A Firenze
E tu ne' carmi avrai perenne vita
Sponda che Arno saluta in suo cammino
Partendo la città che del latino
Nome accogliea finor l'ombra fuggita.
Già dal tuo ponte all'onda impaurita
Il papale furore e il ghibellino
Mescean gran sangue, ove oggi al pellegrino
Del fero vate la magion s'addita.
Per me cara, felice, inclita riva
Ove sovente i piè leggiadri mosse
Colei che vera al portamento Diva
In me volgeva sue luci beate,
Mentr'io sentia dai crini d'oro commosse
Spirar ambrosia l'aure innamorate.
(Ugo Foscolo)
La prima volta che visitai Firenze avevo appena terminato il liceo
classico e ci andai proprio sull'onda emotiva degli approfondimenti
scolastici letterari ed artistici: gli stilnovisti, Dante, Petrarca,
Boccaccio, Giotto, Cimabue, Botticelli, Donatello, soprattutto per
Dante, del quale non mi stancavo di ripetere a memoria i versi più
belli del Poema e del quale volevo assolutamente visitare la casa, ma
Firenze, ovviamente, non era solo Dante...
Eccomi, finalmente a Firenze, la città del giglio, adagiata sulle rive
dell'Arno chiamato da Dante il fiumicel che nasce in Falterona.
Proprio dove ora sorge il Battistero, il mio bel San Giovanni, come lo chiamò il Poeta nella Divina Commedia, nel
centro della città odierna, sorsero le prime abitazioni degli Etruschi
calati dal vicino colle di Fiesole, un vicus faesulanus, che, attratti
dalla fertilità della valle, ci vissero fino alla venuta dei Romani, ed
io ero proprio lì... Mentre dall'alto di Piazzale Michelangelo,
spaziavo con lo sguardo su tutta la città, preparandomi a conoscerla,
illudendomi di potermene appropriare, di dominarla, sopraffatta dal suo
fascino ed abbagliata dalla vastità dei tesori che racchiudeva, mi
venne alla mente la frase di Anatole France: Il Dio che ha creato
le colline di Firenze era un artista: un orafo, uno scultore, uno che
sapeva lavorare il bronzo; ed era anche un pittore. In breve, quel Dio
doveva essere un fiorentino.
All'improvviso, però, mentre mentalmente chiedevo a me stessa se ce
l'avrei fatta a visitarla tutta, perché Firenze non era solo Dante, era
molto di più, mi colse un senso di smarrimento (sindrome di Stendhal?)
e realizzai che di certo non l'avrei posseduta, sarebbe stata lei a
possedere me.
Non è semplice parlare di Firenze, terra con la quale la natura è
stata prodiga di doni, facendola sorgere in un luogo meraviglioso,
circondata da dolci e verdeggianti colli costellati di antiche ville,
giardino dell'arte italiana, così ricca di tesori artistici, dalla
Torre di Giotto a Santa Croce, dal Palazzo Riccardi all'Ospedale degli
Innocenti, da Santa Maria del Fiore a Santa Maria Novella, faro di
civiltà, patria di glorie nel campo della cultura e dell'arte, di
poeti, scrittori,pittori, scultori, architetti, come Dante, Machiavelli,
Giotto, Brunelleschi. Ricchissima di monumenti e di memorie illustri,
ancora oggi Firenze reca viva l'impronta del suo passato, storia di
passioni politiche, di aneliti di libertà, di amore per l'arte e per la
cultura.
Credo, senza ombra di dubbio, che, nonostante la bellezza del
paesaggio, sia la componente artistica quella che rende Firenze uno dei
più notevoli e significativi centri turistici , perché conserva nei
musei, nelle chiese e nei palazzi un patrimonio artistico di valore
inestimabile per gli italiani e per l'intera umanità, tesori di ogni
epoca storica attraverso i quali è possibile ripercorrere idealmente
tutta l'evoluzione dell'arte, che il tempo non ha intaccato, solo
l'alluvione del 1966, come nel caso del Crocifisso del Cimabue; a
ricordare quel drammatico evento c'è oggi una targhetta che recita:
il 4 novembre 1966 l'acqua dell'Arno è arrivata fin qui.
