Antonia Chimenti

 

Isabella Morra

I.M.D. Lucana, Pisticci, agosto 2005

( 48pagine - Euro 9.00)

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La poesia di Isabella Morra, che affascinò a tal punto Benedetto Croce da spingerlo a recarsi personalmente in Basilicata per indagare sulla vita della poetessa, conquista immediatamente in virtù della romantica e dolente vicenda alla quale rinviano i suoi versi, tuttavia sarebbe ingiusto considerarla esclusivamente una testimonianza autobiografica, perché la sua voce poetica non è soltanto illuminante della storia personale; l’ espressione del suo tormento e del suo dolore trascende il privato, ed offre occasioni di meditazione e riflessioni universali, sul destino degli uomini in generale, in particolare su quello delle donne costrette in tempi e luoghi a loro ostili.
La vicenda, umana e poetica, che ancora ai nostri giorni esercita intatto fascino, soprattutto sulle donne, per l’ esemplarità di una certa condizione femminile oppressa, rivive, oggi, nella nuova pubblicazione di Antonia Chimenti, professore di Lingua e Letteratura francese, anche studiosa della poesia francese del periodo rinascimentale, appassionata di poesia in generale, autrice di un altro importante lavoro sul femminile dedicato a Veronica Gambara: "Isabella Morra" (I.M.D. Lucana s.n.c.agosto 2005 Pisticci).
La pregevole pubblicazione, di agevole e scorrevole lettura, un "breve romanzo-che romanzo non è" (secondo la definizione della stessa Autrice), scaturita dall’interesse culturale per quel particolare periodo storico, il nostro splendido Rinascimento italiano, ma anche dalla profonda empatia per questa fragile-forte donna che "incarna la lotta dello spirito, che deve farsi coraggiosamente strada in mezzo a macigni di greve materialismo", ripercorre, nei suoi punti salienti, fra luci ed ombre, la dolente vicenda di Isabella, articolata come in drammatiche cadenze, fino al tragico epilogo finale, oltre il quale brillano di vivida luce i versi della sventurata poetessa.
In "D’un alto monte onde si scorge il mare", incipit del sonetto terzo della poetessa, troviamo Isabella, in lacrime, percorrere con lo sguardo il mare, nella speranza di avvistare una nave amica che possa recarle notizie del padre lontano; vana ogni speranza, è costretta a far ritornare nel castello ostile, dove troverà conforto solo in se stessa: la sua scrittura.
In "Quanto pregiar ti puoi, Siri mio amato", entusiasta per un viaggio che compirà con un’amica, a Salerno, forse anche a Napoli, che la strapperà dall’angusta sua esistenza, che appagherà la sua ansia di libertà, euforica si rivolge al fiume Siri (Sinni), altrove chiamato torbido, perché testimone della sua infelicità, qui, invece, spettatore dei suoi entusiasmi.In "Compagna son di quelli spirti divi" Isabella è risollevata dalla sua prostrazione da un anelito di spiritualità, che pare rendere più sopportabile sia la solitudine che la disperazione.
In "Diego Sandoval de Castro", l’Autrice punta il riflettore su Diego Sandoval de Castro, che passeggia in solitudine lungo il Tevere, diviso fra il pensiero della giovane che, come lui, compone versi, Isabella, che per lui è sogno, poesia, e quello della moglie, porto tranquillo, certezza, realtà; ed anche nei successivi capitoletti il protagonista è Diego, l’uomo, il poeta, il confidente, la vittima, forse l’innamorato, forse no (ma poco importa che le sia stato o meno amante, di certo condivise con la poetessa gli slanci più puri e nobili dell’animo, quelli che elevano lo spirito dalle umane angustie), in ritorno verso casa, verso i luoghi selvaggi della Basilicata, dove in agguato per lui è appostata la morte.
L’ aspra fortuna, il fato avaro, la fiera stella,congiurano contro Isabella e i suoi protettori, il male è lì, pronto a vincere, a piegare le loro esistenza terrene, non l’ accorato lamento di Isabella, che sfiderà i secoli, pervenendo, straziante, fino a noi.
Bellissima la "Lettera a Isabella" che l’Autrice pone in finale, quasi a suggello dell’aspra vicenda, dopo la riproposizione dei sonetti della poetessa: è una lettera empatica a Isabella, ma non solo, è un messaggio rivolto alle donne di ogni tempo, a non lasciarsi piegare dalle circostanze avverse, a non lasciare avvilire dalla brutalità, anche quando più bieca la realtà si mostri, ricordando sempre che "dove manca la libertà, dove la donna è schiava di bruti, a loro volta schiavi della propria natura non umanizzata, è impresa titanica riuscire a dar voce alla sensibilità ferita, agli slanci del cuore, al desiderio d’amore e di libertà", impresa titanica, ma non impossibile.
Piacerà a molto questa nuovo lavoro di Antonia Chimenti, prosa che, poetica, si dispiega: agli studiosi, che ben conoscono la poetessa rinascimentale, perché, al di là delle recenti congetture, ritroveranno la ricostruzione dell’esatta storia accaduta; piacerà ai poeti, e a chi ama la poesia, perché potranno riassaporare i suoi versi misurati e perfetti; piacerà a chi ama il romanzo breve, ripercorrere in prosa romanzata la vicenda; piacerà alle donne, in generale, identificarsi in questa figura esemplare di donna (seppur d’altri temi, tempi lontani), costretta a dibattersi nelle angustie morali e spirituali, ma anelante, sempre, alla realizzazione di sé, in ardente spirito di libertà.

Francesca Santucci

 

 

Indice

 

Invito alla lettura

D'un alto monte onde si scorge il mare

Quanto pregiar ti puoi, Siri mio amato

Compagna son di quelli spirti divi

Diego Sandoval de Castro

Lungo l'Appennino del Sannio (leggi subito)

Nelle acque dello Ionio

Nel castello di Bollita

Udrete il pianto e la mia doglia eterna

Li foro tirate tre arcabusate

Note biografiche

II Canzoniere di Isabella

Lettera a Isabella (leggi subito)

Postfazione

Bibliografia   

 

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