Mio caro
Professore,
ho
appreso oggi della Sua morte, dal video e quasi per
caso. Che
tristezza sentire che uno studioso come Lei non è più
fra noi in questo mondo ad osservare i comportamenti
strani e spesso balordi di noi poveri uomini.
Apprendere la Sua dipartita, Professore Alfonso Di
Nola, Lei che era sempre così impegnato fra studi,
pubblicazioni ed interventi televisivi, ha lasciato un
vuoto profondo nell’animo di chi come me è stato
parecchi anni or sono Suo studente a Napoli presso
l’Istituto Universitario Orientale perché, anche se il
tempo e le vicissitudini quotidiane hanno allontanato
quegli anni ‘giovani’ della nostra vita, essi ci
vengono poi riproposti, spesso in maniera brutale,
come in questo caso dinanzi ad una tale notizia. Dopo un
primo momento di sbigottimento ho richiamato alla
memoria i ricordi più belli che avevo di Lei ed
inevitabilmente ho ricordato i miei vent’anni, quando
ancora ingenua ragazzina mi accostavo all’Università
con una gran voglia di vivere e scoprire il mondo. Al
primo anno l’esame di Storia delle Religioni, un po’
dietro consiglio di altri studenti, un po’ per
autentico interesse per questa branca della cultura.
Poi le lezioni tenute da Lei, Professore, maestro del
sapere partenopeo che sapeva calamitare l’attenzione
di tanti giovani con discorsi ed esempi sempre nuovi
su argomenti di antropologia che apparentemente
sembravano scontati. Sempre affollatissimo era infatti
il Suo corso, anche se la lezione si teneva di sabato
ed io, come tanti altri studenti, viaggiavamo in treno
da lontano, aggiungendo un giorno in più al nostro pendolariato quotidiano pur di ascoltare le Sue
interessanti parole. Ricordo
anche che poi, una volta terminata la ‘nostra’
mattinata accademica, io e Lei ci ritrovavamo in
stazione in attesa del rispettivo treno ed io La
sbirciavo con curiosità, da lontano, senza che Lei
potesse accorgersi di me visto che non mi conosceva. Quando
poi Lei, Professore, organizzò il viaggio in Abruzzo
nel paesino di Cocullo, della cui festa annuale noi
studenti dovevamo studiare il rito, io La seguii,
anche se ‘in proprio’, riportando così una delle più
belle esperienze della mia allora giovane vita. Si, una
giornata di maggio indimenticabile, una immersione
completa in quella cultura che Lei tanto egregiamente
aveva definito ‘subalterna’ e che in quella maniera
così diretta ci invitava a scoprire. Poi, in
autunno l’esame: che emozione, anche da parte Sua,
quando Le mostrai la bustina con la terra raccolta in
primavera a Cocullo, prova inconfutabile della mia
presenza alla festa dei serpari. Meritai la Sua lode
ma in quel momento mi colpì soprattutto la Sua umanità
semplice e priva di sovrastrutture accademiche. E non
finì lì: durante il mio corso universitario, brillante
e brevissimo, ritornai talvolta ad ascoltarLa
incantata e per anni ho poi seguito sui media quella
che era l’informazione più superficiale sulla Sua
vita, spesso acquistando un Suo libro e notando Suoi
articoli sui principali quotidiani nazionali sino ad
arrivare alla notizia appresa oggi che, in un certo
senso spezza dopo tanti anni quel filo invisibile che
mi legava ancora attraverso Lei ai primi anni
dell’Università. Vorrei
dirLe adesso grazie per ciò che ha dato a noi studenti
d’allora che, ormai quasi tutti insegnanti a nostra
volta, abbiamo ancora Lei come punto di riferimento
nel contatto quotidiano con gli alunni. Non solo
come esperto di storia dell’ebraismo e di religioni,
Lei rimarrà nel nostro e nel mio ricordo per sempre un
maestro di vita.
MADDALENA DE LEO
18/2/1997
|