Antonia Chimenti

 

 

 

DOCUMENTAZIONE  SUL LIBRO 

Veronica Gambara

Gentildonna del Rinascimento

Un intreccio di poesia e storia,

Reggio Emilia,Magis Books,1994

                                                            

 

 

NOTA INTRODUTTIVA

 

L’incontro con Veronica Gambara e` avvenuto per caso.Cercavo un personaggio  che mi permettesse di collegare la storia locale ( quella di Reggio Emilia) alla grande storia del Rinascimento italiano ed europeo,un’epoca che dagli anni della giovinezza mi affascina.
Veronica Gambara si prestava bene a questi intenti. Ho cominciato a leggere le sue poesie e le sue lettere e successivamente mi sono documentata sulla sua vita.Nel libro le poesie illustrano la vita e la vita conferisce alle poesie autenticita` umana. Laddove l’ispirazione non e` inquinata da circostanze contingenti ,il verso fluisce con dolcezza e si insinua nell’anima e nel cuore,facendoci oltrepassare le barriere del tempo e dello spazio.Questo doveva essere lo stato d’animo dello stesso Giacomo Leopardi che sicuramente lesse le poesie di Veronica Gambara e da lei mutuo` il verso:”Cosi` si fugge il tempo, e col fuggire /Ne porta gli anni e ‘l viver nostro insieme;”(Stanza V).
Sono partita con degli intenti di studiosa e ho trovato un’amica, che nelle lettere confessa le sue incertezze,i suoi timori,ma anche la sua determinazione e la sua forza morale.Un modello esemplare,dunque,ma anche un essere umano visto nella sua quotidianita`.Credo di avere evidenziato tutte queste sfaccettature nel libro.

Pp 9:-10

LA GIOVINEZZA

Quando Veronica vedeva la luce in quel lontano 30 novembre del 1485,nella rocca di Pratalboino in territorio bresciano, feudo appartenente alla sua potente famiglia, la civilta` umanistica stava attraversando la fase della sua piena fioritura.Durante questa meravigliosa eta` della storia umana,in concomitanza con clamorose realizzazioni in diversi ambiti del sapere oltre che in vari campi operativi ( scoperte geografiche,invenzione della stampa,ingegneria militare),che legittimavano ampiamente una rinata fiducia nelle straordinarie potenzialita` dell’uomo,l’aspirazione dominante la cultura del tempo era quella di ricondurre l’essere umano all’armoniosa unita` psico-fisica delle origini.Per realizzare questo ideale era necessario ricorrere ad una pedagogia viva ,che promuovesse le facolta` fisiche e spirituali dell’uomo,valorizzandone la dignita`,le capacita` creative,il gusto della scoperta,attraverso un recupero della filosofia classica, nella quale l’unita` della persona non era ancora infranta.Si moltiplicavano i trattati nei quali si teorizzava della rinata visine del mondo e si diffondevano i nuovi ideali educativi tutti tesi ad una valorizzazione della fisicita`, in contrapposizione all’ascetismo medievale ed al suo disprezzo del mondo.Il ritorno alle origini costituiva anche un ritorno alla cultura,all’architettura,alla pittura ed alla letteratura del periodo storico anteriore alle invasioni barbariche,ritorno che in Italia si traduceva nel recupero della “romanita`”.Non a caso la citta` di Brescia,dove i  Gambara possedevano case e palazzi,si arricchiva di opere d’arte; vi si costruivano piazze, si restauravano monumenti, si edificavano la Loggia e la Chiesa dei Miracoli, si raccoglievano lapidi che ne attestavano l’origine romana, vi si fondava il  primo museo d’Italia, si chiamavano maestri prestigiosi per l’insegnamento delle discipline classiche.Sorgevano anche le prime Accademie : Caterina Cornaro, la regina di Cipro che, esule in terra veneziana, nel suo castello di Asolo aveva costituito una brillante corte di poeti, letterati ed eruditi, veniva accolta festosamente nella citta`, dove si era recata per visitare il fratello Giorgio,podesta` veneto di Brescia.Tra i protagonisti dello storico evento figurava pure il padre di Veronica, il condottiero Giovanfrancesco, alla testa della sua “squadra” […]

p.14

[…]

