Antonia Chimenti


 Scritti vari

 

DON GIOVANNI


Agile e leggera figura in bleu.
La voce come un soffio, il soffio dello Spirito che ne ispira le parole.
In perenne contrasto con la torrida, caotica, talvolta asfissiante stagione estiva.
Eppure non mostra di soffrire a causa del suo contrasto con l'ambiente.
Il soffio dello Spirito é così potente in lui da non incrinare né la dolcezza dell'eloquio né l'ispirata e luminosa espressione del volto.
Quando parla con parole di miele, mai banali, si rivolge alla parte più recondita e più personale delle coscienze.
Vede le anime, intravede ciò che possono diventare.
Ogni parola e' efficace, perché parte dallo Spirito che le ispira e si rivolge alla spiritualità che rianima.
Non fa discorsi; si limita a suggerire con un sussurro che le anime assetate di Dio colgono.
Ci son persone che prima ancora di essere consacrate sono benedette da Dio.

 

IL VALORE DI UN' OPERA D' ARTE
 


Non esistono più i geni eclettici ed universali, perlomeno della statura di un Leonardo da Vinci. A noi moderni, che arranchiamo nei nostri rispettivi ambiti di conoscenza, è necessario restare umilmente nei nostri ranghi, e riconoscere con il dovuto rispetto i meriti, quando sono oggettivamente riconoscibili. Oggi, tuttavia, è più difficile restare oggettivi, perchè manca nella società lo stimolo a formare menti capaci di realizzare compiute sintesi tra i diversi ambiti del sapere e mancano, soprattutto, severi criteri coi quali stabilire le dovute gerarchie, quando si deve riconoscere la validità di  un'opera artistica. Questa deleteria carenza è iniziata nel momento in cui la critica estetica ha spostato la sua attenzione dal valore stilistico a quello tematico. Il valore di un'opera non lo si misura solo a partire dall' attualità del messaggio o dalla vitalità sociale delle sue tematiche. Se non si realizza una compiuta sintesi fra contenuto e forma l'opera in questione può essere tutto, tranne che opera d'arte. Una critica irresponsabile può alimentare vane illusioni in coloro che si cimentano in presuntuose esibizioni, senza avere le qualità e senza avere la formazione lunga, paziente ed approfondita richiesta per poter imprimere a emozioni, affetti, riflessioni, stati d' animo soggettivi quella profondità ed universalità, che permettono di riconoscere il vero artista. Questa profondità si nutre anche di cultura e di preparazione tecnica. A sua volta il critico d'arte è un buon lettore solo se sa leggere nell' animo umano, nella realtà che lo circonda, e se ha la preparazione culturale necessaria e l' equilibrio mentale che gli consentano di individuare la specificità ed unicità della creazione artistica ( (il "tic" poetico, lo stile). Non è sufficiente una riduzione dello stile in formule da Accademia, né l'elencazione delle tematiche predilette dall'Autore, per elaborare un giudizio critico. Il vero artista  "sente" di trovarsi al centro di un flusso di vita cosmico e lo trasfonde a piccole dosi, interpretandolo con suoni, immagini,colori, ritmi e analogie. Il vero critico, a sua volta, è fruitore privilegiato di una trasfusione emozionale, proporzionale alla sua ricettività, e non fa che ripercorrere a ritroso l' itinerario dell' artista, mettendo a fuoco la fisionomia speciale dell' opera, in un processo di elaborazione che dalla fase passiva della mimesi si eleva a quella del giudizio di valore. In questo processo intuizione, sensibilità, analisi e sintesi razionali son tutt' uno.
 

"IL VASO DI ROSE BIANCHE" DI VAN GOGH

 

 

"Il vaso di rose bianche" di Van Gogh (1890 - Collezione Annemberg) rivela il mondo interiore dell'artista.
Luce, luce, luce, tanta luce!
Il vaso è verde, lo sfondo è verde.
Qua e là piccole pennellate rosse; qualche rosellina di bosco si insinua nel candore delle rose da giardino.
L'anima dell'infelice artista vive in questo dipinto e parla a chi guarda con la silenziosa eloquenza della bellezza, in netto contrasto con l'assordante e prepotente richiamo di una realtà, spesso estranea all'essere umano.
La vera arte, quella che non obbedisce alle leggi di mercato, trae impulso da un'ispirazione personale ed interiore; non la si esercita per ave re successo o per attrarre consensi.
E` un nobile esercizio della sensibilità e dell'intelligenza per chi la pratica e per chi ne sa fruire.

