Francesca Santucci Apollo e Dafne
Gianlorenzo Bernini, Apollo e Dafne
IL MITO IN OVIDIO Apollo, dopo aver ucciso Pitone, il mostruoso serpente, figlio di Gea, che con le sue spire cingeva sei volte la città di Delfi, dove contendeva il possesso dell’oracolo al dio, incontrò Amore intento nella costruzione del suo arco. Insuperbito per l'impresa compiuta, si beffò del dio alato, suggerendogli di abbandonare il tiro con l'arco, disciplina più adatta a se stesso, infallibile cacciatore. Che cosa vuoi fare, fanciullo smorfioso, con armi così grosse?...Accontentati di fomentare con la tua fiaccola qualche amoruccio, e non competere con le mie prodezze!1 Allora Amore, in risposta, estrasse dalla faretra due frecce di opposto potere; contro Dafne, figlia del dio fluviale Peneo, lanciò una delle sue frecce di piombo, che provocavano il rifiuto d'amore in chi ne veniva trafitto; contro, Apollo, invece, scagliò una freccia dorata, dalla punta aguzza e splendente, che suscitava il sentimento amoroso in chi ne era colpito. Il tuo arco trafiggerà tutto, o Febo, ma il mio trafigge te…2 Innamoratosi, così, della ninfa, Apollo cominciò a seguirla incessantemente. Ma ormai il giovane dio non ha più la pazienza di perdersi in lusinghe e come lo spinge a fare appunto l'amore, si mette a incalzarla da presso. Come quando un cane di Gallia scorge una lepre in un campo aperto, e scattano, uno per ghermire, l'altra per salvarsi, quello sembra già addosso, e già è quasi convinto di aver preso e tallona col muso proteso, quella non sa se è già presa e sfugge ai morsi all'ultimo istante, distanziando la bocca che la sfiora: cosi il dio e la fanciulla, lui veloce per bramosia, lei per paura. L'inseguitore però, aiutato dalle ali dell'amore, corre di più e non dà da tregua ed è alle spalle della fuggitiva, ansimandole sui capelli sparsi sul collo. 3 Allora Dafne invocò l’aiuto del padre, che accolse la sua preghiera e, quando il dio stava quasi per raggiungerla, la trasformò in alloro. Stremata essa alla fine impallidita dalla fatica di quella corsa disperata, rivolta alle acque del fiume Peneo: «Aiutami, padre,— dice. - Se voi fiumi avete qualche potere, dissolvi, trasformandola, questa figura per la quale sono troppo piaciuta! ». Ha appena finito questa preghiera, che un pesante torpore le pervade le membra, il tenero petto si fascia di una fibra sottile, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima cosi veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in una cima. Conserva solo la lucentezza. 4 Apollo, disperato, decise che, non potendo mai avere Dafne come sposa, avrebbe avuto l’alloro come pianta a lui sacra. Anche cosi Febo la ama, e poggiata la mano sul tronco sente il petto trepidare ancora sotto la corteccia fresca, e stringe fra le sue braccia i rami, come fossero membra, e bacia il legno, ma il legno si sottrae ai suoi baci. E allora dice: «Poiché non puoi essere moglie mia, sarai almeno il mio albero. O alloro, sempre io ti porterò sulla mia chioma, sulla mia cetra, sulla mia faretra. Tu sarai con i condottieri latini quando liete voci intoneranno il canto del trionfo e il Campidoglio vedrà lunghi cortei. Tu starai pure, fedelissimo custode, ai lati della porta della dimora di Augusto, a guardia della corona di foglie di quercia. E come il mio capo è sempre giovanile, con la chioma intonsa, anche tu porta sempre, senza mai perderlo, l’ornamento delle fronde!” Qui Febo tacque. L’alloro annuì con i rami appena formati, e agitò la cima, quasi assentisse col capo. 5
LA SCULTURA DEL BERNINI
Molto amarono
gli artisti di ogni epoca rappresentare
il mito di Apollo e Dafne, perché veniva
interpretato come vittoria della castità
sull’amore sensuale, non raramente
ambientando l’episodio nel proprio
tempo, ritraendo frequentemente la
ninfa in fuga con le braccia alzate,
mentre si stanno trasformando nei rami
della pianta, o mentre invoca il padre
Peneo, oppure Apollo, talvolta con la
corona d'alloro sul capo, che la insegue
o l'afferra.
LETTURA DELL'OPERA
Della favola
narrata da Ovidio, di come Apollo, folle
d'amore per Dafne a causa della freccia
lanciatagli da Cupido, insegua la ninfa,
e di come, all'ultimo momento, il suo
desiderio di verginità sia difeso dalla
rapida metamorfosi in albero, il Bernini
scelse di rappresentare il momento
finale, quello in cui dio riesce a
raggiungerla e a cingerne il fianco, ma
proprio allora, in crudele difesa del
suo voto, avviene la trasformazione.
NOTE 1) Ovidio, Metamorfosi, Libro I, Apollo e Dafne. 2) Op.cit. 3) Op.cit. 4) Op.cit. 5) Op.cit.
BIBLIOGRAFIA L. Impelluso, Eroi e dei dell’antichità, parte I, Electa, 2004, Roma. Ovidio, Metamorfosi, Einaudi, 1979, Torino. T. Montanari, Grandi scultori- G. Bernini, Gruppo Editoriale l’Espresso, 2004, Roma. G. C. Argan, Storia dell’arte italiana, Sansoni, vol. III, 1968, Firenze.
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