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BS GAZETTE:
JANE EYRE: UN FILM DI FRANCO ZEFFIRELLI
( pubblicato
su BS Gazette ottobre 1998)
Il film ‘Jane Eyre’ girato dal regista
Franco Zeffirelli nel 1995 riproduce le parti più importanti dell’omonimo
libro di Charlotte Bronte, autrice inglese di epoca vittoriana, ed è ripartito
come lo è il modello al quale si ispira in tre parti.
C’è da dire che il regista italiano dà il meglio di sé quando parla di Lowood,
la scuola di carità ove la protagonista trascorre l’infanzia, impostando così
una critica efferata al trattamento ricevuto dalle orfane negli ospizi in
epoca vittoriana. In questa parte iniziale del film è evidente , come lo è nella
prosa efficace di Charlotte Bronte, la denuncia della violenza contro i minori,
perpetuata con mezzi subdoli e sordidi; Zeffirelli ben rappresenta quel tipo di
istituzione con le sue regole ferree, elimina alcuni personaggi minori del
testo e dedica particolare attenzione al significato profondo del rapporto tra
Helen Burns e Jane destinato a influire sulla vita di quest’ultima. ;In verità tale prima parte viene qui meglio
tratteggiata rispetto a quanto non lo sia nel ‘Jane Eyre’ della BBC del 1985 con
Timothy Dalton e Zelah Clarke come attori principali. Essendo più lunga del film
e ottimale a livello qualitativo, la produzione della BBC dedica ( e ciò
in maniera sorprendente) solo poche scene a Lowood e al personaggio di Helen
Burns. Nel film di Zeffirelli è altamente
apprezzabile la scena del cimitero quando Jane, dopo aver pregato sulla tomba
della sua amichetta defunta ne emerge ormai adulta anche nel fisico, cosa che dà
subito allo spettatore l’idea di quella grande perdita, avvertita in modo così
profondo anche a otto anni di distanza. La scena è anche un punto di svolta per
l’azione, prima di tutto perché da quel momento Jane darà inizio a una
nuova vita e poi perché essa imprime una sorta di unità alle due parti –
infanzia-giovinezza – che sono poi le tappe della vita della protagonista. In
maniera molto simile, verso la fine del film, un’altra scena di ambientazione
cimiteriale (completamente assente nel libro), porterà all’evolversi della trama
e ne decreterà l’inevitabile conclusione. La parte centrale e principale del film come anche
del romanzo è quella che tratta di Mr Rochester e del crescente affetto di Jane
per lui. La
mano di Zeffirelli si sente particolarmente nella scena in cui Rochester appare
per la prima volta cadendo all’improvviso da cavallo mentre Jane lo guarda
sbalordita. L’
intero episodio di Thornfield è ben costruito: il mistero aumenta
sempre più e l’ambientazione generale è quella tipica vittoriana. Ciò che invece
stupisce è la diversità delle caratteristiche fisiche dei personaggi
rispetto al libro, in quanto un William Hurt dagli occhi azzurri non è
assolutamente plausibile nei panni di Rochester che dovrebbe invece essere
oscuro e bruno, secondo quanto ci dice l’autrice del romanzo. Anche Charlotte
Gainsbourg, l’attrice che riveste il ruolo di Jane, ha di quest’ultima solo
l’aspetto bruttino e dimesso, sempre secondo l’idea della Bronte. In
questa seconda parte alcune scene differiscono alquanto dal testo, come ad
esempio quella in cui la piccola Adèle chiede un ritratto di Mr
Rochester. Ci sono anche altre alterazioni grossolane della trama, come
l'in’roduzione del personaggio St John a Gateshead quando muore la zia Reed, ma
nel complesso il regista riesce a convogliare nello spettatore il senso di
mistero e di tragico che circonda il luogo attraverso le scene in cui è
coinvolta la moglie pazza di Rochester, Berthe. La
colonna sonora di Alessio Vlad e Claudio Capponi merita senza dubbio un elogio
in quanto essa , con i suoi due diversi temi, sottolinea con perfetta intensità
drammatica i momenti principali del film. Il
romanzo ha anche una terza parte, quella in cui la povera Jane scappa via da
Thornfield per dimenticare il suo amore impossibile. Tale sezione ne occupa nel
romanzo addirittura un terzo, è ricca , è ricca di descrizioni della natura ed è
pervasa da un accentuato senso religioso, grazie alla delineazione del
personaggio St John. Nel film questa terza parte non esiste affatto e
la manchevolezza è ancora più evidente se confrontiamo la sopra
citata produzione BBC che invece diffusamente si sofferma sulle peripezie di
Jane dopo la fuga. La conclusione del film è analoga a quella del
romanzo sebbene lo spettatore venga in qualche modo defraudato dell'ansia della
scoperta da parte di Rochester che invece nel libro lentamente e a tentoni
si rende conto del ritorno di Jane. In altre parole quest'ul’ima parte del film
avrebbe meritato un po’ di attenzione in più da parte del regista. Il ‘Jane Eyre’ di
Zeffirelli, che tanto successo ha avuto in Italia e all’estero, è da
considerare, malgrado le sue limitazioni, il giusto mezzo di diffusione di un
bellissimo romanzo che ancor oggi viene letto e studiato con grande interesse in
tutte le nazioni del mondo.