Di vivace ingegno e di limpida intelligenza Veronica ebbe, sin dalla fanciullezza, una naturale inclinazione per le belle lettere, favorita da un ambiente famigliare culturalmente elevato, aperto a curiosita` intellettuali indirizzate ai piu` svariati campi del sapere ed a relazioni di amicizia con i piu` illustri letterati del tempo: il Trissino e il Bembo.In casa Gambara trovarono pure temporanea ospitalita` fra’ Serafino, il buffone piu` acclamato delle corti di Urbino e Mantova ed il novellatore Matteo Bandello, che dedico` a Veronica una delle sue novelle […]

p.16

Lo studio, la riflessione, la speculazione filosofica rappresentano una costante nella vita di Veronica . I suoi biografi si mostrano unanimi nel riconoscerle questa naturale inclinazione, che la induceva a trascurare giochi e passatempi.Piu` tardi, in eta` matura, quando il peso degli anni e delle responsabilita` che la sua funzione pubblica comportava comincera` a farsi sentire,  in una lettera al Bembo la poetessa sottolineera` questi aspetti della sua indole:

Come col crescer degli anni crescono ancora i miei travagli, di modo che, essend’io per natura amica del riposo e inclinata piu` alla speculazione che all’azione, son forzata operar tutto in contrario di quello che vorrei…

Tuttavia la fanciulla doveva pur vivere una giovanile stagione amorosa se, piu`tardi, in un sonetto indirizzato a  Vittoria Colonna, pur ricalcando moduli petrarcheschi, evochera` timori e speranze, gioie e tristezze, alimentate da desideri e pensieri giovanili.

 

p.24 , p.25 ,pp.28-29 , p.30 e pp.31-32

 

IL MATRIMONIO

GLI ORIZZONTI SI ALLARGANO

Nel 1506 Giberto X da Correggio, ormai quasi cinquantenne, rimasto vedovo di Violante Pico-nipote del famoso Giovanni Pico della Mirandola- domandava in sposa Veronica. La proposta dovette essere accettata per comune ed unanime consenso dell’intera famiglia Gambara, come attesta una lettera del 23 ottobre 1508, indirizzata da un corrispondente veneziano a Nicolo` di Verolanuova, zio della giovane poetessa[…]
Secondo l’usanza del tempo, nel 1506 venne stipulato un contratto nuziale fra il cavalier Francesco Munario, procuratore di Giberto X ed il conte Gianfrancesco, padre di Veronica; quest’ultimo sottoscriveva l’impegno di assegnare, a titolo di dote, quattromila ducati in cambio di una controdote di duemila ducati.
Giberto e Veronica erano legati da vincoli di parentela, perche` le loro madri discendevano entrambe dai Pio, signori di Carpi; fu pertanto necessario richiedere la dispensa papale e le nozze furono dapprima celebrate, per procura, il 6 ottobre 1508.L’anno seguente Veronica si stabili` a Correggio. […]
Il matrimonio fu celebrato con rito religioso in Amalfi, nella primavera del 1509.
Il matrimonio fu allietato dalla nascita di due figli: Ippolito, che si sarebbe distinto come generale di fanteria dell’imperatore Carlo V e Girolamo, creato cardinale da papa Pio IV per i servigi resi alla Santa Sede.

I tempi erano inquieti e trvagliati, ma nell’intimo raccoglimento delle gioie famigliari Veronica cantava la nuova patria con le sue non originali ,ma limpide rime…

Onorate acque, e voi,liti beati

Ove il ciel piu` tranquillo e piu` sereno                                                                                          

Sparge i suoi doni a tutti altri negati…

[… ]

Era legata al consorte da un amore puro e profondo e gli dedicava dolci poesie, nelle quali esaltava la bellezza, la luminosita` e la mutevolezza cangiante del suo sguardo, fonte di vita e di serenita` per lei, sostegno spirituale e guida nel cammino verso il cielo…

Vero albergo d’amore, occhi lucenti

Del frale viver mio fermo ritegno

A voi ricorro ad a voi sempre vegno

Per trovar qualche pace a` miei tormenti

 

[… ]

Furono,queste, gioie destinate ad avere una breve durata.A nove anni di distanza dalle nozze Giberto cadde gravemente ammalato e mori`. Era il 26 agosto del 1518.

[…] 

Si e` insistito molto sul comportamento tenuto da Veronica in quella circostanza: pareti abbrunite, abiti neri, cavalli neri, manifestazioni esteriori del suo dolore che accompagneranno tutta la sua vita. A noi preme cogliere soprattutto un momento di tragica defaillance fisica e mentale, che l’artista stessa, quando avra` modo di ricomporsi e di riacquistare il consueto equilibrio, rievochera` nelle lettere agli amici e nelle rime.[…]

[…]fu l’affanno mio si gravoso e forte

Che tutti i miei piaceri a un tratto estinse;

E, se non che ragione alfin pur vinse,

Fatto avrei mie giornate e brevi e corte

 

[…]tema sol di non andar in parte

Troppo lontana a quella, ove il bel viso

Mitigato ha il dolor[…]

 

p.34 e p.35 

GLI ANNI DELLA MATURITA`

RELAZIONI POLITICHE E CULTURALI

…la recente vedovanza comportava per Veronica l’assunzione di nuove e ben piu` gravose responsabilita`.