Pur subendo, dunque, il fascino dei colli, dell'Arno abbagliato dalla
luce diurna o suggestivamente illuminato dalle luci artificiali serali,
è da lì che partii, dall'esplorazione del patrimonio artistico.
Sono tanti i luoghi da visitare a Firenze, ma alcuni sono assolutamente
imperdibili, come il Battistero di San Giovanni, l'edificio religioso più
antico della città, impreziosito da mosaici duecenteschi e da porte
bronzee con figurazioni bibliche del Ghiberti e del Pisano; o come Santa
Maria Del Fiore, la bellissima cattedrale opera di Arnolfo di Cambio,
sovrastata da una meravigliosa cupola, una delle più grandi del mondo,
progettata e iniziata dal Brunelleschi. All'interno contiene anche la
famosa Pietà di Michelangelo, bellissima nella drammaticità che
traspare dal contorcersi e poi riunirsi dei corpi in un unico blocco; il
suo campanile, invece, fu iniziato da Giotto e proseguito da Andrea
Pisano; alle due file di formelle raffiguranti arti liberali, mestieri,
pianeti, virtù, sacramenti, lavorarono artisti come Arnoldi, Della
Robbia e lo stesso Pisano. Al Museo dell'Opera del Duomo è conservata, invece, la statua del profeta Abacuc,
scolpita da Donatello in modo così realistico che si narra che egli le
diede una pedata esclamando "Parla, imbecille!", di qui l'appellativo
datole dai fiorentini di Zuccone.
Nella Chiesa di Santa Croce, il bellissimo tempio in stile gotico che
racchiude opere di artisti illustri come Giotto, Vasari, Donatello,
Della Robbia, ci sono le sepolture di alcuni grandi italiani, come
Machiavelli, Michelangelo, Galilei, Alfieri e Foscolo, esaltate da Ugo
Foscolo nei suoi "Sepolcri", a egregie cose il forte animo
accendono l'urne de' forti, che commuovono e rafforzano il nostro
orgoglio nazionale.
L'itinerario può proseguire visitando Palazzo Strozzi, il capolavoro
dell'architettura civile quattrocentesca, iniziato da Benedetto da Maiano, che ideò il caratteristico bugnato della facciata su
commissione di Filippo Strozzi il Vecchio, nel cui cortile si trova il
Gabinetto Viesseux, celeberrima fondazione ottocentesca, oggi biblioteca
pubblica, un tempo sala di lettura e luogo d'incontro dell'élite
intellettuale cittadina.
Il più elegante tra i palazzi signorili della città è sicuramente
Palazzo Rucellai, in via della Vigna Nuova; costruito alla metà del
Quattrocento su disegno di Leon Battista Alberti, ospita al pianterreno
il Museo Alinari, raccolta di fotografie realizzate dai fratelli Alinari,
che documentano l'evoluzione della società italiana a partire dalla metà
del XIX secolo. Di fronte al palazzo sorge la loggia dove venivano
celebrati i matrimoni e le feste di famiglia; murata nel Seicento, è
oggi utilizzata per piccole esposizioni temporanee.
Non bisogna tralasciare, ovviamente, di visitare la Galleria degli
Uffizi, dove sono conservati i capolavori della pittura italiana di ogni
tempo, da Cimabue a Masaccio, da Giorgione a Michelangelo, da Caravaggio
a El Greco, e Palazzo Pitti , che custodisce opere di maestri italiani e
stranieri del '500'e del '600' come Tiziano, Raffaello, Giorgione,
Tintoretto e il Canova.
Si può poi fare una sosta al giardino dei Boboli, il vasto e rigoglioso
giardino rinascimentale, situato dietro Palazzo Pitti, iniziato nel 1550
dallo scultore Niccolò Pericoli e terminato dal Buontalenti e dal
Giambologna. All'interno c'è la statua di un Buddha; la leggenda vuole
che chi toccherà la pancia ritornerà a Firenze; naturalmente nessun
turista, pur di ritornare a Firenze, tralascia di accarezzare il ventre
del Buddha, e, vi assicuro, che, pur di ritornarci, fui anch'io prodiga
di carezze, sotto lo sguardo divertito dei presenti.
