Eleonora
Duse
(1858-1924)
Eleonora
Duse fotografata alla Capponcina
Quelle povere donne delle mie commedie
mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre io m'ingegno
di farle capire alla meglio a quelli che m'ascoltano, quasi volessi
confortarle, sono esse che adagio adagio hanno finito per confortare me.
Così scriveva ad un critico teatrale Eleonora Duse, una tra le più grandi
attrici di tutti i tempi, intensa e palpitante, schiva ma appassionata,
che ebbe molto sfumato il confine tra donna ed attrice. Esigente e
rigorosa, soleva scrivere continue note ai copioni a tal punto da
influenzare infine tutto il testo recitato, per poi stravolgerlo e mutarlo
ad ogni recita; con l'intensità sia del gesto che della parola suscitava
consensi ed entusiasmi talmente profondi da meritarsi il soprannome di
"Divina" e da essere considerata, già in vita, un mito, che, tra storia e
leggenda, continua a persistere.
Impareggiabile interprete di Shakespeare, del teatro francese dell'800, di
Giacosa, Praga, D'Annunzio, di Ibsen che tanto l'appassionò, che tradusse
dal francese e che cercò persino d'incontrare andando in Norvegia a
recitare i suoi drammi, Eleonora Duse nacque a Vigevano nel 1858, da una
famiglia di attori girovaghi.
Suo nonno fu un popolare attore del suo tempo, ed anche suo padre fu un
attore che recitava nei mercati e nelle fiere.
Coinvolta nella vita da girovaga, Eleonora non frequentò mai la scuola, ma
a 4 anni era già in palcoscenico, in una particina in cui le veniva
richiesto di piangere e, per suscitarle le lacrime, dietro le quinte
veniva picchiata sulle gambe.
Splendida Giulietta , acclamata Teresa Raquin, ottima Principessa di
Baghdad, a 23 anni s'impose come prim'attrice nella compagnia Città di
Torino, e a 29 diventò capocomica.
A 24 anni, nel 1882, dall'attore Tebaldo Checchi ebbe una figlia,
Enrichetta, che crebbe nei collegi a causa delle continue tournèe della
madre; nello stesso anno Eleonora incontrò la grande Sarah Bernhardt.
Nel 1884, durante la messinscena della Cavalleria rusticana, conobbe
Arrigo Boito, musicista e poeta, librettista di Verdi, che la
introdusse negli ambienti della scapigliatura milanese e col quale ebbe
una storia d'amore durata sette anni, storia inizialmente appassionata,
soprattutto da parte di lei, poi meno intensa, di cui resta testimonianza
nelle bellissime lettera che i due si scambiarono, in cui Arrigo chiamava
Eleonora "Lenor" o "bumba", Eleonora chiamava Arrigo "Ozzoli" o "Zozzoli".
A risaltare maggiormente nel carteggio sono proprio le lettere della
Duse, talvolta sgrammaticate e frammentarie, ma intense e dense di
emozioni, che non parlano solo d'amore, ma esprimono riflessioni, pensieri
e ripensamenti sulla vita e sull'arte:
Arrigo!Io voglio vedervi, presto, presto...Un giorno, una notte, non
più, tu verrai...Ecco vedi, se parlo d'arte...mi rassereno...appena parlo
di vita-la gola mi si serra...e non so più parlare...
Se sapessi parlare - ti direi che mi sento-sento il mio spirito-tutta me-
nel periodo più...più...come posso dire?- Più propenso...(è poco)-più
assorbente (è misero)...non so...non so...Sento il cuore e il
cervello-così aperto-così dischiuso al bene...Sento che CAPIREI tante cose
- che ne apprenderei tante altre...Sento che NULLA è più disposto a
"salire" che il mio cuore -e qualche altra cosa che chiamasi "capire""-ma
chi alimenta le disposizioni buone e fertili dell'ingegno e del core- è
lontano lontano!...
La corrispondenza tra Eleonora e Arrigo non si concluse, però, con la fine
del legame amoroso, ma terminò solo con la morte di Boito.
Un altro incontro importante per la Duse, avvenuto nel 1895, fu quello con
Gabriele D'Annunzio, al quale fu legata da un rapporto d'amore e d'arte
per dieci anni.
Così la rievocò il Vate:
Udivo talvolta un fruscio lieve dietro la porta. . . Era la pietosa
venuta a origliare... Ella dice - Come sei pallido, figlio! Giacché tu
m'hai aperto, riposati un poco, datti un poco di tregua, dammene un poco
anche a me. Non ti prendi un momento di respiro... sempre amo e temo,
quando sono con te, il "cavallo alla porta e le ali all'anima". Si siede
presso il piccolo balcone. Io m'inginocchio presso i suoi ginocchi .
Respiriamo uguali. D'Annunzio era più giovane della Duse di cinque anni, per questo lei lo
chiamava "figlio"; per lei il Vate scrisse tanti drammi che l'attrice
recitò, ed anche finanziò, come "Il sogno di un mattino di primavera",
"Gioconda", "La città morta" ,"La figlia di Iorio", ma anche esibì i
dettagli della loro passione, causandole dolore e umiliazione, nel
romanzo "Il fuoco".
Eleonora Duse si ritirò dalle scene nel 1909 ma, affascinata dal cinema,
per il quale ebbe una passione non corrisposta, girò un film nel 1916
sotto la direzione di Febo Mari, "Cenere", tratto dal romanzo di Grazia
Deledda, che passò inosservato. Nel 1921 ritornò a recitare con un
repertorio ibseniano, e ripropose anche l'amato D'Annunzio.
Morì di polmonite in un hotel di Pittsburgh, in Usa,nel 1924, a 66 anni,
durante la sua ultima trionfale tournèe.
Attrice intensa, donna forte, dal temperamento d'acciaio, molto religiosa,
anche un poco capricciosa (spesso usava gli stessi abiti preziosi nella
vita e sulla scena, aveva una passione per i fiori che spargeva sul
palcoscenico e indossava sui vestiti, non si truccava mai, né in scena né
fuoriscena), venerata dal mondo eppure profondamente sola, Eleonora Duse,
la Divina, seppe imporsi tra Ottocento e Novecento come interprete
consapevole del suo ruolo, spaziando dal teatro classico inglese, al
francese, al contemporaneo, imprimendo i tratti distintivi della sua
recitazione e della sua personalità che ancora oggi continua ad
affascinare.
Francesca
Santucci
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