"I nemici svegli":
un poemetto di
Eleonora Bellini
nota di Grazia Cerino
Il tema della Via della Croce , della tribolazione ,
della mortificazione , del dolore , della morte e della redenzione che ha
ispirato santi ed artisti , viene ripreso da Eleonora Bellini in un agile
poemetto dal titolo:"I nemici svegli"Ed.ArtEuropa.
Sono i nemici di Gesù pronti a martoriarlo , a condannarlo alla morte in
croce e Lui è solo ."tutti gli amici addormentati".E' una sacra
rappresentazione che si svolge in sedici quadri , quelli appunto , della
"Via Crucis"e noi assistiamo spettatori commossi e silenziosi alle scene ,
ascoltando le riflessioni che di volta in volta vengono fatte da
personaggi diversi :da un pastore , da uno sconosciuto , dalla Veronica
,da un pretoriano , dalle pie donne , da una voce fuori scena ,da due
passanti , dai ladroni , dai presenti , dai profani .Il commento è fatto
dall'autrice che si serve dei pensieri di B.Pascal , di J.Cronin ,di
E.Galeano , di O.A.Romero e di altri , perché di valore universale ,
giuste chiose ai quadri del cammino doloroso."E' attraverso la Croce che
tutto si compie ". Il Battesimo è dato dalla Croce"scrive Giovanni
Crisostomo .E Gesù muore , "indicando il cammino". Dicano quel che
vogliono gli scettici e i profani , come quel vecchio frusto e solitario
che commenta , usando le parole del Che :"Questa è la storia di un
fallimento", "levando alte le mani a figurare/il disegno della vita come
scala/ che alta e ripidissima s'inerpica/ e che all'ignoto culmine si
perde/ nella perfetta chiarità dei cieli ." La conoscenza umana non va al
di là del culmine , al di là dei cieli .Il Risorto ha lasciato traccia
concreta della sua presenza :"Cristo è nel pane , ma lo si riconosce nello
spezzare il pane ."riflette la poetessa con una citazione di R.Garandy .E
il lettore che ha assistito al dramma , rimane sempre più convinto che il
cammino della Croce si ripete nei secoli e che l'ingiustizia perpretata
dagli uomini su altri uomini è di per sé crocifissione , come affermò il
vescovo Romero .Il poema si avvale di uno stile elegante e sobrio ,con
versi perfetti ed armonioso linguaggio .
I nemici svegli
di Eleonora Bellini
silloge
poetica
VOCI DI GENTE SULLA VIA DELLA CROCE presentazione
di Ariodante
Marianni
Da ragazzo mi colpì un
racconto di Andreev, non ne ricordo più il titolo, diceva di un uomo
con un gran mal di denti che dal terrazzo della sua casa guardava
sfilare il corteo che portava un condannato a morte sul Golgota per
esservi crocifisso. Guardava, rifletteva, ma ad occupare tutta la
sua mente era in realtà il suo tremendo dolore. Eleonora Bellini,
ignara dell’illustre precedente, assume in questa sua moderna sacra
rappresentazione un punto di vista analogo, ampliandolo:
protagonista non è più un individuo, è una folla, passanti o gente
del seguito, un coro di voci, di umori, di sommovimenti dell’animo,
affetti e indifferenza, di reazioni, insomma, allo spettacolo cui
assiste: l’esecuzione di un condannato ribelle. Ed ecco che subito
risalta, in filigrana, l’assunto morale del lavoro, la sua
attualità: non siamo noi quella folla, che ogni giorno, direttamente
o davanti a uno schermo, osserva e commenta le sofferenze e le
ingiustizie - le vie crucis - di tanta umanità? Certo, l’evento qui
descritto (il mito, se si vuole) è macroscopico, ne è impregnata
tutta la nostra cultura occidentale, ed ha già nel solo titolo il
sigillo della tragedia; ma questa finissima poetessa non ha timore
