Francesca Santucci, “Donne protagoniste”, Edizioni Il Foglio, maggio 2004
Drammatica fu l'esistenza
di Elfriede Lohse-Wächtler, la cui vicenda personale s’intersecò con la
grande tragedia collettiva degli anni del nazismo.
Elfriede nacque nel 1899 in una famiglia borghese; suo padre, Gustav Adolf
Wächtler, coltivava grandi speranze per lei, perciò disapprovò la
scelta “eccentrica” della figlia d’intraprendere la carriera artistica.
Nonostante la sua disapprovazione, volitiva ed intraprendente, nel 1915 Elfriede s’iscrisse all'Accademia d’Arte di Dresda per studiare disegno, ma
poi cambiò corso di studi per impegnarsi nella grafica applicata, in
particolare nel batik.
In spirito d’indipendenza lasciò la casa paterna, tagliò corti i capelli,
indossò abiti maschili, cominciò a tingere tessuti e a realizzare cartoline
d’auguri litografate per guadagnarsi da vivere e finanziarsi gli studi, che
continuò sotto la guida del professore d’arte Oskar Georg Erler.
Adottato lo pseudonimo maschile di Nikolaus Wächtler, Elfriede
frequentò le avanguardie artistiche del tempo, ebbe come amici Conrad
Felixmüller e Otto Dix, aderì al movimento “Dada” e maturò una coscienza
politica e sociale.
Elfriede Lohse-Wächtler, "Autoritratto"
Sorprendendo tutti, nel 1921 sposò Kurt Lohse, un allievo d’ arte
squattrinato, che conduceva una vita sregolata e che, mentre era sposato con
lei, ebbe tre figli da un’altra donna.
Allontanatasi da Kurt e dai loro amici comuni la sua salute mentale
cominciò a vacillare finché, oppressa anche da preoccupazioni economiche,
nel 1929 ebbe un crollo psichico mentre si trovava ad Amburgo, dove viveva,
e fu ricoverata nell’ospedale psichiatrico di Klein-Friedrichsberg.
Durante il ricovero, Elfriede creò dei sorprendenti ritratti di donne
ricoverate nell’ospedale, le “teste di Friedrichsberg”, entusiasmando i
critici che, per la rappresentazione cruda, grottesca, "brutta" (com'era
tipico degli espressionisti tedeschi che deformavano l'oggetto
rappresentato) di personaggi colti in miseria e solitudine morale, la
paragonarono a Grosz, Kokoschka e Schiele: cominciò, allora, il periodo più
felice della sua carriera artistica.
Nel maggio del 1929
espose i suoi ritratti al “ Kunstsalon Marie Kunde”, a questa mostra
seguirono altre esposizioni, con opere di fantasia e ritratti di ambienti
squallidi di Amburgo, ma il suo successo fu di breve durata.
Negli anni in cui la Germania precipitava verso il nazismo Elfriede fece
ritorno a casa e affondò sempre più nel suo male.
Su richiesta del padre, sgomento per le condizioni di quella figlia che
sentiva così estranea, con la quale sempre difficili erano stati i rapporti,
e convinto di affidarla ad un luogo di giuste cure, nel 1932 fu ricoverata
nell'ospedale psichiatrico di Arnsdorf, presso Dresda: le fu diagnosticata
la “schizofrenia”.
Elfriede, ancora ottimista verso il suo futuro, continuò a dipingere e a
scrivere ai suoi chiedendo di poter lasciare l’ospedale, ma il suo destino
era ormai segnato.
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Elfriede Lohse-Wächtler, "Gatto"
Nel 1935, come consentito dalla legge per la prevenzione della prole
geneticamente difettosa contro chi era affetto da “tare ereditarie”, dopo
un suo primo rifiuto, Elfriede venne sterilizzata a forza.
Oppressa dall’umiliazione subita smise di dipingere, eppure, anche se
priva di cure adeguate, malnutrita e sofferente, ancora sperava in un
cambiamento positivo per la sua vita.
Nel 1939 Hitler avviò con i suoi fedelissimi il “Progetto action
T4”, chiamato più semplicemente il "T4", con il quale, dopo
l'eliminazione dei bambini con handicap fisici e mentali, si procedeva
all'eutanasia di massa degli adulti disabili; furono così condotti a morte
circa 70.000 cittadini tedeschi.
Anche Elfriede restò vittima del “Progetto T4”;
morì il 31 luglio del 1940, gasata insieme ad altre venti donne, a
Pirna-Sonnenstein.
Molte opere che aveva abbozzato a Arnsdorf furono distrutte come arte
degenerata.
Un giorno Elfriede aveva scritto:
Malgrado tutto quello attraverso cui
sono passata sono abbastanza stupida da credere che la gente buona esista
ancora.