[…]

In un’epoca in cui Niccolo` Macchiavelli e Francesco Guicciardini tratteggiavano il modello dell’uomo politico di successo e ne delineavano le caratteristiche piu` rilevanti ai fini di un’azione politica vincente, Veronica manteneva intatti il suo sano equilibrio e la sua indipendenza spirituale ed intellettuale, riservando- all’interno dell’azione pedagogica rivolta ai figli- uno spazio prevalente alle esemplificazioni morali[…]
D’altronde essa stessa costituiva un modello vivente di integrita` morale e di generosa disponibilita`.

p.99

GLI ULTIMI ANNI

Il ruolo prestigioso che Veronica esercitava in ambito politico e culturale non ostacolava, ma si integrava- in un mirabile ed equilibrato amalgama- con quello meno vistoso, ma altrettanto importante, di sovrana della piccola corte di Correggio, nonche` di madre virtuosa ed esemplare.
La cittadina riceveva da lei nuovo impulso al suo arricchimento culturale ed artistico; era teatro di eventi storici di rilievo;era motivo di ammirazione per i personaggi prestigiosi ospitativi da Veronica, che aveva fatto del suo feudo un terreno di coltura di mire ambiziose[… ]

[… ] nel 1532 si reco` a Verola presso i fratelli ;e questo ritorno ai luoghi della giovinezza le ispiro` la composizione di un sonetto e di quattro limpide Stanze in onore di Brescia, degne del miglior Poliziano     

pp.101-102

La Veronica di questo periodo e` stanca e sfiduciata; [ nelle sue lettere] non v’e` alcuna traccia della verve e di quell’ironia- talvolta sottile ed elegante, tal’altra mordace e beffarda- che costituiva il tratto piu` piacevole e simpatico della sua personalita`,da lei affidato ad una produzione epistolare inevitabilmente copiosa,proprio perche` molteplici furono i personaggi cui essa fu destinata e le circostanze che la sollecitarono.
L’esplicita ammissione di non essere ormai piu` di questo mondo fa presagire l’idea dell’estremo viaggio, che si veniva facendo strada nella mente della poetessa.
La morte doveva sopraggiungere il 13 giugno 1550.

[…]

Fu sepolta vicino al marito nella chiesa di San Domenico.

 

p.122

CONCLUSIONE

Il nostro itinerario alla scoperta del volto piu` autentico di Veronica Gambara qui si conclude.
Non sappiamo fino a che punto ne risultera` modificata la collocazione storica e letteraria del personaggio ne` in quale misura un’arte come quella della poesia, che oggi si trova in posizione di sempre piu` accentuata marginalita` rispetto ad altre, paradossalmente piu` eloquenti, possa trovare ancora spazio nel nostro mondo.
Cio` di cui non dubitiamo e` il fatto che una vita vissuta con tanta consapevole fierezza e dignita` non puo` non suscitare rispetto e ammirazione, dal momento che vi troviamo eroica accettazione del quotidiano, autodisciplina,forte senso del dovere; vi e` assente la frammentarieta` e la dispersione,che connotano oggi giorno l’epopea dell’uomo comune ed accompagnano il trionfo di una mediocrita` che si vede sempre piu` innalzata al rango di predicato universalissimo. Al contrario, una forte tensione morale caratterizza ogni azione della Nostra; il comportamento e` sorretto da sani principi ed ancorato ad una solida concezione morale della vita. In quest’ ambito l’espressione artistica – manifestandosi nella forma dei “ civili conversari’-trova la sua ragione d’essere nelle lettere - dove avvenimenti, personaggi, riflessioni,facezie, riproducono per noi una realta` ormai trascorsa); e, ancor piu`, nelle forme della poesia, sorta di eco sonora di una coscienza ,che costantemente si appella alla divinita` delle proprie origini.

