La letteratura provenzale, o “trobadorica”, ebbe
origine nel Sud della Francia, da Bordeaux alle
Alpi; affidata in origine al canto, con
l’accompagnamento di uno strumento musicale, si
sviluppò per tutto il dodicesimo secolo, e solo dopo
il 1200 cominciò ad essere tramandata in antologie e
raccolte manoscritte. Abili furono i trovatori nel “trovare” le
combinazioni più raffinate tra testo poetico e
melodia, e le composizioni, pur se non sempre eccelse sul piano
dell’ispirazione, furono anche di notevole pregio tecnico. Oltre ai poeti più famosi, come Jaufré Raudel,
Arnaut Daniel, Bertrand de Born, Marcabrun e Guillaume d’Aquitaine,
i cui versi sono stati tramandati in ricchi
canzonieri, si segnala anche la presenza di alcune trovatrici provenzali, le “trobairitz“,
la cui produzione ci è arrivata esigua, ben solo 25 brani, fra tutte spicca la figura della
Contessa di Dia, con 5 componimenti, che si distinguono per l'eleganza del suo trobar leu.1 Vissuta nella seconda metà del XII secolo, della
contessa Beatrice de Dia, probabilmente la più alta tra le voci femminili della scuola trobadorica,
scarsi sono, purtroppo, i dati biografici tramandati dalla sua “Vida“, e dunque è impossibile
identificarne con chiarezza la vera identità; tra le
varie ipotesi le più accreditate la indicano ora come
sposa di Guglielmo II di Poitiers (tra il 1163 ed il 1189), avente feudi nei dintorni di “Die“, ora
anche come Isoarda, moglie di Raimon d'Agout efiglia di un conte “di Dia“ (tra il 1184 ed il
1214). Tra le due ipotesi probabilmente la più certa è
la prima, giacché, accettando la seconda, non si chiarirebbe facilmente il forte legame con il
troubadours Raimbaut d'Aurenga, ma anche in questo caso sorgono dei dubbi, perché potrebbe trattarsi
anche di un omonimo, e non proprio del noto trobadours morto non ancora trentenne, nel 1173. Nei versi di Beatrice di Dia alla nobiltà
d’origine corrispose un linguaggio spregiudicato,
poiché l’amore di cui parlò non fu né l’amore coniugale
né l’amore finalizzato al matrimonio, e fu espresso non il sentimento ideale, ma quello del
desiderio, in una schiettezza e fierezza che non
sminuì la regalità del rango elevato che occupava, e ciò è
ben testimoniato nel componimento En grand pena
lo còr me dol (“Il cuore mi duole per un grande
affanno“, in cui la donna dichiara all’uomo il suo
amore. La richiesta fatta al cavaliere è, insieme,
ardita, coraggiosa e pudica, giacché l’amato è
ammesso nudo alla presenza della dama ma, come attesta il
verso finale della seconda strofa, invitato a
rispettare il desiderio della donna ( de far tot
çò que m'agrada, “di fare tutto ciò che
desidero”.) La sfrontatezza del verso iniziale è, dunque,
temperata dalla tenerezza finale, anche per merito
del riferimento ai candidi innamorati della famosa
leggenda medievale, “Florio e Biancofiore“.2 Il mondo di Beatrice di Dia è quello dell’amor
cortese, e la sua arte è legata rigorosamente ai
modi, ai temi e alle convenzioni di quel mondo, e
dunque lo scenario è il castello, anzi le mura del
castello affollato da persone estranee ed ostili, mentre
il pensiero e il desiderio volano verso l’amore sospirato, difficile, ostacolato, de lohn
(di lontano), lontano per impedimenti reali,
concreti, ma che si possono superare. Nelle poesie ispirate alla fine del suo amore per
Raimbaut d’Aurenga, trovatore egli stesso, vibra tuttavia un forte senso di autenticità,
l’espressione del sentimento si libera della ricerca
esasperata comune ai trovatori del tempo, e, in espressione
limpida e chiara, priva di oscurità, trasmette con grande spontaneità il tenace amore, lo
smarrimento, il dolore e lo stupore per l’amore
perduto.
VIDA
La Comtessa de Dia si fo
molher d’En Guilhèm de Peiteus, bela domna et bona.
Et enamoret se d’En Raimbaut d’Aurenga e fetz de lui
manhtas bonas cansos”.
VITA
La Contessa De Dia, fu moglie di ser Guglielmo di
Poitiers, donna bella e buona E s'innamorò di Ser Raimbau d'Aurenga e su di lui compose
molte buone canzoni.
IL ME FAUT CHANTER ICI CE QUE
JE NE VOUDRAIS POINT CHANTER
Il me faut chanter ici ce que
je ne voudrais point
chanter
Car j'ai fort à me plaindre de celui dont je suis
l'amie
Je l'aime plus que tout au monde
Mais rien ne trouve grâce auprès de lui
Ni Merci, ni Courtoisie, ni ma beauté, ni mon
esprit,
Je suis trompée et trahie comme je devrais l'être
Si je n'avais pas le moindre charme.
Une chose me console: jamais, je n'eus de torts
Envers vous, ami. Je vous aime, au contraire
Plus que Seguin n'aima Valence
Et il me plait fort de vous vaincre en amour,
Ami, car vous êtes le plus vaillant de tous.
Mais vous me traitez avec orgueil en paroles et en
actes,
Alors que vous êtes si aimable envers d'autres.