Van Gogh ( 1853- 1890 )
Pittore olandese, che usa il colore come principale mezzo espressivo.
Van Gogh si ispira originariamente all'impressionismo e perviene ad esiti intensi e drammatici nell'uso del colore.
Il suo stile influirà sulla nascita del movimento pittorico espressionista.

PAROLE


Sedeva assorta al solito tavolo davanti ad un foglio che, come spesso le succedeva negli ultimi tempi, raccoglieva le sue impressioni, i suoi pensieri. Una serie troppo concitata di eventi l' aveva costretta a seguire ritmi che mal si conciliavano con la sua natura più propensa alla calma ed alla quiete della riflessione. Pensava ai tempi non cosi remoti nei quali le attività dello spirito potevano essere svolte senza intoppi. Pensava, pensava, forse era questo il suo limite, ma forse era anche la sua forza. Le bastava un angolo tranquillo per riordinare le idee, e le parole sgorgavano con estrema facilità. C'era qualcosa che le mancava però Quel pianto segreto e compresso non trovava espressione. Avrebbe voluto anche parlare, ma con chi? L'attività' del pensiero é feconda, ma il dialogo, la comunicazione verbale sono importanti. Invece le capitava solo di dover ascoltare o di dover rispondere a delle domande o di dover eseguire dei doveri. Le distrazioni non mancavano, i rapporti sociali pure. Ma restava quel 'groppo' inespresso. Gli anni trascorrevano, ma non se ne accorgeva, perché nulla era cambiato per lei. Questo pianto segreto era rimasto a farle compagnia, dopo che, vanamente, aveva creduto di tacitarlo con l'accettazione della vita, anche nei suoi aspetti meno belli, anche nel dolore. Le mancava chi accogliesse nel silenzio della comprensione le sue parole, senza provarne fastidio.

ARTE ED ETERNITA`

La scrittura dà corpo a pensieri vaghi. A volte esita, a volte scorre leggera. Da che cosa dipende questa variazione del ritmo? Dipende solo dal non frapporre ostacoli più o meno grevi di materia alla fluiditò dello spirito, che aleggia sempre ma che, talvolta, stenta a farsi strada.
La materia non è solo ciò che si può toccare; è la ragione che insinua dubbi e sospetti, sono i mali fisici e morali, le sofferenze e i dolori.
Cogliere al volo ciò che è intangibile non dipende da noi.
La vera arte consiste proprio nel riuscire ad esprimere l'inesprimibile, nel dar forma visiva e/o verbale ad una specie di flash che se ne va con la stessa velocità con cui è venuto. In quel momento è l'Eterno che prevale.
Tutto il resto è un faticoso esercizio della volontà.

 

L'INTELLIGENZA DELLA DONNA FA PAURA

La cultura è utile alla maturazione individuale solo se si accompagna ad un serio, onesto esame delle esperienze, per cogliere cio' che e' giusto e cio' che non lo è.
La lettura, la visione di uno spettacolo, l'ascolto di un brano di musica classica, l'osservazione di un quadro non devono essere rituali obbligati, ma attività scelte per il piacere estetico e per favorire l'introspezione. In sostanza, l'arte come puro godimento e l'arte come aiuto a capire meglio se stessi e chi ci circonda.
Non condivido l'opinione di chi considera con timore e rammarico l'avvento della lucidità intellettuale. L'umanità dolcemente fanciulla è uno spettacolo allettante solo per chi teme la luce della verità. La caduta di Adamo non è negativa; la consapevolezza non è dolorosa; è un sereno, equilibrato sguardo sulla realtà.
La realtà dell'uomo è quella di un essere limitato, ma perfettibile. La sua maturità consiste nell'accettare questa constatazione, nel fare del suo meglio per progredire (in senso etico), da solo e con gli altri.
In questo universo maturo la Donna inroduce una maggiore pienezza. Per Donna non intendo la femmina curioso animaletto da trastullo e da riproduzione, intendo un essere compiuto, maturo su tutti i piani, non mutilato dalla società nelle sue peculiarità che la orientano verso la semplificazione dei problemi, la concretezza, l'intuizione repentina, l'imprevedibilità innovatrice.
Queste caratteristiche sono considerate "difetti", anche perché gli uomini si ostinano a volerle definire, analizzare, soppesare, giudicare, senza conoscerle.

