Una serata di gala a Bruxelles
(le impressioni di
e
su
Charlotte Brontë)
Una testimonianza diretta dell’impressione
che Charlotte Brontë doveva produrre nel
1843 a Bruxelles
su coloro che la vedevano per la prima
volta ci viene dalle parole di Mia
Kerckwoorde, la biografa di
quella Luisa d’Orlèans che fu regina del
Belgio nella prima metà dell’Ottocento e
seconda moglie del re
Leopoldo I.
(1)
Il testo di queste pagine (223-24) da me
tradotte dall’olandese, ci riporta
esattamente queste parole:
‘La
giovane Charlotte Brontë ha fatto al re
Leopoldo l’impressione di essere un po’
fuori dal mondo.
Miss Brontë è la figlia di un pastore dello
Yorkshire. E’ domiciliata presso il
pensionato Héger e fa
parte della piccola colonia di inglesi a
Bruxelles’. Nella stessa pagina la
biografa Kerckwoorde
riporta poi le impressioni vivide dei
sovrani che a sua volta la mente di
Charlotte registrò fedelmente
per noi lettori una decina d’anni dopo nel
capitolo ventesimo di
Villette. La nostra Charlotte, durante
il suo soggiorno in terra straniera, aveva
infatti partecipato quella sera del dicembre
1843
(2) ad un
concerto di gala per gli allievi del
conservatorio avendo modo d’incontrare per
la prima volta i reali
del Belgio e di osservarne gli
atteggiamenti. Cito ancora le parole della
già nominata biografa belga:
‘Ella (C.B.) non ha mai visto sinora un
re e sembra affascinata. Ne è pure delusa’.
Segue quindi la
descrizione dell’aspetto e del carattere dei
sovrani, ripreso quasi completamente dal
testo inglese
di
Villette.
La versione olandese e, di
conseguenza, quella italiana tradotta da
questa lingua sortiscono su noi
lettori un effetto completamente diverso da
quello prodotto dal testo inglese di questa
pagina di
Villette (3): le parole sono più incisive, quasi taglienti, ed
arrivano subito allo scopo, che è poi quello
di evidenziare i moti dell' animo dei
personaggi attraverso il loro modo di porsi.
Riporto di essa ancora
la mia traduzione:
‘…il re era cinquantenne, leggermente chino
in avanti e con le tempie grigie. Non
c’erano visi che possano reggerne il
paragone. I suoi occhi tondi, le
sopracciglia e la bocca erano
incavati spontaneamente come con uno
stiletto. Lì sedeva qualcuno che sopportava
il dolore in
silenzio, un uomo nervoso e malinconico.
Alcuni dicono che questa strana corona è ciò
che gli
pesa fino a raggrinzirlo penosamente.
Altri vedono in ciò la conseguenza del caso.
Ma può darsi
che vi siano ambedue e che da esse emerga
una malinconia innata. La regina era a
conoscenza
di ciò. Mi sembrava quasi il riflesso
del suo dolore, un’ombra lieve posta su un
viso bonario e
amichevole. Ella mi sembrava una donna
gentile, ponderata, graziosa. Era molto
snella. I suoi
tratti, sebbene assai signorili,
ricordavano le dinastie regnanti e
lineamenti regali autentici e
gradevoli. Essi erano anche piacevoli a
prima vista. Lo sguardo della regina emanava
bontà,
compassione e una tranquilla
comprensione. Ella non si muoveva
principescamente ma come
una signora affabile, amabile ed elegante.
Il figlioletto le stava vicino appoggiato al
suo ginocchio.
Nel corso della serata ella guardava ogni
tanto dalla parte del monarca, intenerita
dal suo aspetto
corrucciato. E in quel desiderio di
risvegliarlo, ella ne richiamava sul
bambino, chinava il capo per
ascoltare le parole del figlio e le ripeteva
di tanto in tanto dinanzi a lui con un
sorriso. Il re di umore
mutevole ascoltava, sorrideva e si
reimmergeva sempre nella sua tristezza non
appena il suo buon angelo
smetteva di parlare. Quanto era triste
quello spettacolo!’
Le parole di Charlotte nella loro versione originale
appaiono pervase di considerazioni che la
lingua olandese
sorvola e non traduce rendendo, secondo me, la
pagina più realistica ed immediata. Ci
sembra quasi di vedere,
attraverso una descrizione così attenta questo re
invecchiato anzitempo e sostenuto da una
consorte più che
sollecita tesa a salvaguardare la sua immagine
pubblica. Ma la biografa belga ben comprende
lo stato d’animo
di Charlotte in quanto, come viene da lei
sottolineato, l’acuto spirito di
osservazione della nostra autrice trova
rispondenza nella sua stessa sensibilità
consentendole di trasferire sulla carta le
proprie sensazioni. La pagina
della Kerckwoorde si conclude infatti con queste
parole: Charlotte dovè senza dubbio dolersi
dopo essere
stata a guardare con attenzione perché in tutta la
sua gioventù ella aveva provato proprio le
sensazioni della
famiglia reale più profondamente di chiunque altro.
MADDALENA
DE LEO
(1)
Kerckwoorde Mia, Louise-Marie van
Orlèans – Het vergeten leven van Louise-Marie,
eerste koningin van België, Lanoo, Belgium.
(2)
Gérin Winifred, Charlotte Brontë, the
evolution of genius, O.U.P., 1967, p. 251
(3)
Brontë Charlotte, Villette, Dent &
Sons, 1977, pp. 192-3
(pubblicato in ‘Il Notiziario per i
Soci Italiani della Brontë Society, marzo
2000)
|