Ho lasciato per ultima la meta che mi aveva spinta la prima volta a
Firenze, la casa di Dante Alighieri, padre della lingua italiana,
massimo dei nostri poeti, uomo di forti passioni politiche, costretto a
subire l'esilio da Firenze di cui non cessò mai di compiangere le
sventure, insieme a quelle dell'intera Italia da lui definita: nave sanza nocchiere in gran tempesta.
Questa casa è comunemente ritenuta la sua, e vi si arriva attraverso
la via Dante Alighieri; all'interno del palazzo, entro teche di vetro,
sono custoditi alcuni documenti riguardanti Dante e la famiglia degli
Alighieri, e c'è anche un'antichissima Divina Commedia, che non è però
l'originale; esistono, infatti, circa settecento codici manoscritti,
alcuni datati, altri databili o di data incerta, il più antico risale
al 1329-30, otto o nove anni dopo la morte del poeta, ma l'originale non
è mai stato ritrovato. Nonostante tutto non mancherà egualmente di
emozionare, proprio come accadde a me.
Per acquistare qualche souvenir si può andare al mercato del
Porcellino, che si svolge in pieno centro cittadino, sotto la loggia del
Porcellino in via Calimala, ogni giorno tra le 9 e le 17, tranne la
domenica, vicino alla fontana coronata da un cinghiale, che appunto dà
il nome alla loggia; qui, tra i banchi ben allineati, che offrono
prodotti di artigianato fiorentino, in cuoio, in legno, ricami e, anche
se sempre più raramente, borse, cappelli e cappellini in paglia, si ha
solo l'imbarazzo della scelta.
Firenze è anche città ricca di folklore, come lo scoppio del carro,
una delle più antiche tradizioni fiorentine che risale ai primi anni
del XII secolo quando, secondo la leggenda, Pazzino de' Pazzi riuscì
per primo ad issare il vessillo cristiano sulle mura di Gerusalemme. Di
ritorno a Firenze, de' Pazzi portò con sé tre pietre provenienti dal
Santo Sepolcro, donategli da Goffredo di Buglione come ricompensa per la
sua audacia. Da allora, al Sabato santo, si usa accendere il cero
pasquale con le scintille scaturite dallo sfregamento di queste pietre
e, secondo la tradizione avviata nei primi anni del XVI secolo, si
appicca il fuoco ad un carro pieno di petardi e fuochi d'artificio,
posto davanti a Santa Maria del Fiore. L'accensione avveniva, e avviene
ancora oggi, per mezzo di un razzo a forma di colombina che, scivolando
lungo un cavo d'acciaio, raggiunge il carro partendo dall'altare
maggiore del Duomo; dal buon esito del corso della colombina i
fiorentini usano trarre l'auspicio per il buon andamento dell'anno.
Un'altra festa interessante è il calcio in costume, in costume d'epoca,
naturalmente, risalente allo sport del Quattrocento, che si giocava n
modo più violento di quello attuale, senza esclusione di colpi. Per
ricordare quello che un tempo era lo sport cittadino per eccellenza, che
veniva giocato per le vie e nelle piazze in ogni occasione, ogni anno,
nel mese di giugno, si gioca in Piazza della Signoria, dove c'è anche
la famosa fontana del Nettuno, il "Biancone" dello scultore
Bartolomeo Ammannati; tra divinità marine e satiri, risalta una
colossale statua del dio del mare, che rappresenta un infelice tentativo
dell'autore di imitare Michelangelo, al che l'arguzia dei fiorentini ha
elaborato un ironico epigramma: Ammannato, Ammannato, che bel marmo
hai rovinato.
Un'altra festa simpatica è la festa della Rificolona, che si tiene alla
vigilia della Natività di Maria, la sera del 7 settembre; per
l'occasione giungono in piazza Santissima Annunziata, da tutta la città,
cortei formati da giovani e bambini che portano delle canne alle quali
sono appese le rificolone di ogni forma e colore. Cosa sono le
rificolone? Lampioncini in carta dalle forme insolite, illuminate da una
candela posta al centro.
Naturalmente non si può andar via da Firenze senza aver assaggiato il
salame locale, l'ottima finocchiona, innaffiata dal vino toscano la cui
stella brilla da sempre nel firmamento della qualità enologica: che sia
classico, dei Colli fiorentini o Rufina, ma che sia un buon bicchiere di
Chianti.