DON
GIOVANNI
Agile e leggera figura in bleu.
La voce come un soffio, il soffio dello Spirito che ne ispira le
parole.
In perenne contrasto con la torrida, caotica, talvolta asfissiante
stagione estiva.
Eppure non mostra di soffrire a causa del suo contrasto con
l'ambiente.
Il soffio dello Spirito é così potente in lui da non incrinare né la
dolcezza dell'eloquio né l'ispirata e luminosa espressione del
volto.
Quando parla con parole di miele, mai banali, si rivolge alla parte
più recondita e più personale delle coscienze.
Vede le anime, intravede ciò che possono diventare.
Ogni parola e' efficace, perché parte dallo Spirito che le ispira e
si rivolge alla spiritualità che rianima.
Non fa discorsi; si limita a suggerire con un sussurro che le anime
assetate di Dio colgono.
Ci son persone che prima ancora di essere consacrate sono benedette
da Dio.
IL VALORE DI UN' OPERA D'
ARTE
Non esistono più i geni eclettici ed
universali, perlomeno della statura di un Leonardo da Vinci. A noi
moderni, che arranchiamo nei nostri rispettivi ambiti di conoscenza,
è necessario restare umilmente nei nostri ranghi, e riconoscere con
il dovuto rispetto i meriti, quando sono oggettivamente
riconoscibili. Oggi, tuttavia, è più difficile restare oggettivi,
perchè manca nella società lo stimolo a formare menti capaci di
realizzare compiute sintesi tra i diversi ambiti del sapere e
mancano, soprattutto, severi criteri coi quali stabilire le dovute
gerarchie, quando si deve riconoscere la validità di un'opera
artistica. Questa deleteria carenza è iniziata nel momento in cui la
critica estetica ha spostato la sua attenzione dal valore stilistico
a quello tematico. Il valore di un'opera non lo si misura solo a
partire dall' attualità del messaggio o dalla vitalità sociale delle
sue tematiche. Se non si realizza una compiuta sintesi fra contenuto
e forma l'opera in questione può essere tutto, tranne che opera
d'arte. Una critica irresponsabile può alimentare vane illusioni in
coloro che si cimentano in presuntuose esibizioni, senza avere le
qualità e senza avere la formazione lunga, paziente ed
approfondita richiesta per poter imprimere a emozioni, affetti,
riflessioni, stati d' animo soggettivi quella profondità ed
universalità, che permettono di riconoscere il vero artista. Questa
profondità si nutre anche di cultura e di preparazione tecnica. A
sua volta il critico d'arte è un buon lettore solo se sa leggere
nell' animo umano, nella realtà che lo circonda, e se ha la
preparazione culturale necessaria e l' equilibrio mentale che gli
consentano di individuare la specificità ed unicità della creazione
artistica ( (il "tic" poetico, lo stile). Non è sufficiente una
riduzione dello stile in formule da Accademia, né l'elencazione
delle tematiche predilette dall'Autore, per elaborare un giudizio
critico. Il vero artista "sente" di trovarsi al centro di un
flusso di vita cosmico e lo trasfonde a piccole dosi,
interpretandolo con suoni, immagini,colori, ritmi e analogie. Il
vero critico, a sua volta, è fruitore privilegiato di una
trasfusione emozionale, proporzionale alla sua ricettività, e non
fa che ripercorrere a ritroso l' itinerario dell' artista, mettendo
a fuoco la fisionomia speciale dell' opera, in un processo di
elaborazione che dalla fase passiva della mimesi si eleva a quella
del giudizio di valore. In questo processo intuizione,
sensibilità, analisi e sintesi razionali son tutt' uno.
"IL VASO DI
ROSE BIANCHE" DI VAN GOGH
"Il vaso di
rose bianche" di Van Gogh (1890 - Collezione Annemberg) rivela il
mondo interiore dell'artista. Luce, luce, luce, tanta luce!
Il vaso è verde, lo sfondo è verde. Qua e là piccole
pennellate rosse; qualche rosellina di bosco si insinua nel candore
delle rose da giardino. L'anima dell'infelice artista vive in
questo dipinto e parla a chi guarda con la silenziosa eloquenza
della bellezza, in netto contrasto con l'assordante e prepotente
richiamo di una realtà, spesso estranea all'essere umano. La
vera arte, quella che non obbedisce alle leggi di mercato, trae
impulso da un'ispirazione personale ed interiore; non la si esercita
per ave re successo o per attrarre consensi. E` un nobile
esercizio della sensibilità e dell'intelligenza per chi la pratica e
per chi ne sa fruire.
