La Flagellazione di Cristo, unanimemente considerato dai
critici una delle composizioni più belle e più armoniosamente
strutturate del Rinascimento, è uno dei quadri maggiormente enigmatici
della storia dell’arte, poiché, nonostante le varie ipotesi
formulate, misteriose restano le figure in primo piano.
Per molti anni si è pensato che i tre uomini fossero Oddantonio da
Montelfeltro (il bellissimo giovane dalle sembianze angeliche),
fratellastro di Federico assassinato nella congiura dei Serafini nel
1444, Manfredo Pio e Tommaso dell’Agnello (i suoi malvagi
consiglieri), e che la scena della flagellazione fosse un’allusione al
martirio del giovane principe, in tempi più recenti, invece, si è
pensato che l’uomo con la barba sia un sapiente greco e l’altro
l’imperatore Paleologo.
Secondo altri critici bisognerebbe leggere il quadro come una semplice
narrazione evangelica, interpretazione, quest’ultima, che sembra, però,
peccare di superficialità dal momento che troppo evidenti, anche se non
facilmente esplicabili, sono le implicazioni simboliche che sottendono
alla composizione. Resterebbe senza spiegazione, infatti, il motivo per
cui un episodio così significativo, quale, appunto, la flagellazione di
Cristo sarebbe collocato in secondo piano, prospetticamente allontanato,
e resterebbero senza una credibile identificazione i tre personaggi in
primo piano che sono, indubbiamente, i protagonisti del dipinto. E’
per questo che di recente è stata avanzata una nuova ipotesi, forse più
credibile, secondo la quale la complessa iconografia della tavola
sarebbe da collegare con gli avvenimenti drammatici che a quel tempo
colpirono la cristianità, e cioè la presa di Costantinopoli del 1453,
il successivo bando della crociata del 1455 e il concilio di Mantova del
1459.
La flagellazione simboleggerebbe, perciò, la travagliata condizione
della Chiesa dopo la caduta di Costantinopoli e nel gruppo di personaggi
sulla destra sarebbero rappresentati alcuni dei partecipanti ad uno dei
concili, forse proprio quello di Mantova, indetti per fronteggiare
l’avanzata turca attraverso l’organizzazione di una crociata.
La forte unità compositiva del quadro è conseguita per mezzo di una
consumata abilità prospettica rafforzata dalla perfetta disposizione
dei personaggi all’interno della scena; il dipinto risulta diviso in
due parti, e la divisione è sottolineata da due fonti di luce: una che,
posta dietro il braccio destro del flagellatore, illumina il Cristo, ed
un’altra che illumina il primo piano a destra. Il personaggio a
sinistra che assiste al supplizio è Ponzio Pilato, la figura che
assiste col turbante fa pensare, invece, ad un’allegoria delle
sofferenze inflitte alla Chiesa dai Turchi.
L’allontanamento prospettico, i colori come impalliditi e
l’ambientazione architettonica di stampo classico rendono l’episodio
della flagellazione remoto ma eterno, sintesi sublime della storia
dell’uomo e del suo rapporto col divino, invece le tipologie
architettoniche, il cielo azzurro e le robuste figure, plasticamente
tornite, abbigliate con vesti scarlatte, porpora ed oro, secondo la moda
del tempo, rappresentano il presente della storia dell’umanità e
della Chiesa.
La Flagellazione di Cristo, per soggetto, composizione e colori
probabilmente è il capolavoro di Piero della Francesca, ed anche se
enigmatico ed inquietante resta il suo significato, in mancanza di
testimonianze documentarie, possiamo soltanto ammirarne l’armonia
strutturale e cimentarci anche noi nella congettura
dell’interpretazione.
Personalmente ho sempre pensato che nel dipinto l’artista avesse
voluto mettere in relazione passato e presente della storia
dell’umanità, che probabilmente le tre figure in primo piano
ricordino effettivamente l’uccisione di Oddantonio, vittima della
congiura, per alludere ad un’altra vittima più illustre: a Cristo
martire della persecuzione contro i cristiani.
Francesca Santucci