. E questo per me è il
significato più bello che una bambola possa avere!
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