|
Il suo straordinario talento le meritò le lodi di quanti la conobbero.
Recita così l'iscrizione funebre posta sulla lapide di Jane Austen, mito
della letteratura inglese, scrittrice dall'elegante stile narrativo, che,
con intelligenza, grazia, arguzia e spregiudicata ironia tipicamente
britannica seppe mettere in ridicolo i costumi della società del tempo.
Osannata e denigrata, accusata dai detrattori di aver imbrigliato nel
perbenismo il romanzo inglese, considerata da amici e parenti come una
zitella inaridita a caccia di marito, la più carina, la più
sciocca, la più affettata farfalla in cerca di marito che io abbia mai
conosciuta, giudicata, invece, da Virginia Woolf, la più perfetta
artista tra le donne per l'immortalità dei suoi libri, e definita da
G.H. Lewes sorella minore di Shakespeare, per l'enorme ricchezza di
personaggi che la sua fantasia seppe elaborare, attingendo dall'esperienza
personale, Jane Austen ambientò i suoi libri nel piccolo mondo della
nobiltà di campagna e della borghesia di provincia, ritraendo, sempre dal
punto di vista femminile, personaggi che ben conosceva e dei quali
coglieva sia il profilo psicologico che il comportamento sociale.
Penultima di otto figli, suo padre era rettore di parrocchia, nacque a
Steventon, nella contea dell'Hampshire, in Gran Bretagna, il 16 dicembre
del 1775, e morì a Winchester nel 1817.
Iniziò la sua educazione scolastica alla Abbey
School di Reading e poi, a soli undici anni, la terminò, proseguendo la
sua istruzione in casa da autodidatta, dichiarando in seguito con umiltà e
modestia: Posso vantarmi di essere la donna più ignorante e meno
istruita che abbia osato diventare scrittrice.
La vita di Jane si svolse tutta fra le pareti domestiche, in un legame
molto stretto con Cassandra, la sorella maggiore, che costituì anche la
fonte più ricca ed attendibile di notizie sulla scrittrice.
Le due sorelle furono entrambe molto vicine al matrimonio, ma non si
sposarono mai (il fidanzato di Cassandra morì di febbre gialla, e Jane
accettò e poi rifiutò, una proposta di matrimonio, ma precedentemente era
stata innamorata, probabilmente non corrisposta, di Tom Lefroy, amico di
famiglia, ed un suo innamorato era morto tragicamente)
e vissero sempre insieme,
scrivendosi regolarmente, nei periodi di separazione, delle lettere, molte
delle quali distrutte dalla stessa Cassandra, che se ne fece censore per
evitare che diventassero pubbliche.
Per Jane Austen il successo letterario arrivò tardi; i suoi primi scritti,
parodie in forme letterarie, genere molto diffuso all'epoca, risalgono al
periodo fra il 1787 e il 1793, ma, vivente, vide apparire solo quattro dei
suoi capolavori, in larga parte, dedicati al matrimonio e all'amore; il
suo primo romanzo, “Buon senso e sensibilità”, fu pubblicato nel 1811, e
“Orgoglio e pregiudizio” nel 1813; seguirono, poi, “Mansfiel Park” ed
“Emma”.
Il suo romanzo più famoso e più amato dal pubblico di tutti i tempi,
meritatamente considerato un capolavoro, portato spesso anche sullo
schermo, al cinema e in televisione, è sicuramente “Orgoglio e
pregiudizio”; definito dall'autrice Il mio unico figlio adorato,
narra la vicenda amorosa di due giovani, divisi da incomprensioni dovuti
ai preconcetti e ai pregiudizi dell'ambiente provinciale nel quale vivono.
Ai tempi della Austen le fanciulle venivano educate esclusivamente nella
prospettiva del matrimonio, al quale dovevano arrivare caste, e, una volta
sposate, avevano l'obbligo di garantire eredi, meglio se maschi, della cui
educazione, però, non si occupavano direttamente. Dovevano sempre
comportarsi secondo le norme del galateo, vestire in modo consono al
proprio stato sociale, saper ben conversare, ma evitare di parlare di
politica e di religione, intrattenere gli ospiti suonando il pianoforte; i
loro compiti consistevano nella direzione della casa e della servitù e
nell'occupazione in opere caritatevoli. Inoltre, poiché allora
l'Inghilterra era spesso in guerra, per convincere i pochi uomini
rispettabili al matrimonio, evitando, così, alle figlie l'onta, ed il
peso, del zitellaggio, i genitori arrivavano ad offrire in dote somme
enormi.