 

LA CRITICA

In una lettera del 23 ottobre 1997 Padre Aldo Bergamaschi, docente presso  l’Universita` degli Studi di Verona cosi` si esprime:
Ho conosciuto la dott.ssa Antonia Chimenti in occasione della presentazione del suo volume  Veronica Gambara Gentildonna del Rinascimento.(1995)
 Come cultore di Scienze dell’Educazione – sono Ordinario di Pedagogia per la Facolta` di Lettere e Filosofia all’Universita` di Verona- ho subito fatto tesoro dei riferimenti “ pedagogici” presenti nell’opera.
Successivamente, ho scoperto le radici della preparazione scientifica della dott. Chimenti leggendo Le Imitations chrestiennes di Simon Goulart (1975) , da cui ho tratto altro materiale prezioso per i riscontri storici delle mie ricerche.
Sono entrato nella persuasione che la dott. Chimenti e` una eccellente ricercatrice, con una rara capacita` di divulgazione educativa generale.
Il prof.Lionello Sozzi dell’Universita` degli Studi di Torino ,in data 5 novembre 1997 cosi` scrive:
Il sottoscritto, ordinario di Lingua e Letteratura francese alla Facolta` di Lettere e Filosofia dell’Universita` degli Studi di Torino, dichiara di conoscere da tempo la prof.ssa Antona Chimenti e di aver sempre apprezzato le sue qualita` sia di insegnante che di studiosa.In particolare, il sottoscritto conosce ed apprezza i suoi lavori sulla cultura italiana e francese del Rinascimento( Simon Goulart, Veronica Gambara, Renata di Francia), lavori ai quali anche la rivista torinese di Studi francesi del cui Comitato esecutivo il sottoscritto fa parte, ha dato ampio spazio.
In un articolo pubblicato dal prof.Vito Di Trani sulla Gazzetta di Reggio del 17 maggio 1995,dal titolo Gambara,donna reggiana del Rinascimento,cosi` si commenta la cerimonia di presentazione del libro, avvenuta a Parma presso la Sala De Strobel della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza:
E` stato presentato il volume “ Veronica Gambara, gentildonna del Rinascimento”, dell’autrice Antonia Chimenti, edito da Magis Books di Reggio .La cerimonia si e` svolta nella Sala De Strobel alla presenza di personalita` del mondo della cultura, quali il reverendo padre Aldo Bergamaschi dell’Ateneo di Verona, il critico letterario G.Marchetti,il dott.Enrico Gambara e consorte[Prof.Franca Caprara]( discendenti della principessa di Correggio), il poeta Alfredo Sergio. Erano inoltre rappresentati istituti ed associazioni culturali parmensi, quali l’Accademia Toschi, il Nastro azzurro ed altri. Ha curato l’introduzione il Dott.Luigi De Troia, vice presidente della Cassa di Risparmio di Parma.E` quindi intervenuto il prof. Mario Richter, dell’Universita` di Padova, per sottolineare innanzitutto l’intelligenza e il rigore scientifico dell’autrice, la quale ha saputo esprimere una elevatezza di concetti nel tono a lei peculiare: parlando cioe`, “ con la voce interiore pacata e meditativa di chi ha tenacemente rispettato un sincero giuramento di fedelta` agli studi, quale sempre piu` raramente si riscontra all’esterno di istituzioni accademiche". Attingendo a doti di vero maestro, il prof.Richter ha compendiato in esaustiva, chiarissima sintesi la particolare rilevanza che assume, nelle pagine del libro, il sincero interesse dell’autrice per la solidita` morale della poetessa Gambara, la cui figura appare vivificata nei caratteri salienti della fierezza, coerenza ed autodisciplina .
Il relatore ha ritenuto altresi` di poter cogliere nel libro alcuni spunti che consentirebbero un accostamento tra la figura di Margherita di Navarra e Veronica Gambara, la cui voce poetica educata, pacata, profonda trova la sua piu` congeniale risonanza nel  sobrio tratteggio realizzato dall’autrice.
“Dulcis in fundo” e` emersa dal discorso di Mario Richter la riflessione secondo cui alcuni versi della Gambara, nei quali compare una meditazione accorata sulla fugacita` della vita e sull’ineluttabile fluire del tempo:” cosi` si fugge il tempo, e col fuggire ne porta gli anni e ‘l viver nostro insieme…” anticipano, sia pure in toni meno drammatici, l’angoscia esistenziale del Leopardi.
L’uditorio, certamente non ignaro di letterature antiche, avra` a tal punto rammentato altri illustri archetipi di tali meditazioni: dall’illuminata predicazione del Buddha alla elegia di Mimnermo fino alla scanzonata musa epistolare di Orazio: “ Singula de nobis anni praedantur euntes”.
Nel successivo intervento del prof.Paolo Briganti, dell’Ateneo parmense, e`stato rilevato l’aspetto partecipativo ed affettivo con cui l’autrice ha scritto del personaggio, al quale sembra rivolgersi – in una sorta di tacito, arcano dialogo fondato su legami di empatia e affinita`- come “ ad un’amica lontana nel tempo”.

Toronto, addi` 6 marzo, 2005 

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