È da due grandi autori
dell'antichità, lo
storico latino Tacito, negli “Annali” e
nell’”Agricola”, e lo storico greco Dione
Cassio, nella “Storia romana”, sche
possiamo ricavare informazioni riguardo alla
regina-guerriera Boudica, la famosa donna che
assommò in sé l’autentica cifra delle donne
celte, ma , in generale, dello straordinario
popolo dei Celti: la fierezza. Boudica (Vittoria),
spesso erroneamente ortografata con due “c”,
Boudicca, chiamata anche Budiga o Boadicea, di
cui si ignorano le origini, probabilmente, però,
nobili, era alta, bella, con lunghi capelli
fiammeggianti, intorno al collo portava il
torquis, la pesante collana celtica
considerata simbolo di nobiltà e del legame con
l’aldilà; coraggiosa e fiera, incitava
gli uomini alla battaglia, spostandosi sul
carro ( per i Celti simbolo di potere e
poderosa arma di battaglia per la velocità e la
notevole capacità di penetrazione in battaglia
fra le schiere avverse).
Era di statura
imponente, dall’aspetto terribile, di sguardo
lampeggiante ferocissimo e di voce glaciale; una
gran massa di capelli fulvi le calava sulle
spalle; intorno alla sua gola c’era una grossa
collana d’oro e indossava una tunica di vari
colori con sopra un mantello fermato da una
fibbia. Questo era il suo invariabile
abbigliamento.
(Dione Cassio, “Storia
romana”, 62.3-6)
Boudica era la sposa di
Prasutagus, re di una potente tribù, gli Iceni,
le cui terre si trovavano nell’Inghilterra
orientale, nelle odierne contee di Norfolk e
Suffolk, che si era sottomesso all’imperatore
Claudio. Quando Prasutagus morì,
nel 60 d.C., senza eredi maschi, lasciò tutte le
sue ricchezze alle due figlie e all'imperatore
Nerone, sperando, così, di ottenere protezione
per la sua famiglia, ed invece i Romani, per
annettersi il regno, occuparono e saccheggiarono
i suoi territori ed umiliarono la sua famiglia,
picchiando la moglie e stuprando le figlie;
allora Boudica si armò contro gli invasori.
Il re degli Iceni,
Prasutago, famoso per un’ opulenza che risaliva
a molti anni, aveva lasciato come suoi eredi due
figlie e l’imperatore, pensando che con tale
atto d’omaggio egli avrebbe preservato il suo
regno e la sua famiglia da ogni offesa. Accadde,
tuttavia, il contrario, al punto che il regno fu
devastato dai centurioni, la casa dei servi,
come se si fosse trattato di preda di guerra. La
moglie di lui, Budicca, fu
bastonata e le figlie furono violentate…
(Tacito, “Annali”, 14.
31)
Budicca, portando
sul carro dinnanzi a sé le due figlie, scorreva
le file e a ciascuna delle genti alle quali si
avvicinava dichiarava che era pur consuetudine
per i Britanni combattere agli ordini di donne, ma che in
quel momento essa non voleva vendicare, come
discendente di nobili antenati, la perdita del
regno e delle ricchezze, ma, come una donna
qualunque, chiedeva vendetta per la perdita
della libertà, per l’offesa recata al suo corpo
fustigato, per il violato pudore delle sue
figlie. Le brame dei Romani erano giunte a tal
punto da non lasciare inviolati né i corpi, né
la vecchiezza, né la verginità. Era pur giunta
l’ora delle giuste vendette degli dei; la
legione che aveva osato attaccare battaglie era
stata tagliata a pezzi, gli altri stavano
nascosti negli accampamenti, o spiavano la
possibilità di una fuga. I Romani non avrebbero
neppure potuto sopportare il fragore e le grida
di tante migliaia d’uomini, e neppure la
violenza degli assalti; se i Britanni avessero
considerato la forza dei loro eserciti e le
ragioni della guerra, avrebbero dovuto, in
quella battaglia, o vincere o morire. Questo,
lei, donna, aveva comandato a sé; gli uomini
conservassero pure la vita e si piegassero a
servire.
(Tacito, “Annali”, 14.
35)
… sotto il comando
di Budicca, donna di stirpe regia (essi,
infatti, nel conferimento del supremo potere non
badano al sesso).
(Tacito, “La vita di
Agricola”, 1. 16)
Desiderosa di
giustizia, per lavare l’oltraggio subito, ed
anche per ribellione contro le continue
vessazioni dei Romani, Boudica organizzò un
grande esercito, con il quale riuscì a cacciare
i nemici da
Camulodunum
(Colchester) e a
riprendersi Londinium (Londra) e
Verulanium (St. Albans); ben presto, però, i
nemici si riorganizzarono e riconquistarono il
suo regno, falcidiando
80.000 dei 100.000
britannici (i Romani, invece, persero 400
uomini su 1.200). Costretta ad
arrendersi, fu condotta in carcere, ma qui, pur
di non sottomettersi ai nemici, si uccise,
ingerendo del veleno. E la mitica regina
guerriera, che tanto aveva colpito i due grandi
autori latini per il coraggio “virile”, amata ai
nostri giorni dalle femministe per l’ardente
sete di libertà, considerata nei libri
scolastici inglesi una delle eroine della
patria, conosciuta come la prima regina
d'Inghilterra, immortalata trionfante, insieme
alle figlie, mentre guida il suo carro da
guerra, in una statua in bronzo (eretta nel
1902, opera dello scultore Thomas Thorneycroft),
che troneggia, oggi, sul Tamigi, a Londra, ai
piedi del Big-Ben, all’estremità nord del ponte
di Westminster, non ha mancato di regalare
altre emozioni quando, nel 2004, nei dintorni di
Hunstanton, a Norfolk, è stato ritrovata la
seconda parte (la prima era stata ritrovata 40
anni prima) di una collana che gli storici
ritengono appartenuta proprio a lei; ed ancora
ne regalerà, poiché rivivrà in un film, “Warrior”,
(finanziato da Mel Gibson e diretto da Gavin O'Connor,
la cui uscita è prevista nel 2006), che seguirà
la sua vita dall’infanzia fino alla strenua
lotta contro i Romani.
Bibliografia
Cesare, La guerra
gallica, Fabbri editori, Milano, 1995.
Tacito, Annali,vol.
III , Fabbri editori, Milano, 1995.
Tacito, La vita di
Agricola. La Germania, Fabbri editori,
Milano, 1994.
Tacito, La Germania,
Fabbri editori, Milano, 1994.
Dione Cassio, Storia
romana, Rizzoli, 2000.
U.E. Paoli, Vita
romana, Mondadori, Milano, 1976.
E. Percivaldi, I
Celti, Giunti, Firenze, 2003.
Ward Rutherford,
Tradizioni celtiche, Neri Pozza Editore,
Milano, 1996.
P. B. Ellis,
L’impero dei celti, Piemme, Casale
Monferrato, 1998.
Cesare, La guerra gallica, traduzioni
di Fausto Brindisi.
Tacito, Annali, vol. III , traduzioni
di Bianca Ceva.
Tacito, La vita di Agricola. La Germania,
traduzioni di Bianca Ceva.
Dione Cassio, Storia romana, traduzioni
di A. Stroppa.
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