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Fu tra il 1631 e il 1632 che Rembrandt si
trasferì ad Amsterdam e cominciò a dedicarsi alla ritrattistica,
divenendo in breve tempo il più importante ritrattista della città, per
l’accuratezza della descrizione dei costumi, per la resa dei particolari
e per la caratterizzazione efficace ed immediata della personalità della
persona effigiata.
Il quadro più famoso di quel periodo è La lezione d’anatomia del
dottor Tulp, un dipinto di grande formato, commissionatogli da Nicolas Tulp, un illustre medico di Amsterdam, che rivela la sua superiorità di
ritrattista sugli artisti, pure di talento, che allora operavano ad
Amsterdam.
A quei tempi era molto diffuso nei Paesi Bassi il ritratto di gruppo, un
genere pittorico tipicamente olandese, inaugurato nel XVI secolo e
destinato a soddisfare le esigenze di funzionari di istituti militari,
corporativi o caritatevoli che, con tali dipinti, volevano decorare le
loro sedi ed esporsi alla memoria dei posteri; spesso venivano ritratte
insieme anche venti persone che concorrevano al pagamento dell’opera, ma
le composizioni seguivano una disposizione convenzionale dei personaggi,
con gli effigiati disposti a semicerchio o in file parallele, con un
effetto statico.
Non era, dunque, un compito facile raffigurare un insieme di persone
vestite in modo quasi identico senza che il quadro risultasse statico e
monotono; Rembrandt, con un’originale soluzione, che piacque a tal punto
da sancire definitivamente la sua affermazione come ritrattista, riuscì
ad evitare il rischio disponendo i personaggi, i medici, intorno al tavolo
anatomico colti in pose naturali e spontanee.
Se si osserva bene il quadro, si nota che la vivacità del soggetto è
data da pochi ma significati elementi: la collocazione della figura del
dottore è fuori centro, sulla destra della composizione, raffigurato
mentre con la propria mano dimostra l’azione dei muscoli scoperti nella
dissezione del cadavere, inoltre i personaggi sono disposti a piramide
umana, formata da cinque chirurghi sullo sfondo di una rientranza ad arco
che conferisce profondità a tutta la composizione, sicché il quadro
risulta essere un ritratto di gruppo interpretato come dipinto di storia.
Rembrandt esaltò gli spunti drammatici della scena, creando così anche
una suggestiva atmosfera, concentrando la luce sul cadavere
(dall’artista spesso fu utilizzata l’illuminazione frontale per dar
risalto all’elemento principale della composizione), sottolineando il
rosso dei tendini scoperti e sollevati dal bisturi del dottor Tulp,
lasciando in ombra la parte superiore del volto ed i piedi, riverberando
la luce anche sui volti degli altri chirurghi e degli assistenti colti
nell’espressione di partecipazione attenta e corale del momento che
stanno condividendo della loro esistenza.
Prescindendo, dunque, da qualunque linea e schema precedentemente
prefissati, Rembrandt reinventò il ritratto di gruppo con un virtuosismo
tecnico che non divenne mai, però, stile rifinito o troppo minuzioso,
estremamente abile nel sottolineare l’intensità emozionale e
psicologica dei soggetti dipinti, grazie alla straordinaria capacità di
partecipazione nei confronti del soggetto ritratto, ed è forse in ciò
che risiede il valore universale della sua pittura.
Francesca Santucci
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