Gli annali familiari della mamma

di Alphonse De Lamartine

La mamma aveva un'abitudine giovanile, quella di raccogliersi ogni sera per un bel pezzo prima di andare a letto, tutta sola, in  braccio ai suoi pensieri, parimenti come fanno i saggi che cercano di porre un intervallo fra la vita e l'eternità. Ogni sera, dunque, quando tutti di casa erano già addormentati-i bambini nei loro piccoli letti accanto al suo- né si sentiva altro per la stanza che il soffio leggero del loro calmo respiro e il vento che sbatteva contro le imposte, e l'abbaiar dei cani nel cortile, ella schiudeva pianamente l'uscio di un piccolo stanzino da lavoro, tutto ingombro di libri d'educazione, di storia, d'ascetismo e, sedutasi innanzi ad un piccolo scrittoio di legno rosa, intarsiato d'avorio e madreperla a disegni di fiori d'arancio, tirava fuori da un cassetto alcuni piccoli quaderni dalla copertina di carta grossa, grigio-scura, come quella dei libri di conti, e su quelle pagine per un'ora o due di seguito scriveva, scriveva sempre, senza levar mai la testa o trattenere la penna nell'attesa o nello studio di un pensiero.
Era quella la storia domestica di tutta la giornata, gli annali, dirò, così, delle ore trascorse, il ricordo passeggero dei fatti e delle impressioni colte a volo, arrestate, durante la loro corsa, prima che la notte le avesse travolte nell'oblio: così ogni data cara o triste, tutti gli avvenimenti domestici, lo sfogo sincero di un pensiero, d'una malinconia, e slanci di riconoscenza o di gioia, preghiere volte fervidamente al Cielo, tutta un'anima, insomma, che riversi su di un foglio gli scatti e le sensazioni più intime della sua natura che osserva, ama gioisce, soffre, benedice, ed invoca, ed adora!




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