Lettera al primo amore
di
Francesca Santucci
Mio caro
Gio',
finalmente trovo il coraggio di scriverti per svelarti il mio amore di un
tempo, perché non voglio nascondere oltre un sentimento puro ed
incorrotto, sbocciato quasi per miracolo in un mondo crudele dove
continuamente si sviliscono la pietà e la speranza e dove uomini, anche
fratelli tra loro, non si sforzano alla comprensione.
Vedi, Gio', un giorno io ti ho amato.
Era un secolo fa, o forse solo ieri, era primavera e vivevamo la primavera
della nostra vita.
Rose rosse e gialle e gelsomini candidi occhieggiavano tra i cespugli, e
fragranze sconosciute inebriavano i nostri sensi acerbi.
Capii di amarti dalle capriole che il mio cuore faceva nel petto al solo
vederti, al solo parlarti, al solo sentire pronunciare il tuo nome.
Non so più come tu fossi fisicamente, però ricordo che avevi il fascino
della parola, ed io ne ero soggiogata, turbata, commossa.
Mi decantavi la bellezza dell'Arte, mi spiegavi l'ineluttabilità della
Storia, mi descrivevi le meraviglie del calcolo matematico che consente
persino i voli nello spazio cosmico, mi parlavi delle innumerevoli varietà
dei fiori e delle altre molteplici forme variegate della Natura, ispiravi
in me l'amore per la natura, per la poesia, per la letteratura.
Avida suggevo ogni tua parola e sprofondavo in voli estatici dai quali
riemergevo solo per poterti ancora ascoltare.
Soprattutto amavi la poesia crepuscolare;abbiamo trascorso ore
interminabili contro un mare cobalto o grigio di tempesta, tu a declamare
versi con enfasi ed ardore, io ad ascoltare attenta, mordicchiando un filo
d’erba, succhiandone il fresco succo mentre con occhi sbarrati guardavo le
tue belle labbra sillabare: ...un bacio lieve su la tua bocca rossa...un
bacio breve, breve, piccolo, senza scossa (e avrei voluto io quel
bacio)...La morte dell'estate era tranquilla in quel mattino chiaro
che salii tra i vigneti già spogli (e fantasticavo d’esser io
Felicita) ...Canto la tua tristezza, il tuo sconforto inconfessato, il
tuo cuore deserto (mentre sognavo d’esserti balsamo consolatore
contro quella malinconia che ti prendeva e mai t’abbandonava)¼Ma
non ci siamo amati. Tu non hai parlato, io ho taciuto.
Avevi da offrirmi un mondo intero di tenerezza, dolcezza, sensibilità...ma
non mi hai amata...
Avevo da offrirti le esitazioni, le fragilità, le incertezze, le
innocenze, le mille curiosità di chi s'appresta a vivere la primavera
della vita, un cuore colmo d'amore...ma ti ho taciuto i miei sentimenti
per pudore, per timore, chissà poi perché!
E così ti ho lasciato pensiero luminoso e puro della mia mente, desiderio
recondito dell'anima, inconfessato segreto coltivato e coccolato per
anni...
Improvvisamente piove. E' bella questa pioggia inattesa che zigzaga
agitata dal vento, suscitando mulinelli di polvere, riversando detriti nei
tombini, scuotendo gli alberi, facendo ondeggiare come odalische i teneri
fuscelli e i fiori primaverili dei campi, trasportando effluvi diversi
sovrastati dal tanfo della polvere.
Smetto di torturare la tastiera del computer, e la mia mente e, come
facevo da bambina, mi affaccio alla finestra per gustare gli odori della
polvere e dell'erba piacevolmente confusi.
Un brivido di freddo mi percorre le braccia seminude, richiudo le imposte
e, col naso schiacciato contro il vetro, spazio con lo sguardo
all'orizzonte: nel cielo le nuvole formano immagini strane, una montagna,
un drago, un fiore, due cuori, sagome umane ed animali; lungo il viale è
ferma una bicicletta, più innanzi costeggiano i bordi ciuffi di ciclamini
e di violette selvatiche...Violette...viole... O noto profumo disfatto
di mammole e di petit- gris...Ma Guido che cosa t'ho fatto di male per
farmi così?... Ritornano alla mente ancora altri versi e il cerchio
dei pensieri si ricompone.
Dove sarai mai tu, mio pensiero luminoso d'altri tempi? Dove sei ora,
amore d’un secolo fa?
Chissà, forse altrove, in altro tempo, in altra vita, tra cieli più
puliti, in libertà, il mio desiderio inespresso potrà farsi tangibile, e
allora ci ameremo, e allora mi amerai.
Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di
rimpianto.Non amo che le rose
che
non colsi.Non amo che le cose
che
potevano essere e non sono state...
dal libro "Racconti e fiabe", A.
L.I Penna d'Autore, dicembre 2004
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