L'amore e il matrimonio, non erano, perciò, libera scelta, ma
soggiacevano, soprattutto per la donna, ad un fitto intrico di regole e
convenzioni sociali, sapientemente ritratti in tutta l'opera della Austen;
in particolare in “Orgoglio e pregiudizio” l'autrice volle sottolineare
quali fossero le vere caratteristiche necessarie a garantire la riuscita
di un matrimonio, e come la nobiltà si rivelasse più nel comportamento che
nell'educazione.
Attraverso la fine descrizione psicologica, ma anche con acuta ironia,
delle passioni e delle avventure dei protagonisti della vicenda (Elizabeth
Bennet, intelligente, sagace e razionale, Fitzwilliam Darcy, ricco
e bello, ma anche snob ed altezzoso, Charles Bingley, gentile ed affabile,
Jane Bennet, dolce e affettuosa, i coniugi Bennett, mal assortiti, la
moglie poco intelligente ed ossessionata solo dal desiderio di maritare le
figlie, Collins, l'arrampicatore sociale, lady De Bourgh, zia di Darcy,
snob come il nipote e convinta che la sua condizione privilegiata le
consenta di poter giudicare tutto e tutti, e così via con tutti gli altri
attori della storia), la Austen seppe consegnare alla letteratura
universale una galleria di personaggi che, in ogni palpito, angoscia,
comportamento, osservazione, in un'incredibile varietà di sfumature, si
rivelano ancora oggi straordinariamente attuali.
Ebbene, mio caro, sappi che la signora Long dice che Netherfield è
stato preso in affitto da un giovanotto ricchissimo, dell’Inghilterra del
Nord, ch’è venuto lunedì scorso, in tiro a quattro, a vedere il posto e lo
ha trovato così di suo gusto che si è subito inteso col signor Morris.
Dice che ne prenderà possesso prima di San Michele e una parte dei suoi
servitori ci si troverà già alla fine di quest’altra settimana”.“E si
chiama”?
“Bingley”.
“Ammogliato o scapolo”?
“Scapolo, si capisce. Un giovanotto con un bel patrimonio; quattro o
cinquemila sterline all’anno. Bella casa per le nostre ragazze”. “Come?
Che c’entrano le ragazze”?
“Ma, caro mio” replicò la moglie “quanto sei noioso! Sappi che medito
di fargliene sposare una”.
“E questa sarebbe anche l’intenzione di lui nel venire a stabilirsi
qui”?
“Intenzione! Che sciocchezza! Come si fa a ragionare in questo modo? È
però probabilissimo che s’innamorerà d’una delle nostre figliuole e perciò
appena arriva tu devi andare a trovarlo”.
“Non vedo un pretesto. Potresti invece andarci tu con le ragazze, o
mandarle sole, che sarebbe anche meglio, poiché se ci vai anche tu,
seducente non meno di loro, potresti piacere più di tutte al signor
Bingley”.
“Non mi adulare, caro mio. Certo anche io avrò avuto le mie bellezze.
Ma oramai non pretendo davvero a nulla di speciale. Quando una donna ha
cinque figliuole da marito, ha da rinunciare a qualunque pensiero per la
propria bellezza”.
“Con cinque figliuole, non succede spesso che una donna ne abbia ancora
tanta da doverci pensare”.
“Sei proprio tu, mio caro, che devi andare a trovare il signor Bingley,
quando si sarà fissato da queste parti”.
“È un po’ più di quello che posso promettere”.“Ma pensa un po’ alle tue
figliuole, a quello che vuol dire un buon partito.
(da Jane Austen, “Orgoglio e pregiudizio”, traduzione di Giulio Caprini)
Francesca Santucci
|
|