 

TRA ALCIBIADE E SOCRATE
 

C'è un passo del Convito di Platone nel quale Alcibiade, un allievo un po' discolo di Socrate, parla del suo maestro:
"... egli [Socrate] mi obbliga a confessare che di molte virtù sono privo e che trascuro me stesso mentre mi occupo degli affari degli Ateniesi. Perciò facendomi violenza e chiudendomi gli orecchi, come in presenza delle sirene, io fuggo più che posso da lui, per non essere costretto a sedergli accanto tutta la mia vita.
E dinnanzi a lui solo fra tutti gli uomini m'è avvenuto quello che nessuno di me penserebbe: che solo di fronte a lui io, che non mi umilio dinnanzi a nessuno, ho avuto vergogna di me stesso. Giacché so di non poterlo contraddire affermando che non si debba fare ciò a cui mi esorta; ma poi, appena mi allontano da lui, mi lascio vincere dalle lusinghe del favore popolare."
Socrate fu impegnato nella vita pubblica della città di Atene:partecipò a diverse guerre e campagne militari e fu magistrato inflessibile nella tutela della legalitò, in qualitò di membro del Consiglio dei Cinquecento.
E' più noto, tuttavia, per il rigore morale del suo insegnamento, fondato sul dialogo e sulla ricerca della verità.
E morì a causa del suo atteggiamento di dissenso nei confronti dei governanti della sua città. Aveva il "difetto" di analizzare i fatti nella loro essenzialità, era incurante delle strategie opportunistiche con le quali i politici del tempo mascheravano la verità.
Socrate educava i suoi concittadini; attraverso il dialogo li stimolava alla ricerca della verità e della virtù.
Alcibiade non ha fatto tesoro dell'insegnamento ricevuto e lo ammette. Il favore popolare è per lui più inebriante dell'"eroismo" morale.
Esiste per noi tutti una via intermedia fra Alcibiade e Socrate: la ricerca incessante della verità, il Bene come fine, la bontà come mezzo, nella vita privata e nella vita pubblica.

 

LIMONATA ROSÉE, BRODO CALDO E EDUARDO

Limonata rosée, brodo caldo e la voce di Eduardo. De Filippo, naturalmente. Tre ingredienti per una quieta terapia domestica nelle mattinate d'inverno, quando la febbre psicosomatica del lunedì mattina mi tratteneva a casa da scuola, durante l'infanzia.
Mio padre amava Eduardo, che incarnava ovviamente la sua cultura d'origine e certe propensioni alla riflessione libera, non imposta da alcun dogma politico, accademico, ecclesiastico.
Eduardo continua ad esere il compagno delle serate d'inverno in famiglia anche qui in Canada.
Il monologo sul caffè, seduto sul terrazzino della casa infestata nella pièce "Questi fantasmi". La passività fatalista, mista a orgoglio "maschile" dei dialoghi con Filomena in "Filomena Marturano" e poi la saga famigliare del "Natale in casa Cupiello". Questo volto pelle ed ossa che è solo un "pretesto" per dar fisicità a un pensiero sempre vivo e attuale.
Questa è arte; anche perché prima di essere arte è vita.

L'AMICIZIA

"Friendship", "Dear friends", "You are my friend, isn't it?", "This is my friend".
La parola "amicizia", "amico" è condita in tutte le salse e compare improvvisamente in vari contesti: nei discorsi ufficiali alla televisione, nelle conferenze, nei rapporti di lavoro, quando un canadese anglofono mostra di apprezzare una professionalità seria e rigorosa, che va oltre i "doveri d'ufficio" e non cela l'umanità di fondo.
Si stabiliscono allora dei rapporti privilegiati. Queste persone vorrebbero che l'oggetto della loro stima fosse sempre con loro, con le loro famiglie, con i loro figli e sono gelose quando scoprono che si è umani perché si è scelto di essere tali con tutti, indistintamente. La professione di educatore lo implica. E soffrono come bambini perché non hanno l'esclusiva.
L'amicizia è un'altra cosa. E` un sentimento nobile e puro che a pochi e in rari casi della vita è dato di provare e di trovare. Bisogna esserne degni e per esserne degni si deve soffrire molto. L'amicizia è più importante dell'amore o di quel suo surrogato che gli esseri umani credono di trovare dietro l'angolo, ogni qualvolta si creano situazioni che favoriscono quest'illusione.
Albert Camus, che ha molto "amato", nel senso nobile del termine e in quello più sbarazzino, si lamentava di non avere un amico, una persona che, nel suo caso, capisse il suo "lato oscuro", quella parte che, forse, fa paura, ma che è la più autentica in ognuno di noi. Solo i veri amici riescono a coglierla, ad accettarla, ad amarla, istintivamente.
Buon Natale in compagnia di veri amici!

