IL LAGO, LE STAGIONI, LA MORTE NELLA POESIA DEL PRIMO SERENI di Eleonora Bellini
Siamo abituati a pensare la sponda lombarda del lago Maggiore, la sponda
orientale, come quella che può contare su di una storia meno illustre
rispetto alla sponda piemontese, l’occidentale. Quest’ultima
nell’Ottocento vedette soggiornare o rifugiarsi sulle proprie rive, nei
propri borghi, presenze eminenti come quelle di Antonio Rosmini, di
Alessandro Manzoni, di Ruggero Bonghi, della Regina Margherita, per fare
solo qualche esempio italiano e per tacere dei grandi viaggiatori, poeti e
scrittori che dal Nord scesero affascinati verso queste sponde per
cercarvi i giardini di un mediterraneo eden in miniatura. E lo trovarono.
Ti distendi e respiri nei colori. Nel go/fo irrequieto, nei cumuli di carbone irti al sole sfavilla e s'abbandona l'estremità del borgo. Colgo il tuo cuore se nell'alto silenzio mi commuove un bisbiglio di gente per le strade. (...) Di notte il paese è frugato dai fari, lo borda un’insonnia di fuochi vaganti nella campagna, un fioco tumulto di lontane locomotive verso la frontiera. Il lago, silenzioso eppure brulicante di vita, anch'esso un poco frontiera tra realtà e sogni, tra terra e cielo, tra spazi dell'uomo e spazi dell'avventura, insinua inquietudini al calar della sera, dentro la sosta tranquilla di un gruppo di amici riunitisi ad oziare in compagnia, come in un romanzo di Piero Chiara: Improvvisa ci coglie la sera. Più non sai dove il lago finisca; un murmure soltanto sfiora la nostra vita sotto una pensile terrazza. Le acque del lago non offrono scampo all'immaginazione di chi vagheggi un orizzonte lineare ed infinito come quello che si può contemplare sulla riva del mare: qui l'altra sponda è la dirimpettaia vicina - lontana, curiosa e ritrosa, è la realtà speculare, così nelle attrattive come nelle asprezze, è la perfetta percezione dell’ineluttabile, lento rovinare delle cose sotto l'azione distruttiva del tempo. Lo specchio d'acqua chiusa, appena ondulata o quasi ferma se sopra non vi spira il vento, offre al poeta Sereni, l'occasione per immaginare navigazioni sconfinate, ben oltre il semplice spazio geografico, ben oltre le ore quotidiane, verso quel confine (quella frontiera), misterioso e negato, che separa la morte dalla vita. Come in Strada di Zenna: Ci desteremo sul lago a un’infinitanavigazione. Ma ora nell'estate impaziente s'allontana la morte. E pure con labile passo c’incamminiamo su cinerei prati per strade che rasentano l’Eliso. (...) Sereni si rivolge qui ad una giovane amata insieme alla quale immagina di varcare il confine dell'ultraterrena sede dei saggi e dagli eletti. La morte si contrappone all'estate (così anche nella lirica “Verano e solstizio” in Stella variabile, quarant'anni dopo: “Perché, tu che sai tutto di Roma, / lo chiamate così quel vostro cimitero / con quei nome spagnolo che significa estate?”) e si fa più lontana; poi torna improvvisa a cospargere i prati di cenere, a spegnere il riso delle acque con il plumbeo cadere delle nebbie, ad annerire il cielo con la nuvola di fumo lanciata da una locomotiva diretta oltre confine, e tuttavia perdutasi nell’indugiare un poco al di qua della frontiera, offuscando l'orizzonte del poeta e dell'amata, che si sentono sbalzati dai promettenti chiarori dell'estate ai grigiori di mete quotidiane, fino alla meta senza ritorno, la morte turbinosa di ceneri accecanti: (. . .) ci travolge la cenere dei giorni(...) Ma torneremo taciti a ogni approdo. Non saremo che un suono di volubili ore noi due o forse brevi tonfi di remi di malinconiche barche.
I tonfi dei remi che suonano nel silenzio trasportano il
lettore al lago invernale: liberato dalle frotte dei turisti, dai giochi
dei bambini, è un lago sospeso tra tonfo e silenzio e successivo tonfo,
tra i rintocchi delle ore dai campanili e il pervicace mutismo delle porte
chiuse, un lago in attesa che vive solo dell'eco di tutti i tonfi e di
tutti i tocchi e soprattutto dell'eco ad libitum dei silenzi. Dicono le ortensie: è partita stanotte e il buio paese s'é racchiuso dietro la lanterna che guidava i suoi passi- dicono anche: - E’ finita l'estate, è morta in lei e niente ne sapranno i freddi verdi astri d'autunno.- Un cane abbaiava all'ora fonda alla pioggia all'ombra del mulino e la casa il giardino si vela di leggera umidità.
Frontiera avrà una successiva edizione nel 1942, un anno
dopo la prima, mentre il poeta si accingeva a partire per la guerra di
Grecia. Sereni scrisse in quel momento nella prefazione alla raccolta:
l'autore sa anche che questo è il suo unico libro, (…)
un andare
lontano e mettere in gioco la propria sorte di creatura.
Eleonora Bellini
[1] V.SERENI, Tutte le poesie, Milano 1986. Ma si può leggere anche la raccolta, molto utilmente commentata: Poesie. Una antologia per la scuola a cura di Dante Isella e Clelia Martignoni, Luino, 1993.
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