Je suis surprise de l'arrogance de votre coeur,
Ami, et j'ai bien sujet d'en être triste
Il n'est point juste qu'un autre amour vous éloigne
de moi
Quel que soit l'accueil qu'il vous réserve,
Qu'il vous souvienne du début
De notre amour. A Dieu ne plaise
Que par ma faute il s'achève.
La grande vaillance qui loge en votre coeur
Et votre grand mérite me sont sujets de tourments,
Car je ne connais point dame , proche ou lointaine,
Et en désir d'amour qui vers vous ne soit attirée
Mais vous, ami de si bon jugement,
Vous devez bien reconnaître la plus sincère
Ne vous souvient-il pas de nos jeux-partis?
Ma valeur et mon lignage, ma beauté
Et plus encore la sincerité de mon coeur, doivent me
secourir
C'est pourquoi je vous envoie, là-bas,
Cette chanson qui me servira de messager
Je veux savoir, mon bel et doux ami,
Pourquoi vous m'êtes si dur et si farouche,
Est-ce orgueil ou indifférence?
Mais je veux, messager, que tu lui dises
Que trop d'orgueil peut nuire à maintes gens.
DEVO CANTAR QUI DI CIO’ CHE NON VORREI CANTARE
Devo cantar qui ciò che non vorrei cantare
poiché molto devo lagnarmi di colui di cui sono
l'amica.
Io l’amo più di tutto al mondo,
ma non mi giovano presso di lui
nè grazia, nè cortesia, nè la mia bellezza, nè la
mia intelligenza.
Io sono ingannata, tradita, come dovrei essere
se non avessi la minima attrattiva.
Una cosa mi consola: mai ebbi dei torti
verso di voi, amico, al contrario, vi amo,
più di quanto Seguis ami Valensa,
e molto mi piace vincervi in amore,
amico, poiché voi siete il migliore di tutti.
Ma voi mi trattate con arroganza nelle parole e
negli atteggiamenti
mentre siete ben così amabile verso gli altri.
Sono sorpresa dell’arroganza del vostro cuore,
amico, ed ho ben motivo d’esserne triste.
Non è affatto giusto che un altro amore vi
allontani da me,
qualunque sua l’accoglienza che vi riservi
che vi ricordi dell’inizio
del nostro amore. Dio non voglia
che finisca per colpa mia!
Il grande coraggio che alberga nel vostro cuore
ed il vostro grande merito sono per me causa di
affanni
dato che non conosco donna, vicina o lontana,
e desiderosa d’amore, che non sia attratta da voi
ma voi, amico così di ben giudizio,
dovete ben riconoscere la più sincera.
Ricordate la nostra intesa?
La mia dignità e la mia nobiltà, la mia bellezza,
ed ancor più la sincerità del mio cuore, devono
soccorrermi.
È per questo che vi mando, laggiù,
questa canzone, che mi servirà da messaggero.
Io voglio sapere, mio bello e dolce amico,
perché con me siete così duro ostile:
è orgoglio o indifferenza?
Ma voglio, messaggero, che tu gli dica,
che a molti troppo orgoglio può nuocere .
EN GRAN PENA LO COR ME DOL
En grand pena lo còr me dòl
per un cavalièr qu'ai perdut.
En tot temps aquò sià sauput
que l'ai contentat mòrt et fòl.
Ara per el soi traïda.
Tant d'amor es pas pro d'amor
quand l'ai contentat nuèit e jorn,
Al lèit e tota vestida
Mon cavalièr, ieu lo voldriá
téner un ser dins mos braces nuds
e que se'n tròbe el tresperdut,
de sol coissin li servirià.
Car d'el soi mai afolida
qu'èra de Floris Blancafor
li autregi mon còr e m'amor,
mon èime, mos uelhs, ma vida
Bèl amic, avenent e doç,
quora seretz a mon poder
e colcats los dos tot planièr
a pòrt de mon bais amorós,
de grand gaug ieu comolada
vos tendrai en lòc de marit
tant que vos seretz pas desdit
de far tot çò que m'agrada.
IL CUORE MI DUOLE PER UN GRANDE AFFANNO
Il cuore mi duole per un grande affanno
per un cavaliere che ho perduto,
ma voglio che ben si sappia
che l’ho amato fino alla follia.
Ora io sono tradita da lui,
ché non gli ho donato abbastanza il mio amore,
quando l’ho accontentato giorno e notte,
nel letto e tutta vestita.
Il mio cavaliere, io vorrei
averlo una sera tra le mie braccia nude,
che certo ne sarebbe beato e felice
solo ch’io gli facessi da cuscino,
perché sono folle di lui più di quanto lo era
Florio per Biancofiore:
io gli dono il mio cuore e il mio amore,
il mio senno, i miei occhi, la mia vita.
Bell’amico, gentile e valoroso,
quando sarete in mio potere
e saremo distesi l’uno accanto all’altro,
a portata dei miei baci amorosi,
colma di gran gioia,
io vi considererò come mio marito
così che voi non potrete rifiutarvi
di fare solamente ciò che desidero.
(traduzioni di F. Santucci)
Francesca Santucci
1)
Il trobar leu o plan, il poetare leggero o piano,
opposto al trobar clus o escur (poetare chiuso o
oscuro).
2)
Antica leggenda popolare, materia di numerosi poemi
e cantari medievali (la più antica versione
occidentale è il poemetto francese “ Floire et
Blanchefleur”, redatto da anonimo intorno al 1160) ,
narra la storia di due giovani che solo dopo una
serie di peripezie riescono a ricongiungersi e a
sposarsi.
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