Francesca Santucci
La levatrice incredula
Robert
Campin, Natività, 1425 circa,
Digione, Musée des Beaux-Arts.
[19, 1] Vidi una donna discendere dalla
collina e mi disse: "Dove vai, uomo?".
Risposi: "Cerco una ostetrica ebrea". E lei:
"Sei di Israele?". "Sì" le risposi. E lei
proseguì: "E chi è che partorisce nella
grotta?". "La mia promessa sposa" le
risposi. Mi domandò: "Non è tua moglie?".
Risposi: "E' Maria, allevata nel tempio del
Signore. Io l'ebbi in sorte per moglie, e
non è mia moglie, bensì ha concepito per
opera dello Spirito santo". La ostetrica gli
domandò: "E' vero questo?". Giuseppe
rispose: "Vieni e vedi". E la ostetrica andò
con lui. [2] Si fermarono al luogo della
grotta ed ecco che una nube splendente
copriva la grotta. La ostetrica disse: "Oggi
è stata magnificata l'anima mia, perché i
miei occhi hanno visto delle meraviglie e
perché è nata la salvezza per Israele".
Subito dopo la nube si ritrasse dalla
grotta, e nella grotta apparve una gran luce
che gli occhi non potevano sopportare. Poco
dopo quella luce andò dileguandosi fino a
che apparve il bambino: venne e prese la
poppa di Maria, sua madre. L'ostetrica
esclamò: "Oggi è per me un gran giorno,
perché ho visto questo nuovo miracolo".
[3] Uscita dalla grotta l'ostetrica si
incontrò con Salome, e le disse: "Salome,
Salome! Ho un miracolo inaudito da
raccontarti: una vergine ha partorito, ciò
di cui non è capace la sua natura". Rispose
Salome: "(Come è vero che) vive il Signore,
se non ci metto il dito e non esamino la sua
natura, non crederò mai che una vergine
abbia partorito".
[20, 1] Entrò l'ostetrica e disse a Maria:
"Mettiti bene. Attorno a te, c'è, infatti,
un non lieve contrasto". Salome mise il suo
dito nella natura di lei, e mandò un grido,
dicendo: "Guai alla mia iniquità e alla mia
incredulità, perché ho tentato il Dio vivo
ed ecco che ora la mia mano si stacca da me,
bruciata". [2] E piegò le ginocchia davanti
al Signore, dicendo: "Dio dei miei padri,
ricordati di me che sono stirpe di Abramo,
di Isacco e di Giacobbe. Non fare di me un
esempio per i figli di Israele, ma rendimi
ai poveri. Tu, Padrone, sai, infatti, che
nel tuo nome io compivo le mie cure, e la
mia ricompensa la ricevevo da te". [3] Ed
ecco apparirle un angelo del Signore,
dicendole: "Salome, Salome! Il Signore ti ha
esaudito: accosta la tua mano al bambino e
prendilo su, e te ne verrà salute e gioia".
[4] Salome si avvicinò e lo prese su,
dicendo: "L'adorerò perché a Israele è nato
un grande re". E subito Salome fu guarita e
uscì dalla grotta giustificata. Ed ecco una
voce che diceva: "Salome, Salome! Non
propalare le cose meravigliose che hai
visto, sino a quando il ragazzo non sia
entrato in Gerusalemme".
Il primo dei Papi a proclamare e difendere
ufficialmente la perfetta e perenne
Verginità della Madre di Dio fu S.
Silicio papa (392), e S. Leone Magno (449)
esaltò la inviolata verginità di Maria.
Sotto Papa Martino (649) si radunò il
Concilio Laterano I, che sentenziò:
Chiunque non
confessa, in accordo con i S. Padri, che
propriamente e veramente la Genitrice di
Dio, la Santa sempre Vergine Maria... ha
concepito senza seme virile, di Spirito
Santo, lo stesso Verbo di Dio ed in un modo
incorruttibile lo ha generato, rimanendo la
sua verginità intatta anche dopo il parto,
sia scomunicato.
