Francesca Santucci
Compiuta Donzella
(secolo XIII)
(Francesca Santucci, Donna non sol ma torna musa all'arte, Casa Editrice Il Foglio,
I edizione marzo 2003/II Edizione novembre 2003, estratto dal libro)
Resta un enigma storico
Compiuta Donzella, il nome, o lo pseudonimo, sotto
cui si cela una rimatrice fiorentina del Duecento,
probabilmente la prima donna che compone poesia
d’arte in volgare italiano, della quale ci sono
pervenuti soltanto tre sonetti di gusto trobadorico
e giullaresco, due dei quali di una perfezione
formale molto vicina a quella del Petrarca.
Gentil donzella somma ed insegnata, poi c'ag[g]io inteso di voi tant' or[r]anza, che non credo che Morgana la fata né la Donna de[l] Lago né Gostanza né fosse alcuna come voi presc[i]ata; e di trobare avete nominanza (ond'eo mi faccio un po[ca] di mirata c'avete di saver tant'abondanza): però, se no sdegnaste lo meo dire, vor[r]ia venire a voi, poi non sia sag[g]io, a ciò che 'n tutto mi poria chiarire di ciò ch'eo dotto ne lo mio corag[g]io; e so che molto mi poria 'nantire aver contia del vostro segnorag[g]io. Perc'ogni gioia ch'è rara è graziosa, mi son tardato, Compiuta Donzella, d'avere scritto a la vostra risposa la qual faceste a me fresca e novella. E ben si testimonia, per la losa che di me usaste, che voi siete quella in cui altezza e gran valor riposa: cotal a[l]bor mostr' alto sua fior bella. Sua fiore bella e d'amare lo frutto mostra 'n altezza com'è d'alto stato: però in gioia ab[b]o vostro detto tutto, e pregovi che mi sia perdonato s'io m'invitai laove sone al postutto ch'io non son degno d'esser presentato.1
Se riconosciuta era la sua attività, se pubblicamente veniva esaltata la sua voce, come dimostrano le lodi ed i riferimenti, in un‘ epoca come quella medievale in cui molto raramente alle donne era concesso esprimersi in letteratura, Compiuta dovette allora essere dotata d’indubbie qualità artistiche, come dimostrano i due sonetti seguenti:
LASCIAR VORRIA LO MONDO E DIO SERVIRE Lasciar vorria lo mondo e Dio servire Lasciar vor[r]ia lo mondo e Dio servire e dipartirmi d'ogne vanitate, però che veg[g]io crescere e salire mat[t]ezza e villania e falsitate, ed ancor senno e cortesia morire e lo fin pregio e tutta la bontate: ond'io marito non vor[r]ia né sire, né stare al mondo, per mia volontate. Membrandomi c'ogn'om di mal s'adorna, di ciaschedun son forte disdegnosa, e verso Dio la mia persona torna. Lo padre mio mi fa stare pensosa, ca di servire a Cristo mi distorna: non saccio a cui mi vol dar per isposa.
ORNATO DI GRAN PREGIO E DI VALENZA Ornato di gran pregio e di valenza e risplendente di loda adornata, forte mi pregio più, poi v'è in plagenza d'avermi in vostro core rimembrata ed invitate a mia poca possenza per acontarvi, s'eo sono insegnata, come voi dite c'a[g]io gran sapienza; ma certo non ne son [tanto] amantata. Amantata non son como vor[r]ia di gran vertute né di placimento; ma, qual ch'i' sia, ag[g]io buono volere di senire con buona cortesia a ciascun ch'ama sanza fallimento: ché d'Amor sono e vogliolo ubidire.
Il terzo sonetto qui
proposto, di linea elegante e di rara intimità,
memorabile per l’incipit folgorante, che delinea una
delicata figura di giovane sensibile e romantica,
sembra scaturire direttamente dal repertorio
popolare dei contrasti e delle malmaritate1.
Sviluppa, infatti, il lamento di una ragazza che,
forzatamente promessa sposa dal padre, in dissonanza
tra il bel tempo e il tormento soggettivo, si sente
incapace di condividere le gioie primaverili.
L’amore, se è tale, deve procurare gioia e felicità,
non “(s)marrimenti”, pianto e tristezza.
A LA STAGION CHE ‘L MONDO FOGLIA E FIORA A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora acresce gioia a tutti fin’amanti, e vanno insieme a li giardini alora che gli auscelletti fanno dolzi canti; la franca gente tutta s’inamora, e di servir ciascun tragges’inanti, ed ogni damigella in gioia dimora; e me, n’abondan marrimenti e pianti. Ca lo mio padre m’ha messa ‘n errore, e tenemi sovente in forte doglia: donar mi vole a mia forza segnore, ed io di ciò non ho disìo né voglia, e ‘n gran tormento vivo a tutte l’ore; però non mi ralegra fior né foglia.
clic
sul titolo per ascoltare la poesia musicata
dall'ensemble
A la stagion che'l mondo foglia e fiora
2) Espressione della poesia popolare fra i secoli XI e XII tipico fu il tema della “malmaritata”, o della sposa trascurata o insoddisfatta.
|