Van
Gogh ( 1853- 1890 ) Pittore olandese, che usa il
colore come principale mezzo espressivo. Van Gogh si ispira
originariamente all'impressionismo e perviene ad esiti intensi e
drammatici nell'uso del colore. Il suo stile influirà sulla
nascita del movimento pittorico
espressionista.
PAROLE
Sedeva
assorta al solito tavolo davanti ad un foglio che, come spesso le
succedeva negli ultimi tempi, raccoglieva le sue impressioni, i suoi
pensieri. Una serie troppo concitata di eventi l' aveva costretta a
seguire ritmi che mal si conciliavano con la sua natura più propensa
alla calma ed alla quiete della riflessione. Pensava ai tempi non
cosi remoti nei quali le attività dello spirito potevano essere
svolte senza intoppi. Pensava, pensava, forse era questo il suo
limite, ma forse era anche la sua forza. Le bastava un angolo
tranquillo per riordinare le idee, e le parole sgorgavano con
estrema facilità. C'era qualcosa che le mancava però Quel pianto
segreto e compresso non trovava espressione. Avrebbe voluto anche
parlare, ma con chi? L'attività' del pensiero é feconda, ma il
dialogo, la comunicazione verbale sono importanti. Invece le
capitava solo di dover ascoltare o di dover rispondere a delle
domande o di dover eseguire dei doveri. Le distrazioni non
mancavano, i rapporti sociali pure. Ma restava quel 'groppo'
inespresso. Gli anni trascorrevano, ma non se ne accorgeva, perché
nulla era cambiato per lei. Questo pianto segreto era rimasto a
farle compagnia, dopo che, vanamente, aveva creduto di tacitarlo con
l'accettazione della vita, anche nei suoi aspetti meno belli, anche
nel dolore. Le mancava chi accogliesse nel silenzio della
comprensione le sue parole, senza provarne fastidio.
ARTE ED ETERNITA`
La scrittura
dà corpo a pensieri vaghi. A volte esita, a volte scorre leggera. Da
che cosa dipende questa variazione del ritmo? Dipende solo dal non
frapporre ostacoli più o meno grevi di materia alla fluiditò dello
spirito, che aleggia sempre ma che, talvolta, stenta a farsi strada.
La materia non è solo ciò che si può toccare; è la ragione che
insinua dubbi e sospetti, sono i mali fisici e morali, le sofferenze
e i dolori. Cogliere al volo ciò che è intangibile non dipende
da noi. La vera arte consiste proprio nel riuscire ad esprimere
l'inesprimibile, nel dar forma visiva e/o verbale ad una specie di
flash che se ne va con la stessa velocità con cui è venuto. In quel
momento è l'Eterno che prevale. Tutto il resto è un faticoso
esercizio della volontà.
L'INTELLIGENZA DELLA DONNA FA
PAURA
La cultura è
utile alla maturazione individuale solo se si accompagna ad un
serio, onesto esame delle esperienze, per cogliere cio' che e'
giusto e cio' che non lo è. La lettura, la visione di uno
spettacolo, l'ascolto di un brano di musica classica, l'osservazione
di un quadro non devono essere rituali obbligati, ma attività scelte
per il piacere estetico e per favorire l'introspezione. In sostanza,
l'arte come puro godimento e l'arte come aiuto a capire meglio se
stessi e chi ci circonda. Non condivido l'opinione di chi
considera con timore e rammarico l'avvento della lucidità
intellettuale. L'umanità dolcemente fanciulla è uno spettacolo
allettante solo per chi teme la luce della verità. La caduta di
Adamo non è negativa; la consapevolezza non è dolorosa; è un sereno,
equilibrato sguardo sulla realtà. La realtà dell'uomo è quella
di un essere limitato, ma perfettibile. La sua maturità consiste
nell'accettare questa constatazione, nel fare del suo meglio per
progredire (in senso etico), da solo e con gli altri. In questo
universo maturo la Donna inroduce una maggiore pienezza. Per Donna
non intendo la femmina curioso animaletto da trastullo e da
riproduzione, intendo un essere compiuto, maturo su tutti i piani,
non mutilato dalla società nelle sue peculiarità che la orientano
verso la semplificazione dei problemi, la concretezza, l'intuizione
repentina, l'imprevedibilità innovatrice. Queste caratteristiche
sono considerate "difetti", anche perché gli uomini si ostinano a
volerle definire, analizzare, soppesare, giudicare, senza
conoscerle.