MADDALENA DE LEO
MEETING CHRISTINE ALEXANDER, A
DREAM COME TRUE
(pubblicato su
BS Gazette ottobre 2004)
It was long ago, now almost twenty years and more, that I
started reading about Prof. Christine Alexander’s work on Charlotte Brontë’s
juvenilia on the Transactions of the Brontë Society. Her accurate
research and deep interest in this particular Brontë field attracted me since
1980s, most of all nothing was known then in Italy about Brontë juvenile
writings and also owing to the impossibility to find in those years any texts of
this kind outside U.K. I had only found and read by then the delicate ‘Albion
and Marina’, the first love-story written by Charlotte when she was 13. As a
young student, in 1980 I wrote a short comment and sent it to Mr Charles Lemon
who was then the editor of Transactions and received from him a kind
letter in answer that I still keep like a treasure. Transactions for
1984 and afterwards for 1991 and whose brilliant career I looked at from time to
time and in the distance.
In those years in no way I could have thought to be able one
day to communicate with, to ask for information about Brontë juvenilia and, even
more, to press a button to receive the kindest of answers from this well-known
and prominent scholar who still lives far-off in the other part of the world.
But thanks to the new technology of these last years and to the miracle of the
Internet, I still can’t believe my eyes for what has happened since November
2002. Christine started an e-mail correspondence with me after my
questions about Brontë juvenilia because I was by then translating them into
Italian. It was a task never attempted before in Italy and I kindly asked her
competent advice concerning their choice. She answered to me and sent some books
she had edited and after some time she told me of her plan to come to England
from Australia for an academic teaching year in 2004 so that I decidedly
convinced her to come to my area in Italy to have the occasion to meet each
other and to give a public talk for other Brontë Italian scholars. And so it happened and has been wonderful. With my
friend Caterina from Naples I arranged for Christine and her husband a touristic
tour in the South of Italy to show her the best of Latin and Greek excavations
(Pompeii, Paestum and Velia) in my area after having met her enthusiastically in
Naples on the day of her successful and welcomed Brontë talk on 23rd
April 2004. In that occasion I also had the honour and the pleasure to
hand Professor Christine Alexander my own longed-for Italian translation of some
of the best Charlotte Brontë’s juvenilia, just published in a volume for the
important event. A life-dream finally come true!
MADDALENA DE LEO
MADDALENA AND THE BRONTËS, AN
EVERLASTING LOVE
( pubblicato
su BS GAZETTE gennaio 2005)
It all
began in summer 1971 when I was just a young girl of twelve. One afternoon,
while perusing my father’s well-stocked library, I found by chance a pocket
Italian edition of Wuthering Heights and being just then a great book
voracious eater I read it at once.
It was
for me an extraordinary experience: all my by then romantic essence arrived on
surface, my power of imagination was exalted at its utmost and the novel
represented for me in brief something inner and an important side of my forming
personality.
I remember my adolescence years
as very lonely and only that beloved book was for me a friend and a mate, the
nicest way to spend my free time after school: while my schoolfellows already
thought of boyfriends, my ideal hero was just Heathcliff because I felt myself
somehow like Cathy and always day-dreamt of him.
Some
time after I realized an important thing: I had to read Wuthering Heights,
my dear novel, in its original language, surely to better taste the exact
meaning of words and expressions conveyed by its author on purpose. What to do
then to obtain my goal? One thing only: I had to learn the English language very
well and in a little time! So I did and I studied, studied at the best of my
efforts; in only two years I identified myself with ‘English’ and learnt all I
could about literature and grammar, although my father insisted I should instead
spend my time on my latin and greek books.
My
second Brontë novel was Jane Eyre and my first in English was Villette.
I still remember I borrowed it from the National Library in Naples where I went
one day with my father because by then it was not so easy to buy or find books
in English as today.
After
those readings the Brontë idea became in me almost an obsession and I dare say,
never from then that fire abandoned me. I started reading, in English of course,
all sorts of books, essays or critics about the sisters and not yet satisfied,
in a little time I collected all that I could about them. In the early 70s there
were not any videotapes yet and the idea of photocopies was still unusual: a
girl of 15 had not so much money to spend on them. I resolved then to copy by my
own hand all I could get about the Brontës from that same circulating library in
Naples borrowing each book for just one month! I had to write fast everyday and
still go to school and study my latin and greek.
Furthermore, in those years I knew about a ‘Brontë Society at Haworth that cared
for the Brontë treasures working hard to preserve in the centuries the family’s
memories. I soon got in touch with the custodian and by 1975 I became a member
(at 15), maybe the youngest among many nice white-haired ones. Some time after
receiving Transactions I came to know all of them by name and they were
my only dear friends in that period of my life.
Three
or four years after, as a grown-up girl I attended university to obtain a degree
in English, of course, but by night I still dreamt of the Parsonage at Haworth
which I still longed to visit with all my self; I could imagine it in many ways
and sometimes even by day I thought I saw Emily’s profile in the sky. My parents
and the persons I knew often played tricks on me for this but I didn’t matter at
all.
In 1982
I took an early degree with full marks discussing a thesis about Emily’s still
beloved novel through its influences from Shakespeare. It was by then a new
topic, and this was my triumph, a personal satisfaction, also because I sent a
copy of it with a dedication to ‘my’ Society.
From
then on more than twenty years are passed, I’m a teacher of English and I’ve
been to Haworth four times now. I write and publish articles related to the
Brontës and have been editing the Italian newsletter for three years: my Brontë
love is still like a fire in me but I’ve proudly learnt to live together with it
daily.
MADDALENA DE LEO
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