Nel 680 il Concilio III di Costantinopoli
rinnovò l'identica professione di
fede nella illibata verginità di Maria
prima del parto, durante il parto, dopo il
parto. Ma la credenza sulla perfetta e perenne
verginità della Madre di Dio era già dogma
di fede cattolica fin dai primordi del
Cristianesimo, perché proclamato dal
Magistero ordinario ed universale della
Chiesa, soprattutto perché ammesso dal senso
soprannaturale dei fedeli. Una delle tante prove per dimostrare la
verginità di Maria, spesso, però, non
affatto riconosciuto, nonostante in taluni
casi siano presenti scritte molto esplicite
a riguardo, che ha spesso incuriosito
artisti e committenti, abbastanza diffuso
nell’arte, è un episodio marginale, che,
insolitamente, esalta la fisicità, legato a
fonti apocrife, dettagliatamente narrato nel Protovangelo di Giacomo e ripreso nella
Leggenda Aurea: quello della levatrice
incredula. Siamo a Betlemme, Maria è in procinto di
partorire. Per farla aiutare nel parto,
Giuseppe si muove alla ricerca di una
levatrice, che, però, arriva quando Gesù è
ormai nato. La levatrice si accorge della verginità di
Maria e, stupita, leva un inno alla nascita
prodigiosa del Salvatore, poi corre a
chiamare un'amica, pure levatrice, Salomè, e
le narra dell’evento miracoloso, ma la donna
si rifiuta di credere che una vergine possa
aver generato un figlio, e vuole constatare
di persona. Anticipando San Tommaso, la donna incredula
afferma:
(Come è vero che) vive il Signore, se non ci
metto il dito e non esamino la sua natura,
non crederò mai che una vergine abbia
partorito. Insieme si recano alla grotta della
Natività, Salomè protende la mano verso
Maria per constatare di persona, ma la mano
immediatamente le si brucia.; subito Salomè
implora perdono a Dio, allora accorre un
angelo, che le suggerisce di avvicinarsi al
Bambin Gesù e di prenderlo in braccio.
L'incredula, pentita, compie l’amorevole
gesto suggeritole dall’angelo e subito viene
risanata. Fra le interpretazioni più significative
dell’episodio, si ricorda la "Natività" del
1425 del pittore fiammingo Robert Campin
(1375-1444), noto anche come "Maestro di
Flémalle" o "Maestro di Mérode". La scena della Natività illustrata da Campin
si articola attraverso tre momenti diversi:
la Natività vera e propria, l’Adorazione dei
pastori e la vicenda della levatrice
incredula. Le scritte sui tre cartigli ricordano i vari
momenti dell’episodio. Lo stupore per
l’evento miracoloso della prima levatrice
accorsa è ricordato dalla scritta: Una
vergine ha partorito un figlio;
l’incredulità di Salomè, che vorrebbe
verificare la verginità di Maria, dalla
scritta: Crederò solo a quello che avrò
toccato; il suggerimento dall’angelo per
essere risanata dalla scritta:
Prendi in braccio il bambino e sarai
guarita.
Sul sacro evento, seminascosto sullo sfondo,
tuttavia ben visibile, caratteristica tipica
della pittura fiamminga quattrocentesca, che
qui ben traduce la complessa simbologia
della luce del Protovangelo di Giacomo,
s’affaccia il sole nascente, emblema di
Cristo, il "nuovo Sole" della Giustizia e
della Verità.
BIBLIOGRAFIA
Simboli e
allegorie, II parte, Electa,
Gruppo editoriale l’Espresso 2004, Roma.
Episodi e
personaggi del Vangelo,
I parte, Electa, Gruppo editoriale
l’Espresso 2004, Roma.
Vangeli
apocrifi, Einaudi, 1997, Milano.
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