Estranee, eretiche ed infedeli. Lo sguardo

 delle donne sulla guerra

di Marinella Fiume

 

C’è uno sguardo delle donne sulla guerra?
Credo di sì. Esso si può  caratterizzare nel binomio: Estraneità e Infedeltà ed è stato messo bene in evidenza dalle donne dell’Associazione “Rosa Luxemburg” in seno alla convenzione permanente delle donne contro le guerre, anche nell’ultimo social forum di Firenze, e attraverso una serie di interventi apparsi su “Il paese delle donne”.
Ma vediamo di analizzare il significato di entrambi i termini.
Estraneità.
Per questo concetto siamo debitrici ad una donna importante nella creazione di un pensiero femminista: Virginia Woolf. Ne “Le tre ghinee” (1937/1938), infatti, la scrittrice sostiene che le donne devono comporre una “società delle estranee” perché esse non possono condividere l’idea di combattere in difesa di una patria che, a differenza dei fratelli, le ha negato diritti fondamentali, come l’istruzione. Perciò scrive: “In quanto donna non ho patria. In quanto donna la mia patria è il mondo intero.” È questa la differenza rispetto ai fratelli e ai padri. Perciò, il modo migliore per prevenire la guerra non è quello di seguire le parole e i metodi dei padri, ma di inventare, creare nuove parole e nuovi metodi.
Infedeltà. È un concetto più recente, usato dalla poetessa Adrienne Rich (1978) a proposito dell’ ”infedeltà” di molte donne bianche che si oppongono al razzismo, ma esteso a significare il rifiuto di qualsiasi complicità con la società patriarcale, la non accettazione della logica duale delle guerre, e la libertà politica di dissentire o condividere. In sintesi, il concetto di infedeltà consiste nella teorizzazione secondo la quale, se le donne si trovano a vivere in una società di cui, in un certo momento, non condividono le scelte, non scelgono la strada del silenzio o della non azione, ma fanno valere la differenza, affermando che non possono riconoscersi in quei valori che quella cosiddetta “civiltà” pretende di difendere attraverso le guerre. L’infedeltà si esercita qui ed ora, opponendosi alla grancassa suonata dal potere attraverso i suoi professionisti della politica che usano i mass media nel tentativo di togliere ogni crudeltà all’immaginario sulla guerra. Le parole diverse delle donne sono quelle della materialità, della quotidianità, dei bambini e delle bambine orfani, affamati, uccisi e  mutilati, degli anziani senza terra, senza tetto e senza i cadaveri dei loro figli da piangere, degli uomini e delle donne  in carne e ossa, coi loro nomi e cognomi, che subiscono infinite sofferenze e perdono la vita a causa della guerra.
 “Infedeli ed estranee” sono le donne che criticano la guerra reagendo alle scelte distruttrici dei Governi e affermano la loro non appartenenza ad un pensiero nazionale, perché le nazioni sono state edificate sulla cultura della guerra - come non si stancava di ripetere Joyce Lussu e come ebbe a dire in un’intervista del 1997 anche la scrittrice Anna Maria Ortese. Sono le madri di Piazza di Maggio, le scrittrici e giornaliste croate che nel 1992 furono chiamate traditrici in Croazia per aver criticato la guerra, le docenti di alcune Università americane che nel 2001 espressero la loro opposizione ai bombardamenti in Afgahnistan, scrittrici provenienti da paesi islamici, come l’ algerina Assia Djebar, che criticano l’appartenenza passiva alla propria nazione, fede, ideologia, polemizzando contro i gli stereotipi e i fondamentalismi d’Oriente e d’Occidente con la conseguente mistificazione dello scontro tra civiltà (o piuttosto tra “ignoranze”?); le pacifiste israeliane e le pacifiste palestinesi che spesso si incontrano per discutere tra loro; le pochissime deputate italiane che lo scorso 3 ottobre hanno votato contro l’impegno italiano in Afghanistan con l’invio di un contingente di Alpini perché questa guerra come tutte le guerre contemporanee colpisce soprattutto la popolazione civile e perché l’impegno di forze militari italiane si configura come appoggio al preannunciato attacco all’Iraq, il cui popolo è già molto provato sin dal 1991 dall’embargo e dalla guerra del Golfo.
