Eleonora Bellini, “Le ceneri del poeta", Edizioni Orizzonti Meridionali, 2011

 

"Quel che resta è l'amore": recensione alla raccolta

(selezione)

PROVIAMO A CAMBIARE LE PAROLE

Proviamo a cambiare le parole
e anziché clandestino, immigrato
e straniero ed extracomunitario
diciamo Mohamed e Alina e Ivan
e Irina e Omar e Igiaba.
Poi facciamo scorrere
dinanzi agli occhi luoghi e storie
e fughe e speranze ed amori
e risa e pianto e dolori.
La storia di un uomo che nel buio incerto
del mattino pedala e va al cantiere,
il sorriso della donna che consuma
il suo veloce pasto nell’attesa
dell’autobus. Fatti di gente
e gente fatta di voce
e di occhi e di carne e di pensieri.
Poi torniamo
indietro negli anni quando erano
grigie e rare le foto e lì incontreremo
Rocco e Rosa e Luigi e Maria col fardello
dei figli, stretti al baule per il viaggio,
commossi e assai tremanti
al pensiero dell’incontro con lingue
sconosciute, con ignote geografie.
Paure da poveri e coraggio.
Poi guardiamo
nello specchio di casa il nostro volto,
figura d’altri volti antichi e nuovi,
volti sconosciuti - chi sa i nomi ed i luoghi
di qualcuno che risalga oltre i bisnonni? –
e lo vedremo figlio
di gente ignota e venuta da lontano:
antenati
a ciascuno comuni e clandestini
ci scorrono nel corpo, dentro il sangue.

CENTRO D’ACCOGLIENZA

Volti ignoti s’affacciano alle sbarre.

La nostra patria s’è fatta una prigione

È matrigna a poveri e stranieri.

 

La favola ha perso il lieto fine,

s’è interrotta dinanzi al digrignare

dell’orco, al ghigno della strega.

 

Crocifigge il futuro e non s’avvede

Del muto vituperio degli sguardi.

(“Cendres”)

 

VENTISEI NOVEMBRE

Come da millenni le stelle

morte a noi danno maggior luce

e favole e favole e favole,

così giunge

a me dalla sua morte la sua luce.

(“Le ceneri del poeta”)

 

CERTEZZE

È certo che lo raggiungerò:

là dove non è lo ritroverò

appena non sarò.

 

DUPLICE FINALINO

I

La morte consolida i legami,

incastona le date come pietre

preziose sui gioielli di famiglia

Col suo scatto

Immortala scene, luoghi, colori

E fissa nel cristallo i movimenti

Altrimenti impercettibili del capo,

delle ciglia. E fissa

le istantanee nel fuoco del cuore

e della mente.

Morte stringe i nodi,

non li scioglie.

II

Il lutto danza sull’asfalto

E profumano

I grappoli pieni delle acacie,

promesse di miele, pascolo

d’insetti.

All’orizzonte lombardo

S’addensano le nuvole.

S’annunciano code e allagamenti

Della sede stradale, si temono

Prepotenti vortici d’oblio.

(“L’altro tempo)

             

AGOSTO

No, la mia tenerezza per lui

non è finita. Stupefatta e nuova

sboccia ogni mattina. Oggi

i pesci volanti-vivono d’acqua

e d’aria, di due opposti stati-

mi hanno suggerito che sono

dentro di noi gli opposti

e che chi afferma

insieme fermamente nega.

E così entrambi siamo:

io qui- mare ed onda-

e tangibile scuotersi dei sensi-

egli nel nulla.

(“L’altro tempo)

 

IL VARCO DEL SOLSTIZIO

 

Raduno ricordi, voci, messaggi

memorabili istantanee, ritagli

di giornali e piccoli figure.

Trovo gusci e silenzi, paure e calamite

di gelo e nulla. Che ci vuole

per farlo ritornare? Le vietate soglie

d’insania e di follia? Non voglio

pietà e memorie. Voglio

il suo corpo, ginocchia

e collo e mani, le sagge

labbra e i violini della voce.

Voglio abbassare lo sguardo

innanzi a lui tremando un poco

come al primo incontro.

("L'altro tempo")