di rivisitarlo, di riviverlo col pathos e gli accenti dovuti a un
fatto di palpitante cronaca politica. Gli interlocutori del testo,
oltre a quelli della tradizione (la Madonna, il Cireneo, la
Veronica, i due ladroni, le pie donne) sono infatti anonimi figli di
una polis occupata da una potenza straniera, gente qualunque,
come la definisce il titolo: un pastore che lo ha visto nascere, un
cittadino che ha assistito alla sua condanna a morte, uno
sconosciuto che riflette e ironizza, un pretoriano "alto e
marziale", due passanti, alcuni scettici e profani, perfino "una
voce fuori campo", e, al culmine, nemmeno più voci, solo "pensieri
di paura in cupo silenzio". Una sacra rappresentazione, si diceva,
strutturata come un poemetto in più canti, in cui l’azione è
suggerita dai titoli didascalici delle stazioni nel rito
pre-pasquale della Via Crucis, ma tutto è affidato alla parola
poetica. E qui ne isolerei e sottolinerei una, più volte ricorrente
nei testi, parola-simbolo dell’incolpevolezza, in cui sembra
concentrarsi e depurarsi tutto il coinvolgimento emotivo
dell’autrice, ed è la parola bambino, col suo corredo di
oggetti e atti pertinenti e le parole correlate di figlio,
nascita, madre. Essa compare già nel primo verso del
poemetto, prende forza in "Gesù incontra sua madre", si sviluppa con
pienezza nei dialoghi incalzanti delle "Pie donne", stanche di
partorire morti. Ma faccia attenzione il lettore al linguaggio
di questi versi, che non indulge mai al patetico, tanto meno
all’esornativo, ma è sempre teso a tradurre la verità dell’anima con
il massimo di economia verbale, chiaro sintomo di un’attenta e
vigile coscienza critica. E si leggano nella giusta luce le
citazioni inserite nel testo· , compresa quella finale del Che,
messa in bocca ad un vecchio solitario e frusto nell’ultima
poesia della sequenza, in cui esplode tutta la delusione di una
mente che ha creduto e operato: "questa è la storia di un
fallimento".
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selezione dalla
silloge poetica
I nemici svegli
di Eleonora Bellini
VII LA VERONICA
(mostra un panno bianco un poco
sporco)
Ecco, guardate, vi mostro
l’effigie
di un giusto, un volto
sfigurato di sudore e sangue.
Carpii l’amata impronta quando
l’uomo
reclinò il capo sopra le mie
braccia,
abbandonando
tutta la sua stanchezza alla
mia tela.
Contemplate o fedeli come
annuncia
quest’impronta verace il suo
martirio
e il nostro sperdimento:
stringerlo al petto già morto
mentre è vivo.
( E più non vi dico ciò che
altro penso:
bisogna tornare al Dio
che invece di rivelarsi
nell’onnipotenza
si manifesta nell’onnidebolezza).
VIII GESU’ CADE PER LA SECONDA
VOLTA
(parla un soldato, un
pretoriano alto e marziale)
Eccolo a terra, ancora. Ma chi
tra noi
è uomo che da sé si regga in
piedi
oltre l’inerzia dei ruoli?
Ciascuno
che agisce sulla scena
rappresenta
- figura, tornisce, forse
inventa - a sé poteri, onori,
affetti.
Il presente dramma invece
è verità d’orrendo accadimento.
Ma quando l'ombra
della prima sera ridurrà
l'abbaglio
al condannato s'aprirà la via
dell'evasione,
perché:
richiede più coraggio l'allegria
del dolore. Al dolore,
in fin dei conti, siamo
abituati.
Dunque nel cadente stralcio del
giorno,
mentre la vita già l’abbandona,
egli
abbraccerà sua madre terra. Da
lei,
scherzando, ruberà forze
intatte
e l’ultimo vigore.
E un lampo di futuro farà
chiara
l'ultima sua notte.
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