TRA
ALCIBIADE E SOCRATE
C'è un passo
del Convito di Platone nel quale Alcibiade, un allievo un po'
discolo di Socrate, parla del suo maestro: "... egli [Socrate]
mi obbliga a confessare che di molte virtù sono privo e che trascuro
me stesso mentre mi occupo degli affari degli Ateniesi. Perciò
facendomi violenza e chiudendomi gli orecchi, come in presenza delle
sirene, io fuggo più che posso da lui, per non essere costretto a
sedergli accanto tutta la mia vita. E dinnanzi a lui solo fra
tutti gli uomini m'è avvenuto quello che nessuno di me penserebbe:
che solo di fronte a lui io, che non mi umilio dinnanzi a nessuno,
ho avuto vergogna di me stesso. Giacché so di non poterlo
contraddire affermando che non si debba fare ciò a cui mi esorta; ma
poi, appena mi allontano da lui, mi lascio vincere dalle lusinghe
del favore popolare." Socrate fu impegnato nella vita pubblica
della città di Atene:partecipò a diverse guerre e campagne militari
e fu magistrato inflessibile nella tutela della legalitò, in qualitò
di membro del Consiglio dei Cinquecento. E' più noto, tuttavia,
per il rigore morale del suo insegnamento, fondato sul dialogo e
sulla ricerca della verità. E morì a causa del suo atteggiamento
di dissenso nei confronti dei governanti della sua città. Aveva il
"difetto" di analizzare i fatti nella loro essenzialità, era
incurante delle strategie opportunistiche con le quali i politici
del tempo mascheravano la verità. Socrate educava i suoi
concittadini; attraverso il dialogo li stimolava alla ricerca della
verità e della virtù. Alcibiade non ha fatto tesoro
dell'insegnamento ricevuto e lo ammette. Il favore popolare è per
lui più inebriante dell'"eroismo" morale. Esiste per noi tutti
una via intermedia fra Alcibiade e Socrate: la ricerca incessante
della verità, il Bene come fine, la bontà come mezzo, nella vita
privata e nella vita pubblica.
LIMONATA ROSÉE, BRODO CALDO E
EDUARDO
Limonata
rosée, brodo caldo e la voce di Eduardo. De Filippo, naturalmente.
Tre ingredienti per una quieta terapia domestica nelle mattinate
d'inverno, quando la febbre psicosomatica del lunedì mattina mi
tratteneva a casa da scuola, durante l'infanzia. Mio padre amava
Eduardo, che incarnava ovviamente la sua cultura d'origine e certe
propensioni alla riflessione libera, non imposta da alcun dogma
politico, accademico, ecclesiastico. Eduardo continua ad esere il
compagno delle serate d'inverno in famiglia anche qui in
Canada. Il monologo sul caffè, seduto sul terrazzino della casa
infestata nella pièce "Questi fantasmi". La passività fatalista,
mista a orgoglio "maschile" dei dialoghi con Filomena in "Filomena
Marturano" e poi la saga famigliare del "Natale in casa Cupiello".
Questo volto pelle ed ossa che è solo un "pretesto" per dar fisicità
a un pensiero sempre vivo e attuale. Questa è arte; anche perché
prima di essere arte è vita.
L'AMICIZIA
"Friendship",
"Dear friends", "You are my friend, isn't it?", "This is my friend".
La parola "amicizia", "amico" è condita in tutte le salse e
compare improvvisamente in vari contesti: nei discorsi ufficiali
alla televisione, nelle conferenze, nei rapporti di lavoro, quando
un canadese anglofono mostra di apprezzare una professionalità seria
e rigorosa, che va oltre i "doveri d'ufficio" e non cela l'umanità
di fondo. Si stabiliscono allora dei rapporti privilegiati.
Queste persone vorrebbero che l'oggetto della loro stima fosse
sempre con loro, con le loro famiglie, con i loro figli e sono
gelose quando scoprono che si è umani perché si è scelto di essere
tali con tutti, indistintamente. La professione di educatore lo
implica. E soffrono come bambini perché non hanno
l'esclusiva. L'amicizia è un'altra cosa. E` un sentimento nobile
e puro che a pochi e in rari casi della vita è dato di provare e di
trovare. Bisogna esserne degni e per esserne degni si deve soffrire
molto. L'amicizia è più importante dell'amore o di quel suo
surrogato che gli esseri umani credono di trovare dietro l'angolo,
ogni qualvolta si creano situazioni che favoriscono quest'illusione.
