Genio, passione,
solitudine, miseria e follia nella vita della scultrice
francese Camille Claudel, allieva ed amante del grande
Auguste Rodin, il cui valore personale e contributo
all’arte del Maestro aspettano ancora di essere
pienamente considerati.
Ha una natura profondamente personale, che attira per
la grazia ma respinge per il temperamento selvaggio.
Lo scultore francese Rodin, uno dei maggiori artisti
della sua epoca che, partito da suggestioni
michelangiolesche, esaltandone il “non finito”, seppe
dar vita a creazioni talvolta impressioniste talvolta
simboliste di rara potenza, così si espresse su Camille
Claudel, sua modella e musa, poi allieva, già dotata di
grande talento, infine artista originale, diventata
scultrice per scolpire il suo amore per colui che tutto
le aveva insegnato e la cui lezione così bene aveva
appreso (Le ho mostrato l’oro, ma l’oro che trova è
tutto suo, Rodin).
Camille, nata a Fère-en-Tardenois l’8 dicembre del
1864, voleva diventare scultrice già dall’età di dodici
anni, e fu proprio la costanza con cui si applicava alla
modellatura che convinsero suo padre a darle il
permesso di studiare a Parigi, privatamente e presso l’Académie
Colarossi, sotto la guida dello scultore Boucher.
A 18 anni espose per la prima volta al Salon; subito
dopo ci fu l’incontro con Rodin, che aveva ventitré anni
più di lei.
Camille era bellissima! Fronte superba e magnifici
occhi azzurri, come annotò suo fratello Paul, il celebre
poeta e diplomatico:
Un front superbe,
surplombant des yeux magnifiques, de ce rare bleu si
rare à rencontrer ailleurs que dans les romans.
Da subitò li legò una grande passione, ed anche una
reciproca influenza (lui ritrasse lei e lei ritrasse
lui) e grande collaborazione (fu Camille a modellare le
mani e i piedi nelle figure della Porta dell’Inferno),
ma Rodin aveva un’altra donna, Rose Beuret, ed anche un
figlio con lei, di due anni minore di Camille, e mai
avrebbe rinunciato alla fedele compagna che gli
perdonava le numerose avventure. Per questo motivo
tormentato fu il rapporto fra i due artisti, raccontato
dallo scultore in decine e decine di disegni, ora
conservati al Museo Rodin di Parigi, anche nei risvolti
erotici, come del resto fece Camille nelle sue sculture,
dando vita ad un kamasutra artistico ispirato al famoso
poema indiano, rielaborato tra il IV e il V secolo a. C.
dal poeta Kalidasa, raccontato da Vyasa nel
Mahabharata, poi tradotto magistralmente da Goethe,
al quale s’’ispirarono pure Schubert nel Singspiel
Sakuntala, nel 1820, e Alfano nella Leggenda di
Sakuntala, nel 1921, in cui è protagonista la
leggiadra ninfa Sakuntala che cerca il suo sposo
scomparso.
Dopo gli anni dell’intensa passione, artisticamente
espressa con la scultura in bronzo La Valse, del
1891, in cui Camille scolpì una coppia che balla un
valzer appassionatamente, dopo una sua breve relazione
col compositore Claude Debussy (incontrato nel salotto
del poeta Mallarmé), che irritò Rodin ma non lo spinse
ad abbandonare Rose, come avrebbe desiderato la giovane
compagna, nel 1892 tra i due avvenne la rottura
definitiva, avendo la donna tristemente compreso che mai
sarebbe diventata la moglie di Rodin; allora Camille
intraprese un percorso personale di autoaffermazione.
Nascono in questi anni opere come Clotho nel
1893, le varie versioni di la Petite Châtelaine,
iniziato nel 1893 e poi ripreso nel 1895 e nel
1898, e nel 1907, l'Age mûr, il suo capolavoro.
Espressione artistica del distacco da Rodin, l'Age
mûr, l'Età matura, è una scultura in
cui è ritratta una giovane donna in ginocchio che
protende le braccia verso un uomo più anziano che,
voltato di spalle, si lascia portare via da una donna
pure anziana; facilmente riconoscibili nell’uomo anziano
e nella donna giovane Camille e Rodin, nella donna
anziana forse Rose o forse, più simbolicamente, la
morte.
Nel 1897 realizzò les Causeuses, tra il 1886 e
il 1888 Sakuntala, l'imponente gruppo scultoreo
in bronzo ispirato al dramma indiano, nel 1900 la
Vague, testimonianza del profondo mutamento
artistico avvenuto in Camille, avvicinatasi all’arte
giapponese assimilata anche dall’Art Nouveau,
utilizzando, nelle sue nuove raffinate creazioni, un
materiale prezioso come l’onice.
Intanto si aggravavano i
segni di un disordine mentale palesatosi già nel 1896:
Camille cominciò a soffrire di manie di persecuzione e
nel processo di annientamento di se stessa arrivò anche
a distruggere le sue opere.
Nel 1913 fu fatta rinchiudere in un manicomio vicino
Parigi dalla madre e dal fratello Paul. Successivamente
trasferita nel manicomio a Montdevergues, vi morì il 19
ottobre del 1943, in solitudine ed abbandono,
aspettando invano la visita della sorella e della madre,
alla quale aveva ripetutamente chiesto di essere
riaccolta in casa:
Se tu mi concedessi
soltanto la stanza della signora Régnier e la cucina,
potresti chiudere il resto della casa. Non farei
assolutamente nulla di riprovevole.Ho sofferto
troppo...
Nei trent’anni
d’internamento non aveva mai più né disegnato né
modellato.
Così, riassumendo l'amara vicenda della sua vita,
la ricordò suo fratello Paul:
Mia sorella Camille
aveva una bellezza straordinaria, ed inoltre un'energia,
un'immaginazione, una volontà del tutto eccezionali. E
tutti questi doni superbi non sono serviti a nulla; dopo
una vita estremamente dolorosa, è pervenuta a un
fallimento completo.
Francesca
Santucci