 Dubitare, sottoporre a critica, quindi, è il metodo del pensiero delle donne, non stancarsi mai di chiedere quale civiltà è quella in cui ci troviamo a vivere e se possiamo parteciparvi. Perciò le donne sono “eretiche” e “infedeli”, perché oppongono alla teorizzazione della guerra permanente come strategia di governo, che ora assume il significato di guerra preventiva, il concetto della priorità di un’azione culturale per la pace, cercando di coinvolgere donne e uomini, ma soprattutto i giovani, affinchè imparino a criticare i luoghi comuni della retorica, il linguaggio del potere, si oppongano alle scelte del potere e cerchino di costruire una realtà differente.
 Non ci stanchiamo di far capire che le guerre vengono combattute in nome del dominio economico e dell’accaparramento delle risorse primarie in qualsiasi luogo del mondo si trovino, depredando i popoli a cui naturalmente appartengono, sconvolgendo la vita, l’economia, persino la morfologia dei luoghi, se questo serve agli scopi di controllo territoriale del nuovo impero unico. Facciamo comprendere che, secondo il modello di difesa delle dottrine militari degli USA, gli stessi eserciti non hanno più il compito di difendere “il sacro suolo della Patria” da improbabili nemici pronti a varcare le frontiere, ma quello di difendere gli interessi occidentali dovunque sia necessario, rapinando le popolazioni del sud del mondo.
 Insistiamo sul fatto che le guerre oggi sono di gran lunga peggiori di  quelle del passato, perché oggi sono sempre più colpite le popolazioni civili, in maggioranza donne, vecchi e bambini: infatti, se nel corso della 2° guerra mondiale il rapporto tra vittime civili e militari fu del 50%, in questi nuovi conflitti giunge al 90%.
Ci vogliono i giovani per  gridare con tutto il fiato che hanno in gola: “FUORI LA GUERRA DALLA STORIA”, “DIFENDIAMO L’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA”. Progettiamo un’Europa neutrale, diciamo: “FUORI L’EUROPA DALLA GUERRA”.  L’Italia ha già enormi problemi, il nostro Meridione ne ha ancor di più, prima ancora degli ultimi disastri delle eruzioni e dei terremoti, l’indice della disoccupazione dei nostri giovani e delle nostre donne ce lo fa notare, la chiusura degli stabilimenti e delle fabbriche. Ma l’intera nostra vecchia Europa ha già gravi problemi politici, economici e sociali, problemi di un territorio devastato da modelli di sviluppo insostenibile, di un’economica in crisi, una politica economica di cui non si vedono gli esiti, una disoccupazione crescente, un debito pubblico in preoccupante crescita, una moneta ancora priva di identità propria, succube della politica monetaria del dollaro: un peggioramento delle condizioni di vita, il crescere di nuove povertà, una minore equità sociale sono già l’evidente prodotto delle scelte di politiche liberiste da parte di molti governi europei, il problema dell’incapacità di dare risposte ai movimenti migratori, sempre maggiori restrizioni delle politiche sociali e del welfare come  sanità, scuola, servizi sociali, assistenza ai disabili, trasporti, ambiente.
 Come il terrorismo non si supera con la guerra, così gli squilibri si aggravano con la guerra. Solo la ricerca di pacifiche soluzioni politiche  per i conflitti esistenti può tenerci lontani da una rovinosa corsa verso la distruzione del pianeta.
Il mio pensiero va a Maria Grazia Cutuli, simbolo di quanto sia duro per le donne – particolarmente per le siciliane -  emergere in settori tradizionalmente maschili, ma anche dello sguardo differente delle donne sulla guerra, una testimonianza concreta e reale degli esiti luttuosi e disumani della guerra. Dedichiamo anche alla sua memoria le azioni di pace delle donne catanesi e siciliane. Contagiamo tutti col desiderio della pace, discutiamone con le vicine di casa, al supermercato, nei luoghi di lavoro, a scuola, in chiesa: non parliamo che di questo. Noi donne sappiamo bene come si fa.