Albert Camus, che ha molto "amato", nel senso nobile del termine
e in quello più sbarazzino, si lamentava di non avere un amico, una
persona che, nel suo caso, capisse il suo "lato oscuro", quella
parte che, forse, fa paura, ma che è la più autentica in ognuno di
noi. Solo i veri amici riescono a coglierla, ad accettarla, ad
amarla, istintivamente. Buon Natale in compagnia di veri amici!
LA
SOLITUDINE
Gesù
era solo. Dai Vangeli risultano azioni di accoglienza, inviti a
pranzo, folle osannanti, seguaci talvolta faziosi e testardi, donne
ambiziose, che sognavano incarichi importanti per i loro figli nel
suo "regno". Un solo gesto d'amore. Camminava, camminava. Era stanco
e solo. Maddalena aveva capito. Gli lavò i piedi, li asciugò con i
suoi capelli e lo stava ad ascoltare. In Italia, un sacerdote amico
di famiglia in un pomeriggio della Settimana Santa, stanco ed
oppresso dai racconti di sciagure dei suoi penitenti, è venuto a
"confidarsi" un po' con noi. Una tazza di tè ed un po' di
chiacchiere. Era stanco di sentir "raccontare peccati". Ci sono
diversi tipi di solitudine. C'è quella inconsapevole che si colma
con i rituali collettivi, le festività "coatte", i divertimenti
assordanti, le abbuffate di cibo, sesso, oggetti. Tutto questo porta
sazietà , a volte disgusto, spesso malattie e, talvolta, la
morte. Poi c'è la solitudine interiore dei portatori di messaggi:
Gesù, Socrate, Antonio Gramsci, Hannah Arendt, ad esempio. Più
forte è il dislivello di consapevolezza, più forte e dolorosa è la
solitudine di chi per la sua elevatezza non è capito, ma, piuttosto,
temuto. Si ha paura di ciò che non si capisce. Aumentano gli
ostacoli, gli impedimenti. Si fraintende, si piega arbitrariamente a
diversi usi il messaggio di queste persone, le si perseguita, le si
fa tacere, le si uccide. Gramsci morì precocemente di emorragia
cerebrale. Era una morte progettata. Qualcuno aveva detto:
"Impediremo a questa mente di pensare". Nel caso di Hannah Arendt
c'era sempre qualche professore, a scuola, che le rinfacciava la sua
provenienza ebraica. E lei se ne ricordava solo in quel momento,
quando a casa vedeva le reazioni infuriate di sua madre. In quel
momento si puntava il dito sulla sua "differenza" ed in età
giovanile questo comporta un doloroso sentimento di
solitudine. Le persone che vedono più chiaro, dietro le cortine,
sono generalmente meno suscettibili di fronte alle reazioni di chi
le circonda. Albert Camus era solito dire: "Non mi interessano le
reazioni degli uomini tanto quanto il loro destino". Ma soffriva e
si confidava col suo Diario. Anche lui ha subito la sorte che, a suo
parere, accomunava i martiri. E' stato ed è usato. A circa
cinquant'anni dalla morte, con le pubblicazioni curate dalla figlia
Catherine forse si comincerà a vedere la sua universalità. Fino ad
ora il suo pensiero ha alimentato antagonismi ed è stato inaridito
da una critica vivisezionatrice. Sì, la solitudine dei grandi è
più dolorosa, perchè è meno legata alla materia, può essere letale,
perchè coinvolge la sfera della sensibilità, che in loro è più acuta
e può paralizzare la volontà, portare all' isolamento, anche fisico,
o al disgusto della vita. Degli altri amiamo vedere ciò che ci piace
vedere, ciò che ci 'serve', oppure li frequentiamo per abitudine o
per "contratto". E' rara ed eroica una visione sempre "fresca",
non deturpata dai condizionamenti mentali. Quella visione fresca che
gli impressionisti ci regalano ancora coi loro dipinti
vibranti. Dal dolore non si esce. Lo si vive. Dobbiamo farcene
una ragione, anche perchè le lacrime lavano le scorie, sono utili.
"Sois sage o ma douleur" cantava nelle sue melodiose poesie
Verlaine. Ma è bello piangere di gioia, quando una mano non
richiesta arriva a stringerne un'altra, quando due braccia stringono
e trasmettono calore ed energia, quando la parola di un altro essere
umano arriva dritto al cuore, quando qualcuno legge un dramma
inespresso. Buon anno nell'equilibrio!
Antonia
Chimenti
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