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Nella notte del Giovedì Santo, fra il 7 e l'8
aprile del 1300, anno del Giubileo, il poeta immagina di ritrovarsi in una
selva oscura nella quale, però, bene non sa come vi sia entrato, e dalla
quale ne uscirà alla mezzanotte del giovedì 14, dopo aver compiuto un
viaggio d'espiazione attraverso i tre regni ultramondani: l'Inferno, luogo
della dannazione eterna, il Purgatorio, luogo d'espiazione temporanea, e il
Paradiso, regno della beatitudine.
E' nell'Epistola a Cangrande della Scala, cui è dedicato il Paradiso, che
Dante spiega il motivo per cui ha denominato il suo poema «Commedia»:
perché è scritto in lingua volgare e in stile comico, cioè modesto,
volendo egli parlare di tutti gli uomini, anche di quelli di poco conto,
della cronaca del suo tempo.L'aggettivo «Divina» fu poi assegnato dal Boccaccio che ne iniziò per
primo la pubblica lettura. Dalla stessa epistola risulta anche con estrema
chiarezza lo scopo educativo dell'opera: allontanare l'umanità dallo
stato di miseria in cui vive e condurla allo stato della felicità, e,
dunque, «La Divina Commedia» si pone come il racconto d'un viaggio, ed il
viaggio del poeta non è altro che la rappresentazione del cammino
dell'anima che, attraverso l'intervento salvifico della ragione umana,
rappresentata da Virgilio, e della ragione divina, la Teologia,
rappresentata da Beatrice, emerge dal peccato e perviene alla conversione,
cioè alla beatitudine eterna.
Le tre cantiche in cui è strutturata l'opera sono come i tre
atti di un dramma mistico in cui l'Inferno mostra le estreme conseguenze
della materia, il Purgatorio la lotta fra materia e spirito, il Paradiso
la comprensione piena della Verità. Il significato allegorico non è,
tuttavia, l'unico aspetto del poema, possiamo individuare anche quello
morale, cioè l'insegnamento impartito ai cristiani di come sia facile
essere indotti dalle passioni a sopire la coscienza con una vita
all'insegna del peccato, e come sia difficile, ma non impossibile,
ritornare alla vita virtuosa; ed un aspetto analogico, l'umanità preda
dell'anarchia dalla quale uscirà con la protezione divina seguendo nelle
cose temporali l'Impero e nelle spirituali la Chiesa. Notevoli sono poi le
simmetrie presenti nel poema: in omaggio alla Trinità domina il numero 3
e il numero 9, ma è presente anche il 10 come simbolo di perfezione. Tre
sono le cantiche, tre i regni ultramondani, 33 i canti, i peccati
dell'Inferno sono divisi in tre grandi classi, 99 i canti che narrano il
viaggio. Cento, quadrato di 10, è il numero totale dei canti, in dieci
parti ciascuno sono divisi l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso.
Grandi figure poetiche sono plasmate dal poeta in questo viaggio,
soprattutto quelle descritte nell'Inferno che, per l'orrore e il dolore
del luogo, risaltano drammaticamente, ma ve ne sono anche altre alle quali
è legato da simpatia o con cui ebbe familiarità o vincoli affettivi o di
sangue, figure che si ergono vigorose e che sono tuttora ben presenti
nell'immaginario collettivo: Farinata Degli Uberti, Francesca Da Rimini,
il Conte Ugolino, Brunetto Latini, Cacciaguida, Pier della Vigna, Ulisse,
Piccarda Donati.
Dante dovrà discendere fino all'Inferno, smarrirsi ed esitare,
commuoversi e turbarsi, stupirsi ed indignarsi, guardare fino in fondo
l'orrore del male, pentirsi e poi, attraverso la faticosa ascesa della
montagna del Purgatorio, di cielo in cielo approderà all'Empireo, per
contemplare la bellezza della ritrovata Grazia divina.
Rinnovato nello spirito, come una giovane pianta risplendente di fronde
recenti, potrà ritornare tra gli uomini per svolgere il suo compito
profetico e ricordare al «mondo che mal vive» che esiste la certezza
della Beatitudine divina, giacché è «L'amor che move il sole e l'altre
stelle».
( Commento pubblicato
sulla Rivista libro "Penna
d'autore", anno V, autunno 2000)
Nella sezione "Passioni
d'amore": "Paolo
e Francesca".
Nella sezione "Donna
in poesia" i sonetti.
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