Ahimè, mio Dio, perché non mi hai fatta
nascere maschio? Tutte le mie capacità sarebbero
state al tuo servizio, non mi sbaglierei in nulla e
sarei perfetta in tutto, come gli uomini dicono di
essere…1
La voce femminile, che così amaramente esprime la
consapevolezza dell’esclusione dalla cultura
maschile, appartiene a Christine de Pizan, uno delle
personalità più affascinanti del tardo Medioevo, che
si colloca tra il 1365ca. e il 1430ca. Nacque a Venezia, ma trascorse tutta la sua vita
a Parigi, dove si era trasferita da bambina seguendo
alla corte di re Carlo V il padre, Thomas de Pizan,
laureato all’Università di Bologna, prima
consigliere della Repubblica e poi medico, astrologo
e consigliere personale del re Carlo V, che fu molto
generoso con Thomas, offrendogli rendite e doni, tra
cui la Tour Barbeau a Parigi. Christine crebbe, dunque, nell’ambiente agiato e
vivace di corte, avendo anche libero accesso alla
Biblioteca Reale del Louvre, che proprio in quegli
anni andava sviluppandosi grazie al grande amore di
re Carlo per lo studio, le scienze e le arti, e di
cui Christine ci ha lasciato una bella descrizione:
Che dire di più della saggezza del re Carlo e
del suo grande amore per lo studio e la scienza; che
fosse così ben lo dimostrava la bella collezione di
libri importanti e la bella biblioteca, dove aveva i
principali volumi, scritti dai massimi autori, di
religione, di teologia, di filosofia e di tutte le
scienze, molto ben eseguiti e riccamente miniati. I
migliori copisti che si potevano trovare erano di
continuo occupati per lui in tale opera…
Proprio l’accesso alla biblioteca fu d’importanza
fondamentale per Christine, poiché l’avviò alla
maturazione intellettuale e alla preparazione
culturale che l’avrebbero poi condotta all’attività
letteraria. Alla morte del re, come racconta nella sua opera
autobiografica, suo padre perse il favore di cui
godeva a corte, ed insieme anche le rendite, e poco
tempo dopo morì, e, quasi subito, si spense anche
suo marito, Etienne de Castel, notaio e segretario
del re. Si concluse così bruscamente un matrimonio
che era stato felice, lasciando Christine in una
desolata solitudine che non mancò di riversare in
liriche di rara bellezza come “Sono sola”:
Sono sola, e sola voglio rimanere.
Sono sola, mi ha lasciata il mio dolce amico;
sono sola, senza compagno né maestro,
sono sola, dolente e triste,
sono sola, a languire sofferente,
sono sola, smarrita come nessuna,
sono sola, rimasta senz’ amico.
Sono sola, alla porta o alla finestra,
sono sola, nascosta in un angolo,
sono sola, mi nutro di lacrime,
sono sola, dolente o quieta,
sono sola, non c’è nulla di più triste,
sono sola, chiusa nella mia stanza,
sono sola, rimasta senz’ amico.
Sono sola, dovunque e ovunque io sia;
sono sola, che io vada o che rimanga,
sono sola, più di ogni altra creatura della
terra,
sono sola, abbandonata da tutti,
sono sola, più di ogni altra creatura,
sono sola, abbandonata da tutti,
sono sola, duramente umiliata,
sono sola, sovente tutta in lacrime,
sono sola, senza più amico.
Principi, iniziata è ora la mia pena:
sono sola, minacciata dal dolore,
sono sola, più nera del nero,
sono sola, senza più amico, abbandonata.
(Traduzione di Francesca Santucci)
Rimasta vedova a venticinque anni, con tre
bambini piccoli ed una madre di cui doversi
occupare, costretta dalle circostanze a guidare
quella che lei definiva una nave rimasta nel mare
in tempesta senza capitano, Christine
mutò la sua natura, da donna si trasformò in uomo,
assumendo responsabilità ed obblighi considerati a
quel tempo prerogativa maschile; dunque si rafforzò
e cominciò a districarsi negli affari maschili,
anche in cause legali, ed avviò la sua attività
letteraria, inizialmente solo come copista, e ciò è
testimoniato dalla dicitura ritrovata sotto copie
manoscritte delle sue opere, escript de ma main,
e poi anche come scrittrice. Della metamorfosi da essere femminile ad essere
maschile così lasciò traccia nel suo “Livre de
Mutacion de Fortune”:…Mi ritrovai con un animo
forte e ardito, /di cui mi stupivo, ma capii/ di
essere diventato un vero uomo. Ed ancora: Allora diventai un vero uomo, non è
una storia, /capace di condurre le navi, / Fortuna
mi insegnò questo mestiere.
Ben presto le opere di Christine de Pizan
cominciarono a riscuotere successo a corte,
procurandole committenze illustri, come i fratelli
di Carlo V e la regina Isabella di Baviera. Scrittrice di professione, consapevole del suo
talento, Christine andò a colmare un vuoto, quello
dell’assenza femminile dalla cultura, determinata
non certo da una presunta inferiorità naturale,
bensì dall’isolamento delle fanciulle tra le mura
domestiche e dall’educazione limitata impartita a
quel tempo alle donne, argomento che non mancò di
affrontare nelle sue opere. Testimonianza delle sue profonde intuizioni e
riflessioni sulla disparità culturale fra uomo e
donna, e sull’esclusione femminile dal sapere, è il
suo libro “Livre de la Cité des Dames”, in cui
traccia i profili delle più interessanti figure
femminili dell’antichità, regine, sante, guerriere,
poetesse, scienziate, indovine, come Minerva, Medea,
Saffo, Didone, Giuditta, abitatrici di
un’immaginaria città fortificata dove imperano
esclusivamente Ragione, Rettitudine e Giustizia. Christine riconosce come esclusivamente maschile
la tradizione scritta, ma non per questo da
legittimare e perpetuare, anzi ricorrente è la sua
esortazione ad impartire anche alle fanciulle la
stessa educazione data ai maschi, poiché, a parità
di condizioni, imparerebbero altrettanto bene e
capirebbero le sottigliezze di tutte le arti,
così come essi fanno. Diverse sono le critiche e le argomentazioni di
Christine contro chi ostacola l’istruzione delle
donne, estromettendole dalla cultura ed impedendo
loro un naturale arricchimento, ed anche alla
misoginia di molti autori, che forse temono una
femminile superiorità culturale: sarebbero
molto irritati se le donne ne sapessero più di loro. In tutto il libro traspare sempre il suo orgoglio
di essere donna, che la porta a ribaltare
completamente le convinzioni del tempo, attaccando
con decisione la tradizione letteraria maschile, che
era riuscita ad imporsi solo per l’assenza di una
corrispondente tradizione letteraria femminile.
Francesca Santucci
Nota
1) Christine de Pizan, “Livre de la Cité des Dames”.
Riferimenti
Christine de Pizan, La città delle dame, Luni
editrice, Milano, Trento, 1999.
E. Balmas- M. Richter- G- Giorni, Antologia della
letteratura francese, vol.I Fabbri editori, Milano,
1969.
Saulnier, Storia della Letteratura francese, Einaudi, Milano, 1991.
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