Francesca Santucci
La
Madonna del Parto
di Piero della Francesca
Piero della Francesca fu uno dei massimi ingegni
che nel ‘400 operarono in Italia il rinnovamento della cultura e delle
scienze, degno rappresentante dell’Umanesimo, la cui dottrina preluderà
all’epoca d’oro per l’arte italiana: il Rinascimento.
Matematico, oltre che artista, sommo maestro della
luce e del colore, impresse ai propri dipinti una bellezza ed un rigore di
forma che evocano la scultura greca.
La Madonna del Parto è una delle sue opere della maturità di Piero della
Francesca, che ne attesta la felicità creativa e
la perfetta sintesi prospettica di forma e colore, e che fornisce anche
preziosi indizi per gli sviluppi futuri a cui sarebbe approdata la poetica
del Maestro, sempre più attratto contemporaneamente sia dalla realtà
microscopica delle cose, sia dalle infinite potenzialità espressive della
luce.
Conservato nella cappellina del cimitero di
Monterchi, in passato chiesa dedicata a Santa Maria di Momentana,
l’affresco, la cui cronologia è controversa, secondo la tradizione
vasariana il dipinto sarebbe stato eseguito da Piero nel 1459, anno nel
quale il pittore si trovava a Sansepolcro per la morte della madre, ma
ormai comunemente assegnabile, secondo la maggior parte della critica, al
1460 circa, e che ha sempre sollecitato commenti sulle radici contadine e
sulla popolarità dell’arte del Maestro, è una delle opere più celebri
di Piero Della Francesca.
Staccato nel 1910, a causa di un forte
deterioramento della parete su cui si trovava, che stava
compromettendo irrimediabilmente l’integrità e la conservazione del
dipinto, venne riportato su un altro supporto, e quindi ricollocato nella
sede originaria. Nonostante il tempestivo intervento, tuttavia, la parte
superiore dell’affresco, raffigurante la calotta del padiglione, andò
interamente perduta e dovette essere ridipinta. Mentre la parte superiore del baldacchino è una ricostruzione
dovuta ad un pesante intervento di restauro, l’immagine della Vergine e
dei due angeli, realizzati attraverso il medesimo cartone rovesciato, è
da ritenersi completamente autografa.
Insolito per la pittura italiana, più diffuso,
invece, nell’iconografia francese e spagnola, è il tema trattato,
quello di Maria gestante, inserita in un cortinaggio, ritratta con
naturale atteggiamento delle braccia, la sinistra appoggiata al fianco e
la destra in delicato gesto protettivo verso il ventre che racchiude il
Sacro frutto, che si uniscono alla perfetta costruzione dello spazio e
alla simmetria assoluta dei due angeli ai lati che reggono la cortina e
che, sia nell’atteggiamento, sia negli abiti, si riflettono come
immagini allo specchio.
Tra le varie e complesse interpretazioni del
dipinto la più accredita risulta essere quella teologica, secondo la
quale il padiglione rappresenterebbe la chiesa, e la Vergine, nel suo
particolare stato, di gravidanza, simboleggerebbe il tabernacolo
eucaristico poiché contenente il corpo di Cristo.
Comunque, qualunque sia il vero significato,
l’affresco colpisce soprattutto per il rigore formale e per la severa
bellezza comunicata dalla Vergine che, pur avendo un volto impassibile,
fermo, ieratico alla maniera bizantina, privo di vivacità e sentimento,
quasi inerte (secondo l’illustrazione tipica del Maestro, che sembrava
osservare dall’alto, quasi con indifferenza le passioni umane e
considerarle con benevola ironia), con la sua grazia e dignità riesce a
comunicare all’occhio dell’osservatore attento un’allusione
dignitosa al Suo stato e all’Evento misterioso che è nell’imminenza
del compimento: la nascita del Cristo Redentore.
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