dal libro "Donna non sol ma torna musa all'arte"

di Francesca Santucci

 

Christine de Pizan

(secolo XIV)

 

                                

Ahimè, mio Dio, perché non mi hai fatta nascere maschio? Tutte le mie capacità sarebbero state al tuo servizio, non mi sbaglierei in nulla e sarei perfetta in tutto, come gli uomini dicono di essere…1

La voce femminile, che così amaramente esprime la consapevolezza dell’esclusione dalla cultura maschile, appartiene a Christine de Pizan, uno delle personalità più affascinanti del tardo Medioevo, che si colloca tra il 1365ca. e il 1430ca.
Nacque a Venezia, ma trascorse tutta la sua vita a Parigi, dove si era trasferita da bambina seguendo alla corte di re Carlo V il padre, Thomas de Pizan, laureato all’Università di Bologna, prima consigliere della Repubblica e poi medico, astrologo e consigliere personale del re Carlo V, che fu molto generoso con Thomas, offrendogli rendite e doni, tra cui la Tour Barbeau a Parigi.
Christine crebbe, dunque, nell’ambiente agiato e vivace di corte, avendo anche libero accesso alla Biblioteca Reale del Louvre, che proprio in quegli anni andava sviluppandosi grazie al grande amore di re Carlo per lo studio, le scienze e le arti, e di cui Christine ci ha lasciato una bella descrizione:
Che dire di più della saggezza del re Carlo e del suo grande amore per lo studio e la scienza; che fosse così ben lo dimostrava la bella collezione di libri importanti e la bella biblioteca, dove aveva i principali volumi, scritti dai massimi autori, di religione, di teologia, di filosofia e di tutte le scienze, molto ben eseguiti e riccamente miniati. I migliori copisti che si potevano trovare erano di continuo occupati per lui in tale opera…
Proprio l’accesso alla biblioteca fu d’importanza fondamentale per Christine, poiché l’avviò alla maturazione intellettuale e alla preparazione culturale che l’avrebbero poi condotta all’attività letteraria.
Alla morte del re, come racconta nella sua opera autobiografica, suo padre perse il favore di cui godeva a corte, ed insieme anche le rendite, e poco tempo dopo morì, e, quasi subito, si spense anche suo marito, Etienne de Castel, notaio e segretario del re. Si concluse così bruscamente un matrimonio che era stato felice, lasciando Christine in una desolata solitudine che non mancò di riversare in liriche di rara bellezza come “Sono sola”:

Sono sola, e sola voglio rimanere.

Sono sola, mi ha lasciata il mio dolce amico;

sono sola, senza compagno né maestro,

sono sola, dolente e triste,

sono sola, a languire sofferente,

sono sola, smarrita come nessuna,

sono sola, rimasta senz’ amico.

Sono sola, alla porta o alla finestra,

sono sola, nascosta in un angolo,

sono sola, mi nutro di lacrime,

sono sola, dolente o quieta,

sono sola, non c’è nulla di più triste,

sono sola, chiusa nella mia stanza,

sono sola, rimasta senz’ amico.

Sono sola, dovunque e ovunque io sia;

sono sola, che io vada o che rimanga,

sono sola, più di ogni altra creatura della terra,

sono sola, abbandonata da tutti,

sono sola, più di ogni altra creatura,

sono sola, abbandonata da tutti,

sono sola, duramente umiliata,

sono sola, sovente tutta in lacrime,

sono sola, senza più amico.

Principi, iniziata è ora la mia pena:

sono sola, minacciata dal dolore,

sono sola, più nera del nero,

sono sola, senza più amico, abbandonata.

(Traduzione di Francesca Santucci)

Rimasta vedova a venticinque anni, con tre bambini piccoli ed una madre di cui doversi occupare, costretta dalle circostanze a guidare quella che lei definiva una nave rimasta nel mare in tempesta senza capitano, Christine mutò la sua natura, da donna si trasformò in uomo, assumendo responsabilità ed obblighi considerati a quel tempo prerogativa maschile; dunque si rafforzò e cominciò a districarsi negli affari maschili, anche in cause legali, ed avviò la sua attività letteraria, inizialmente solo come copista, e ciò è testimoniato dalla dicitura ritrovata sotto copie manoscritte delle sue opere, escript de ma main, e poi anche come scrittrice.
Della metamorfosi da essere femminile ad essere maschile così lasciò traccia nel suo “Livre de Mutacion de Fortune”:…Mi ritrovai con un animo forte e ardito, /di cui mi stupivo, ma capii/ di essere diventato un vero uomo.
Ed ancora: Allora diventai un vero uomo, non è una storia, /capace di condurre le navi, / Fortuna mi insegnò questo mestiere.
Ben presto le opere di Christine de Pizan cominciarono a riscuotere successo a corte, procurandole committenze illustri, come i fratelli di Carlo V e la regina Isabella di Baviera.
Scrittrice di professione, consapevole del suo talento, Christine andò a colmare un vuoto, quello dell’assenza femminile dalla cultura, determinata non certo da una presunta inferiorità naturale, bensì dall’isolamento delle fanciulle tra le mura domestiche e dall’educazione limitata impartita a quel tempo alle donne, argomento che non mancò di affrontare nelle sue opere.
Testimonianza delle sue profonde intuizioni e riflessioni sulla disparità culturale fra uomo e donna, e sull’esclusione femminile dal sapere, è il suo libro “Livre de la Cité des Dames”, in cui traccia i profili delle più interessanti figure femminili dell’antichità, regine, sante, guerriere, poetesse, scienziate, indovine, come Minerva, Medea, Saffo, Didone, Giuditta, abitatrici di un’immaginaria città fortificata dove imperano esclusivamente Ragione, Rettitudine e Giustizia.
Christine riconosce come esclusivamente maschile la tradizione scritta, ma non per questo da legittimare e perpetuare, anzi ricorrente è la sua esortazione ad impartire anche alle fanciulle la stessa educazione data ai maschi, poiché, a parità di condizioni, imparerebbero altrettanto bene e capirebbero le sottigliezze di tutte le arti, così come essi fanno.
Diverse sono le critiche e le argomentazioni di Christine contro chi ostacola l’istruzione delle donne, estromettendole dalla cultura ed impedendo loro un naturale arricchimento, ed anche alla misoginia di molti autori, che forse temono una femminile superiorità culturale: sarebbero molto irritati se le donne ne sapessero più di loro.
In tutto il libro traspare sempre il suo orgoglio di essere donna, che la porta a ribaltare completamente le convinzioni del tempo, attaccando con decisione la tradizione letteraria maschile, che era riuscita ad imporsi solo per l’assenza di una corrispondente tradizione letteraria femminile.

1) Christine de Pizan, “Livre de la Cité des Dames”.

 

Francesca Santucci