 

LA SOLITUDINE

Gesù era solo. Dai Vangeli risultano azioni di accoglienza, inviti a pranzo, folle osannanti, seguaci talvolta faziosi e testardi, donne ambiziose, che sognavano incarichi importanti per i loro figli nel suo "regno". Un solo gesto d'amore. Camminava, camminava. Era stanco e solo. Maddalena aveva capito. Gli lavò i piedi, li asciugò con i suoi capelli e lo stava ad ascoltare. In Italia, un sacerdote amico di famiglia in un pomeriggio della Settimana Santa, stanco ed oppresso dai racconti di sciagure dei suoi penitenti, è venuto a "confidarsi" un po' con noi. Una tazza di tè ed un po' di chiacchiere. Era stanco di sentir "raccontare peccati". Ci sono diversi tipi di solitudine. C'è quella inconsapevole che si colma con i rituali collettivi, le festività "coatte", i divertimenti assordanti, le abbuffate di cibo, sesso, oggetti. Tutto questo porta sazietà , a volte disgusto, spesso malattie e, talvolta, la morte.
Poi c'è la solitudine interiore dei portatori di messaggi: Gesù, Socrate, Antonio Gramsci, Hannah Arendt, ad esempio.
Più forte è il dislivello di consapevolezza, più forte e dolorosa è la solitudine di chi per la sua elevatezza non è capito, ma, piuttosto, temuto. Si ha paura di ciò che non si capisce. Aumentano gli ostacoli, gli impedimenti. Si fraintende, si piega arbitrariamente a diversi usi il messaggio di queste persone, le si perseguita, le si fa tacere, le si uccide.
Gramsci morì precocemente di emorragia cerebrale. Era una morte progettata. Qualcuno aveva detto: "Impediremo a questa mente di pensare". Nel caso di Hannah Arendt c'era sempre qualche professore, a scuola, che le rinfacciava la sua provenienza ebraica. E lei se ne ricordava solo in quel momento, quando a casa vedeva le reazioni infuriate di sua madre. In quel momento si puntava il dito sulla sua "differenza" ed in età giovanile questo comporta un doloroso sentimento di solitudine.
Le persone che vedono più chiaro, dietro le cortine, sono generalmente meno suscettibili di fronte alle reazioni di chi le circonda. Albert Camus era solito dire: "Non mi interessano le reazioni degli uomini tanto quanto il loro destino". Ma soffriva e si confidava col suo Diario. Anche lui ha subito la sorte che, a suo parere, accomunava i martiri. E' stato ed è usato. A circa cinquant'anni dalla morte, con le pubblicazioni curate dalla figlia Catherine forse si comincerà a vedere la sua universalità. Fino ad ora il suo pensiero ha alimentato antagonismi ed è stato inaridito da una critica vivisezionatrice.
Sì, la solitudine dei grandi è più dolorosa, perchè è meno legata alla materia, può essere letale, perchè coinvolge la sfera della sensibilità, che in loro è più acuta e può paralizzare la volontà, portare all' isolamento, anche fisico, o al disgusto della vita. Degli altri amiamo vedere ciò che ci piace vedere, ciò che ci 'serve', oppure li frequentiamo per abitudine o per "contratto".
E' rara ed eroica una visione sempre "fresca", non deturpata dai condizionamenti mentali. Quella visione fresca che gli impressionisti ci regalano ancora coi loro dipinti vibranti.
Dal dolore non si esce. Lo si vive. Dobbiamo farcene una ragione, anche perchè le lacrime lavano le scorie, sono utili. "Sois sage o ma douleur" cantava nelle sue melodiose poesie Verlaine. Ma è bello piangere di gioia, quando una mano non richiesta arriva a stringerne un'altra, quando due braccia stringono e trasmettono calore ed energia, quando la parola di un altro essere umano arriva dritto al cuore, quando qualcuno legge un dramma inespresso.
Buon anno nell'equilibrio!

Antonia Chimenti

 

 

                                                            

                                                        

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