HUGH, IL NONNO DELLE
SORELLE BRONTË
Non
tutti gli estimatori e gli appassionati
delle sorelle Brontë sono a conoscenza del
lungo iter che precedette l’insediamento
nella canonica di Haworth nel 1820 del loro
padre, il reverendo Patrick Brontë.
Soprattutto si sa poco delle sue origini e
del periodo giovanile che egli trascorse sin
dalla nascita, avvenuta nel marzo 1777, in
Irlanda in un povero cottage di campagna. Lo
scrittore e drammaturgo John Cannon nel 1980
ha approfondito tale aspetto nella vicenda
nell’appassionante libro The Road to Haworth ( New York, The Viking Press, 1980/1981, pp.
139) che, fra l’altro è stato riproposto
ultimamente alla nostra attenzione
attraverso una nuova edizione (The
history of the Brontë family from Ireland
to Wuthering Heights, Sutton Publishing,
2000, paperback). Apprendiamo infatti da
questa lettura molti aspetti per nulla
conosciuti delle origini ‘celtiche’
delle famose autrici: il padre del reverendo
Brontë, Hugh Brunty, era stato
‘adottato’ dallo zio, tale Welsh Brunty,
a sua volta trovato per caso anni prima in
un piroscafo in partenza dal porto di
Liverpool. L’autore del libro sottolinea a
tal proposito questo particolare aspetto
della vicenda, simile all’idea di base che
potrebbe aver dato luogo alla trama di Wuthering
Heights. Hugh
Brunty, secondo fonti accreditate di cui il
Cannon ci riferisce, sarebbe stato un ottimo
cantastorie, colui che con enfasi ed un
pizzico di inventiva riusciva ad attirare un
numeroso uditorio attorno al proprio
focolare o per strada e a far sì che quanto
raccontava fosse ricordato nel tempo, anche
dopo vari decenni. Tali capacità inventive
sarebbero state infatti trasmesse
direttamente al primo dei suoi dieci figli,
quel Patrick che, genitore di Charlotte,
Emily ed Anne, con enorme forza di volontà
e desiderio di elevarsi dalla propria
condizione sociale riuscì a percorrere la
lunga e faticosa strada della cultura. La
grande tenacia l’avrebbe condotto infatti,
nel giro di una ventina d’anni, investito
della dignità ecclesiastica, al traguardo
di Haworth e ad un tenore di vita più che
rispettabile. La
personalità di Hugh Brunty emerge dal libro
del Cannon in maniera singolare. Ben presto
ribellatosi all’autorità del padre
acquisito, il giovane scappò via per
cercare una nuova identità stabilendosi in
quella zona rurale del Nord Irlanda
denominata County Down. Lì riuscì a
trovare lavoro impastando la calce e conobbe
la bella Alice Mc Clory, per la quale provò
un amore a prima vista che lo rese ardito e
rivoluzionario. Sfidò, infatti, per lei
che, a quanto ci viene detto, era cattolica
(1), un altro pretendente e
i vari pregiudizi popolari riuscendo
poi a sposarla contro l’opposizione della
famiglia di lei ed in seguito ad una fuga
d’amore. Hugh, seppur rozzo ed incolto,
sapeva leggere e scrivere ma soprattutto
aveva quel ‘dono’ particolare che gli
permetteva di evocare a parole le più
profonde sensazioni dell’animo umano.
Scrisse persino una poesia
sublimatrice dell’amore per la sua
sposa, riportata nel libro del Cannon e i
cui versi appassionati rivelano un
temperamento davvero focoso e fuori dal
comune. Con
sua moglie Alice condusse inizialmente una
vita semplice nel povero cottage di Imdel
(di cui ancora oggi si possono vedere i
resti in Irlanda) allietata dalla nascita di
ben dieci figli, cinque maschi ai quali
stranamente si succedettero cinque femmine.
Di essi solo il primo riuscì a conquistarsi
uno ‘status’ sociale diverso, rinnegando
sempre e quasi volendo nascondere le proprie
origini tanto modeste. Patrick Brontë,
infatti, non fu mai prodigo di informazioni
sulla propria famiglia, soprattutto quando
la fama letteraria di sua figlia Charlotte
lo costrinse a raccontare ad ammiratori e
biografi avvenimenti della sua vita avvolti
nell’oscurità. Mantenne inoltre sempre
pochissimi contatti con i fratelli rimasti
in Irlanda ed è significativo che
Charlotte, recatasi lì in viaggio di nozze,
non dimostrasse il minimo desiderio di
conoscere alcun esponente della famiglia di
suo padre. Nonno
Hugh lasciò però alle ragazze Brontë
un’eredità indiscutibile: la capacità di
intrattenere gli altri narrando storie di
vita tali da rimanere vividamente impresse
nella mente del lettore, una formula magica
che ancora oggi, a più di un secolo e mezzo
di distanza, è alla base del loro genio e
della loro fama.
MADDALENA
DE LEO
(1)
Secondo Juliet Barker, ultima accreditatissima biografa 'Bronte', è poco
probabile che la famiglia di Alice Mc Clory ed anche lei stessa fosse cattolica.
( pubblicato in ‘Il
Notiziario per i Soci Italiani della Brontë Society, aprile 2002)
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