Era una mattina d'estate. Ai suoi piedi sabbia bianca e
fine. Alle sue spalle una fitta pineta. Onde calme lambivano
dolcemente la battigia. Il sole non dardeggiava ancora, ma
le sue pagliuzze dorate formavano un riflesso scintillante
sulla superficie del mare. Una brezza leggera alitava tutt'intorno.
Cedette alla tentazione. Lo Ionio le allargava le
sue braccia ospitali, in un incanto di luce e profumi di
resina. Si incamminò e procedette lentamente seguendo la
scia luccicante, dono del sole alle onde. Non si sentiva
un' intrusa, ma un' amica/amante degli elementi. Si volse
verso la riva. Gabbiani silenziosi la osservavano.
Ripercorse lentamente il cammino a ritroso per non
disturbarli. Non si mossero;continuavano ad osservarla in
silenzio. si sedette sulla riva accanto a loro. Solo allora
si accorse che qualcuno la stava chiamando.
Fu un'estate felice. Sole, mare, visite a parenti e al
passato, sempre vivo in quei luoghi, dove la bellezza della
natura si armonizzava con quella dell'arte. Ma tutto questo
era secondario rispetto ad una consapevole, piena, pura
felicità, la felicità di amare qualcuno, per la prima
volta in un innocente e fiducioso abbandono. Si meravigliava
che non tutti capissero in quale meraviglioso incantesimo si
trovasse, e si meravigliava dell'esiguità del suo corpo,
levigato dagli elementi e dall' Amore. Realizzava nella semplicità di un legame la dolcezza assaporata durante la
lettura di fantastiche leggende. Ulisse si incarnava in quel
volto brunito dal sole, in quel naso sbarazzino, in quegli
occhi che sapevano leggere la realtà, in quei riccioli
capricciosi, in sintonia col carattere del loro
proprietario. Non le risparmiava scherzi e stuzzicava la sua gelosia, ma lei rispondeva con la sicurezza di chi
sentiva che il suo orizzonte non conosceva nuvole.
Antonia Chimenti
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