La persistenza 

della memoria

di S. Dalì

 

 

Dalì stesso definì i propri quadri  fotografie di sogni fatti a mano, realizzati con il preciso intento di materializzare con esatta precisione immagini irrazionali; opere come La persistenza della memoria sono concepite con una tale carica immaginativa, ed eseguite con una perizia tecnica così straordinaria, da poter essere annoverate tra i capolavori del XX secolo.
La persistenza della memoria è uno dei dipinti eseguiti da Dalì conseguentemente all’elaborazione del metodo paranoico-critico, così ribattezzato dallo stesso artista, cioè il far emergere l’inconscio, secondo quel principio dell’automatismo psichico teorizzato da Breton ma generato dagli interessi per la psicoanalisi e per gli scritti di Freud. Si trattava dell’interpretazione delle forme basata sulla capacità di rielaborarle con l’immaginazione, similmente alla lezione di Leonardo da Vinci che invitava ad osservare le macchie sui muri per vedervi affiorare delle figure; in tal modo all’occhio umano si schiudevano muovi mondi, che sarebbe stato compito della pittura poi concretizzare.
Fra le varie testimonianze di questa capacità che Dalì acquisì di simulare il disordine di una mente paranoica, e di percepire immagini nascoste dietro l’apparenza, senza che la sua stessa mente fosse turbata (La sola differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo, disse l’artista) è, appunto, La persistenza della memoria, l’opera più conosciuta di Dalì, tanto che il motivo degli orologi molli che si liquefanno è poi diventato uno dei più famosi del Novecento.
Dalì stesso collegò tale soggetto alla propria ossessione per tutto ciò che era molle, e affermò che l’idea gli era venuta mangiando del formaggio Camembert stagionato.
Il molle, il contrario del duro, non poteva esprimersi pittoricamente meglio che in questo dipinto, che è allo stesso tempo la storia della personalità di Dalì, esternamente simile ad una fortezza, internamente sensibile ed ipermolle.
E il giorno in cui decisi di dipingere gli orologi, li dipinsi molli. Accadde una sera che mi sentivo stanco e avevo un leggero mal di testa…A completamento della cena avevamo mangiato un camembert molto forte e, dopo che tutti se ne furono andati, io rimasi ancora a lungo seduto a tavola, a meditare sul problema filosofico della “ipermollezza” posto da quel formaggio…Quando, due ore dopo, Gala tornò dal cinema, il quadro, che sarebbe diventato uno dei miei più famosi, era terminato.
Nel 1935 scrisse: i famosi orologi molli non sono altro che il molle, pazzo, solitario, paranoico-critico Camembert del tempo e dello spazio.
Il quadro è di un fascino incredibile e si presta a molteplici, anche fantasiose o azzardate interpretazioni, addirittura secondo alcuni critici gli orologi flosci nasconderebbero la paura dell’impotenza, ma piace di più pensare a questo dipinto come ad una geniale interpretazione della memoria e del tempo, trasposizione dell’onirico nel figurativo ed ennesima felice intuizione dell’incredibile genio di Dalì.

 

  Francesca Santucci

E' a Venezia, a Palazzo Grassi, che il 22 settembre, nel centenario della nascita, apre al pubblico la mostra ufficiale dedicata al genio del Novecento: Salvator Dalì.